Chiudersi alla vita. Non innamorarsi. Partire senza mai arrivare a toccare il cuore. Questa era la sensazione che Mauro percepiva dai treni. Saliva in una stazione qualsiasi e scendeva quando il paesaggio lo attraeva oppure quando il nome di una stazione gli ricordava qualcosa. Un qualcosa che non aveva piu', un ricordo che non sentiva piu' suo. Il ricordo della vita, degli affetti che aveva prima dell'incidente al cuore, prima di essersi innamorato di Giorgia, la classica ragazza che si innamora di uno stronzo e che ora non c'era piu'. Aveva fatto con lei il suo viaggio del cuore. L'aveva conosciuta in treno, sul treno che lo riportava a casa dopo tanti anni persi a girovagare per il mondo. Per cercarsi.
Forse il suo istinto era quello di non rimanere mai fermo. Forse sentiva la necessita' di avere sotto di se' dei solidi binari che gli impedivano di perdersi. Ferro. Solidita' di una costruzione che attraversava monti e nazioni, valicava paesi in guerra, poverta' ricchezza, amore. Stazioni locali abbandonate per il passaggio dei treni ad alta velocita', come tanti amori perduti e presto dimenticati, come gli amori di una notte, incandescenti come binari al sole; traversine dei cartelli usate come stendibiancheria nei paesini di regioni sperdute dove i treni attraversano la poverta' senza accorgersene .
I binari erano come la vita, conducevano da qualche parte se non si sbagliava scambio. Forse ora desiderava la facilità di farsi travolgere da un convoglio in corsa. Ne aveva schivati tanti, aiutato dal sesto senso. A volte si può incontrare uno scambio. Se percorri i binari della vita nel giusto senso, puoi cambiare strada. Ma l'aveva cambiata veramente o si era fermato ad una stazione in disuso?.
Se percorri i binari al contrario, ti ritrovi a tallonare gli scambi, senza possibilità di tornare indietro. Terribile sensazione vedere quei punti in cui la tua vita avrebbe modo di cambiare, ma non poterli sfruttare. Sono come gli errori, hai possibilita' di ripensarci ma non di cambiarli, di tornare indietro.
Talvolta credeva di essere come il sale. Un piccolo granello di sale della vita. Condiva la vita delle persone che incontrava, rendendola saporita, gustosa, venendo assorbito nel corpo insieme agli altri condimenti del cuore. Lasciava una manciata di desiderio in ogni donna e poi all'improvviso si scopriva che troppo sale fa male, che troppo sodio, troppa gioia di vivere non durano molto tempo. E allora scappava. E riprendeva il treno. Un treno qualsiasi. Al chiuso nel vagone i suoi pensieri si sentivano protetti. L'odore di stantio, di disinfettante, di salviettine per pulire il sedere ai bambini, di bibite cadute sulla tappezzeria, di gomme americane appiccicate sui vetri, di profumi di donna, di dopobarba maschili, di sudore, di valigie da quattro soldi, di tende impolverate, di scarpe infangate, di caffe', di tramezzini sbocconcellati, annullavano ogni pensiero. Tutto restava concentrato nella mente. Ovattato, compattato, rinchiuso all'interno del vagone. Il treno si muoveva, avanzava prima lentamente, partiva, prendeva velocita' e i suoi pensieri erano sempre li' mischiati agli odori, bloccati nel cuore. Sentiva addosso, appiccicato l'odore di tutti i vagoni in cui era stato , mischiato insieme ai profumi delle donne che aveva avuto. Ogni treno, ogni localita' era legato ad un ricordo, ad un nome di donna. Dal finestrino scorrevano le stagioni con gli alberi di frutta carichi dei loro succosi prodotti, dolci come il capezzolo di una donna, vellutati come le pesche simili alla lingua di una donna che ti sfiora il corpo; con gli ulivi, nodosi, come il carattere di una donna, ma maggiormente gli era rimasto impresso l'odore di Giorgia un misto di sensualita' e fanciullezza. Era come lui scappava dalle delusioni, salendo sul primo treno in partenza lasciava amici e amori, abbandonava i souvenir comprati nei negozietti, gettava i vestiti di un paese che non era piu' suo e ricominciava. Era sempre un'altra in ogni luogo dove andava. Non aveva terra. Esule da se stessa. Apri' la porta dello scompartimento con uno scatto e fu l'ingresso del sentimento. Per entrambi. Si riconobbero subito sull'unico treno che avrebbero mai potuto prendere: quello del cuore. Un'unica corrente d'energia percorse il loro corpo con lo stesso moto ondulatorio del treno, un rollio del sentimento all'interno dell'anima. A Mauro sembro' quasi che i capezzoli di lei puntassero diritti verso il suo cuore, colmi di desiderio per colpirlo all'interno. Solo una sensazione. In fondo era solo un altro viaggiatore solitario nello scompartimento di un treno, erano solo due sconosciuti che si sarebbero tenuti compagnia per un breve lasso di tempo. Ma entrambi sapevano che non era cosi'.
