E' sera, dal balcone aperto su Campo dei Fiori arriva il rumore della capitale in fermento.
Mi soffermo, come al solito, a contemplare la statua di Giordano Bruno che proprio al centro della piazza fu arso come eretico.
Splendido sfondo alla statua del frate martire è l'antico palazzo che sia alza, al di sopra degli altri, come una torre; e proprio di lassù vedo far capolino la luna piena.
Una bella serata di Giugno, il giusto compimento di una eccitante, piacevolissima giornata.
Mi avvicino alla scrivania e raccolgo un biglietto da visita sul sul quale leggo:
-Michela C. arredatrice d'interni - seguono indirizzo, cellulare, fax etc etc.
Lo porto al naso e inspiro con forza il tuo profumo, Michela C., signora decisamente perbene che ho conosciuto oggi, sull'intercity Milano -Roma.
Davvero il nostro incontro, così insolito, istruttivo e bollente merita di esere rivissuto e raccontato, cosa che mi accingo a fare.
La lussuosa carrozza è semivuota, ormai, a particolari condizioni, costa più il treno dell'aereo; ti ho vista arrivare da dietro il finestrino quasi di corsa, affannata, trascinando un trolley, mentre cercavi il vagone dove era stato prenotato il tuo posto.
Mi hai sorriso, scoprendo che era proprio quello da dove ti stavo osservando.
Sei salita, ti ho sentita arrancare con il bagaglio e fermarti vicino a me: allora mi sono voltata, ci siamo salutate e tu hai esclamato: -Bene , siamo dirimpettaie, faccio spesso questo viaggio e quasi sempre impiego il tempo a leggere, non è che siano proprio affollate, queste carrozze-
-Già- rispondo laconicamente e guardandoti attentamente noto un abbigliamento che la dice lunga sulle tue abitudini di vita: sei quella che io chiamo la classica cabinotta, con marito libero professionista benestante, casa al mare -montagna e appartamento in centro, in corso Vittorio ci giurerei, il tuo accento ti rivela Milanese verace, pochi discreti gioielli tra i quali le classiche perle al collo come quelle che porta mia nonna, il completino di lino color pastello, la camicetta di seta castamente sbottonata a scoprire appena un margine di pizzo bianco, scarpe con tacco medio sicuramente di Ferragamo, orrenda costosa borsetta di lucertolone in tinta con le scarpe, e per finire, capelli a caschetto, un classico taglio risalente agli anni 80.
Ma tu sei bella, Michela C., davvero, anche se smorta e le tue labbra carnose, leggermente rialzato quello superiore a darti un'aria infantile e imbronciata, simili a fiori di geranio aperti e umidi, raccontano su di te un'altra storia.
Ti siedi, composta, le gambe forse un tantino corte accavallate, lisciandoti la gonna, occupando il posto proprio di fronte a me, al di là dello stretto corridoio.
Siamo le uniche occupanti non solo dei quattro sedili a noi vicini, ma anche di quelli nelle immediate vicinanze.
Mi osservi con curiosità, ora che sei rilassata e il treno è partito; certo il mio abbigliamento deve essere un tantino trasgressivo per te e alquanto limitato; sono in vacanza e fa già caldo, quindi un corto top di maglina rosso, con gonna bassa sui fianchi, stretta e corta in tinta è più che sufficiente. Sono già molto abbronzata e i miei sandali a tacco alto e sottile con laccio alla caviglia, la mia debolezza, quando non lavoro, completano un abbigliamento decisamente minimo.
Per finire, e lì il tuo sguardo si ferma, leggermente costernato, ho tagliato i capelli cortissimi e con il gel li ho pettinati all'indietro, in piccole ciocche appuntite.
E' proprio lo stupore un poco invidioso che leggo nel tuo sguardo a darmi un'idea per movimentare questo viaggio e renderlo decisamente eccitante.
Voglio provocarti, scoprire fino a che punto arriva il tuo perbenismo fasullo, perchè, se la mia diagnosi è esatta, un vulcano cova sotto la cenere dei tuoi completini perfettini.
