Lo guardo, mentre appollaiato su una sedia del salotto muove nervosamente la coda.
Fuori imperversa il temporale, è una serata veramente impietosa e nessuno ha voglia di alzarsi per tornare a casa. Siamo ospiti a casa di amici e come ogni volta si finisce per bere qualche bicchiere di troppo e tirare tardi ricordando episodi del passato che ormai sappiamo tutti a memoria.
C'è chi ride e chi sonnecchia, chi continua a bere e chi guarda la televisione.
Io mi sono un po' estraniata da quello che di solito è il mio elemento naturale, seguo il filo dei miei pensieri, mentre continuo a osservare il gatto sempre più inquieto sulla sedia.
La prima volta che l'ho visto era un magnifico esemplare felino dal lungo pelo grigio e lucido, la lunga coda folta e vaporosa che portava orgogliosamente in giro, i profondi occhi gialli che ti osservavano curiosi e indolenti, l'incedere pigro e vagamente minaccioso.
Crescendo questa sua maestosità si è appannata, è diventato cattivo, troppo magro e la sua magnifica pelliccia si è fatta opaca e rada.
E' triste quel gatto, perchè non ha la libertà.
E' costretto a vivere tutto il giorno in casa, non può respirare una boccata d'aria fresca, annusare l'odore di altri animali, inseguire un topo o semplicemente stare coricato su un bel prato verde. Deve vivere in quattro grandi stanze, che ormai per lui sono diventate una prigione. Si ribella come può graffiando e mordendo chi si avvicina. Talvolta arriva addirittura a rifiutare il cibo, ma niente da fare, i suoi padroni non lo capiscono, al punto che lui ormai li guarda con occhi diversi: non più simpatici amici con cui giocare, ma sadici carcerieri.
C'è un bel da fare a spiegargli che lo fanno per troppo amore e non per cattiveria. Loro hanno solo paura che scappi o che finisca sotto una macchina, non vogliono perderlo, gli vogliono un bene dell'anima.
Ma faglielo capire che la loro soluzione per lui è uno stillicidio perpetuo... destinato a morire a poco a poco in quella gabbia dorata, povero micio.
"Se ami qualcuno lascialo libero"... mi ritorna in mente questa frase, una delle tante con cui mi divertivo a tappezzare il diario, quando ero ancora una studentessa adolescente. Allora non ne coglievo appieno il significato, che invece stasera mi colpisce in tutta la sua disarmante semplicità.
Ne parlo con il mio ragazzo, mentre torniamo a casa sotto la pioggia torrenziale, lui sostiene che il mio è solo un modo un po' drammatico di vedere le cose, che forse quel gatto ha solo dei problemi di salute e che io non dovrei viaggiare così di fantasia.
Lui non capisce perchè è come i padroni dell'animale, solo che la gabbia l'ha costruita intorno a me. Mi ha innalzato barriere intorno per proteggermi dagli altri, ma non per il mio bene, per la sua gelosia e possessività, per il bisogno di avermi solo per lui.
Sa bene cosa sono e ha paura. Ha paura degli sguardi indiscreti e dei commenti sussurrati.
Troia amore, lo sai benissimo, anche se questa parola non affiora mai sulle tue labbra, quasi come se il solo pronunciarla risvegliasse tutti i tuoi fantasmi.
Troia amore, come quando ti ho iniziato ai piaceri sublimi della carne. Allora ti piaceva che mi comportassi come una puttana consumata.
Ma poi la mia natura ha iniziato a spaventarti...
Troia a letto e santa fuori, è questo il mio stillicidio.
Non capisci che l'amore non ha bisogno di barriere, si basa su altri schemi, spesso invisibili agli occhi, ma non al cuore.
Non capisci che anche se mi lasci libera, sono io che voglio tornare tutte le notti nel nostro letto?
Serendipities