Giorgia si sedette accanto al finestrino. Uno di fronte all'altro. I battiti del cuore seguivano l'andamento del treno in partenza, un breve ronzio, le carrozze che si muovevano, la velocita' che aumentava pian piano. Tum, tum, tum, il rollio del cuore. Una lunga gonna di raso rossa, stretta, una camicetta che lasciava intravedere l'attaccatura dei seni e l'ombelico e un golfino nero gettato quasi per caso sulle spalle. Come per caso era salita su quel treno. - Perche' in amore si fa e ci si fa del male? - disse cogliendola di sorpresa Mauro. - È come se ci si raccontasse l'anima mediante un atto sessuale, ma dopo non siamo in grado di gestire anche il cuore e la mente - rispose Giorgia senza bisogno di pensare. - Si cerca l'altro per colmare se stessi, tutto il gioco d'amore segue sempre il medesimo corso: gli sguardi si incrociano, la bocca si fa arida, si soggioca il cuore, ci si confronta e poi e' tutto uno sbottonare, slacciare, togliere, aprire. Sbottonare i calzoni, togliere il vestito, slacciare il reggiseno, togliere le calze, calare gli slip....e poi carezze, lingue arrotolate, sensazioni, baci, graffi, morsi, sospiri, leccate, spossatezza. Piacere puro e basta, ma puo' nascere anche un sentimento. Prima o poi se c'e' sesso, nasce sempre anche amore. Molti uomini temono di scoprire cosa vuole davvero la donna che si scopano, si allontanano, scappano un attimo prima di spingersi oltre in se stessi e nell'altro. Siamo sempre pieni di piacere e di angoscia per ogni nuovo amore. E questo ci permette di guardare alla luna sperando che ci dia un'altra notte di sogno.
La pelle di Giorgia trasudava amore, almeno cosi' credette di riconoscere Mauro vedendo piccole gocce di sudore che le imperlavano le braccia e il petto. Si avvicino' e le sfioro' il collo con un dito lasciando una piccola scia sul suo corpo abbronzato. Nessuno dei due parlo'. Il rollio del treno copriva ogni parola. O forse non c'era bisogno di aggiungere nulla. Non c'e' bisogno di aggiungere nulla all'amore. Mauro tento' di aprire la bocca per presentarsi, ma Giorgia gli tappo' la bocca passandogli delicatamente le dita sulle labbra. Si era riconosciuti dentro il cuore e non c'era bisogno dei nomi. Mauro comincio' a sfiorarle il corpo sopra i vestiti, tocco' la rossa gonna di raso rosso facendo scivolare le mani lungo i fianchi, per esplorarla, fino ai piedi. Le slaccio' le scarpe, toccandole le dite come se volesse suonare una sinfonia con i suoi piedi. Risali' verso le caviglie e le ginocchia permettendole di sollevare solo un poco la gonna, per intravedere appena l'orlo delle mutandine e intuire cosi' il suo desiderio. Era bagnata. Risali' ancora per slacciare i bottoni della camicetta, uno per uno sempre fissandola negli occhi, le prese un seno con una mano mentre si inginocchiava di fronte a lei per scostarle gli slip e aprire la sua vulva per godere di lei. Giorgia inarco' le reni schiacciando la schiena sul sedile di appiccicaticcia pelle marrone, per sollevare la gonna fino alle anche e togliere gli slip. Bianchi, come bianco era il reggiseno. Ora Mauro era dentro di lei, piano, con la lingua che si muoveva su e giu' all'interno delle sue grandi labbra, per prendere e succhiare la piccola perla gonfia, per aprire con la lingua l'interno del suo ventre. Per prepararla al piacere. Un solo sospiro soffocato usci' dalle labbra di Giorgia. Il treno continuava a superare le stazioni con la veloce corsa della modernita', paesini e frazioni dai lunghi nomi erano solo una macchia blu di cartelli appena leggibili mentre al chiuso di una carrozza due ragazzi si chiamavano con i soli nomi che potevano avere: amore. Giorgia apri' maggiormente le gambe, prese la testa di Mauro tra le mani, carezzandolo, mentre sentiva la lampo dei jeans di Mauro scendere e il suo membro aprirsi una strada nel suo ventre. Mauro la sollevo' per i fianchi facendola ruotare. Ora era lui ad essere schiacciato contro il sedile con lei seduta sulle sue ginocchia mentre lui affondava lentamente dentro la carne lucida e pulsante . Tum, tum, il battito del cuore, tum, tum il rumore del treno sui binari, il dolce dondolio che tante volte dava la nausea, ora era il movimento ideale per i loro corpi. Era Giorgia a seguire il ritmo del suo desiderio muovendosi sopra il membro di Mauro spingendo contro il suo pube fino a sentire la carne dura riempirla tutta. Il treno freno' dopo un'ultima brusca accellerata. Come il loro desiderio arrivato al culmine del piacere. Il seme di Mauro si riverso' dentro di lei inondandole il ventre e macchiando il sedile. Un altro odore, odore di desiderio sarebbe rimasto racchiuso nella carrozza. Insieme al passaggio di un attimo di vita di tante altre persone.
Scesero insieme dal treno. Un posto qualsiasi. Dirigendosi nella stessa direzione. Li aspettava un altro treno: quello del cuore fermo nella stazione dell'amore. Nessuno avrebbe potuto dire per quanto tempo.
1/9/2000
Maya