Ma sono anche intrigata e non solo per la caccia appena iniziata, ma anche perchè in te c'è qualche cosa che mi attira e confonde, forse il profumo che usi mescolato ai tuoi odori di donna, forse è l'agitarsi inquieto delle mani mentre parli oppure sono quelle labbra tanto morbide da aver voglia di mangiarsele.
-Che inizi lo show- dico tra me e alzandomi in piedi ti chiedo, sorridendo, di dare un'occhiata ai miei bagagli mentre vado un momento in bagno.
Annuisci con entusiasmo e io, una volta nella toilette, affilo le mie armi di seduzione.
Per prima cosa elimino gli slip e al pensiero di quello che potrà succedere cedo alla tentazione di poggiare la punta di un piede sulla tazza per ammirare nello specchioil mio sesso aperto e rosato.
La carne tenera assomiglia a quella del salmone, per colore e consistenza, come asserisce anche Manuel Vasquez Montalban, nel suo memorabile trattato eno-gastronomico-sessuale:
Ricette immorali.
Non so resistere, passo le dita nella fessura, accarezzando il bottoncino rosa che si inturgidisce subito; mi accorgo che potrei arrivare al piacere in un attimo.
Allora mi blocco.
Voglio che sul mio viso resti questa aria affamata, che i miei occhi mantengano lo sguardo leggermente strabico di quando sono eccitata, che sotto il bruno del sole le mie guance mostrino un rossore palpabile.
I capezzoli, punte d'assalto dei seni liberi sotto il top, sono rigidi e sull'attenti come soldatini.
Controllo il trucco leggero ed esco, pronta ad assalire un castello che spero facilmente espugnabile.
Torno al mio posto, ti ringrazio, Michela C., poi mi sistemo a sedere, facendo in modo che la gonna salga ulteriormente.
Il tuo sguardo si appunta sui capezzoli eretti, che distrattamente accarezzo passando una mano sul leggero tessuto, per finire diritto nei miei occhi: sei confusa, a disagio, incuriosita, forse un poco spaventata.
Ne approfitto per chiederti se vai a Roma per lavoro o vacanza; intanto muovo irrequieta le gambe, per attirare su di loro la tua attenzione mentre mi rispondi.
Ma non sei preparata a quello che faccio ora: lentamente, con intenzione, apro le cosce per mostrarti la micia nuda e aperta, per poi richiuderle fissandoti sorridendo: una sfrontata provocazione.
Ora il tuo viso è rosso e accaldato, non riesci a staccare gli occhi dal mio grembo, mentre io fisso con insistenza i tuoi seni, voluminosi sotto la giacca e la camicetta che ora cerchi di abbottonare con mano convulsa .
E intanto senti la mia voglia stringerti d'assedio, forse intuisci quanto desidero abbracciarti da dietro per introdurre una mano nella tua scollatura, tenere nel palmo uno dei seni, come fosse un frutto maturo e chinarmi a succhiarti il capezzolo, una caramella al miele, una chicca, la più buona del mondo; per scendere infine sul fianco fino a toccare la fichetta morbida, protetta sicuramente da biancheria di seta, castigata e costosa e farti fremere di piacere, con le mani e la lingua.
Sento tutto il corpo vibrare d'eccitazione, mentre tu parli e parli e io non ti ascolto: le tue mani si agiano irrequiete nell'aria, i capelli sono fuori posto, un leggero sudore ti fa il viso accaldato e le ginocchia si stringono l'una all'altra, in posizione di difesa.
-Fa caldo, qui dentro- mormori ad un certo punto e ti togli la corta giacca di lino.
-Direi di andare a rinfrescarci- ribatto io, con decisione.
Spalanchi gli occhi, devi decidere, ora o mai più.
Guardi la giovane donna alta e decisa che ti sta davanti: senti che ti vuole in un modo che fino a poche ore fa credevi possibile solo nei films o nei romanzi e decidi di seguirla, vuoi sapere, capire, forse godere, perché no, e questo è proprio da te che nel talamo coniugale emetti giusto qualche gridolino educato, ma solo nelle feste comandate.
Ti avvii per il corridoio e io noto quanto siano morbide le tue anche e pregevole il sedere a mandolino, peccato le gambe un po' cortine.
Nei dintorni del bagno non c'è nessuno, ti spingo dentro e velocemente entro anche io.Una volta chiusa la porta, tolgo i sandali per portarmi quasi alla tua altezza, ti spingo di fronte allo specchio e ti afferro da dietro, una mano sul ventre a premere il sedere contro il mio sesso nudo, l'altra a voltarti il viso verso di me per poterti prendere la bocca con la mia; poi mentre cerco con bramosia i tuoi seni mi struscio contro la stoffa leggera che ti copre le chiappe morbide e tonde.
Apri istintivamente le gambe, mentre la mia lingua si intreccia con la tua, in un ritmo vorticoso.
Poi la mia mano scende sotto la gonna, scosta le mutandine di seta e pizzo, ci avevo azzeccato, e trova il tesoro: la tua micia morbida, ricciuta e bagnata, bagnata come un avocado maturo, non ho davvero un altro paragone che calzi come questo.
Ti infilo con impeto due dita dentro e ti sento sobbalzare.
Allora lascio la tua bocca, ti vengo di fronte, mi inginocchio e rapidamente ti sfilo lo slip, poi ti faccio appoggiare una gamba alla mia spalla, in modo che tu possa vederti allo specchio, così aperta, come già era successo a me e con una testa bruna di donna tra le cosce.
I tuoi no, no, no iniziali si trasformano in gemiti, mentre con la lingua ti esploro fin nelle pieghe più segrete, ti succhio, ti bevo, ora ti protendi verso di me mentre i lamenti diventano quasi singhiozzi.
Siamo in equilibrio precario, ma è proprio questo insieme allo sferragliare sibilante del treno e all'insolita alcova d'amore a frustare a sangue i nostri sensi.
Con una mano prendo ad accarezzarmi e in pochi secondi arrivo all'orgasmo: persa nel mio piacere ti penetro con la lingua fin dove posso arrivare, e tu gridi, Michela C., signora perbene, un grido acuto, come per un dolore improvviso, che si scioglie in un sospiro di liberazione, abbracciandomi la testa con le mani.
Rientro in me, sperando che nel treno semivuoto nessuno ci abbia sentite.
Mi alzo in piedi e ti guardo negli occhi, allagati dal piacere.
Balbetti un :
- Grazie- a cui rispondo con un bacio leggero.
Ma tu vuoi di più e il bacio diventa profondo, le lingue tornano a intrecciarsi .
Perché sei curiosa di sapere dalle mie labbra che gusto hai, laggiù e così scopri il tuo aroma dolce-aspro un po' acidulo, ferroso, con retrogusto quasi di sangue: la nostra intimità di donne odora dei cicli della luna, emana il suo bianco lucente calore.
Poi, in silenzio, ci sistemiamo, tu hai da fare più di me, sembri uscita da una bufera, e io ti aiuto, mentre mi sorridi, riconoscente.
Torniamo ai nostri posti e cominciamo a parlare di tante cose inutili, ma siamo languide, spossate, in verità vorremmo stare in silenzio per riassaporare i momenti trascorsi, ma questo ti farebbe sentire in enorme imbarazzo.
Quando stiamo per arrivare, mi porgi un biglietto da visita, chiedendomi :
-Mi verrai a trovare, ora che stai a Roma per un po'?-
-Forse- rispondo io, ma tutte e due sappiamo che non sarebbe una cosa intelligente, il rivederci.
Un rapido bacio sulle guance davanti alla Stazione Termini scrive la parola fine alla nostra brevissima storia.
Mentre sorrido ripensando al mio insolito viaggio, il biglietto di Michela C., signora perfettina e ora non tanto più perbene mi sfugge di mano, vola sul terrazzo, e un malizioso ponentino romano lo porta in regalo a Giordano Bruno.
Morgause