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Racconto n° 4511
Autore: Morgause Altri racconti di Morgause
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Il bustino color amaranto
E' una giornata fredda e nebbiosa, cammino lungo il fiume, spedita come sempre quando mi sento irritata e confusa dopo una violenta discussione con te.
Ho bisogno di calmarmi, di capire il perché riesca sempre e solo ad andar contro corrente per navigare in acque che non conoscono mai bonaccia.
Mi dirigo verso il centro, la meta è via Mazzini, capisco che il mio inconscio ha già deciso che cosa fare per rinfrancare lo spirito e il corpo: mi gratificherò di un regalo possibilmente costoso e che possa usare per la gioia dei sensi.
Insomma, un sontuoso capo di biancheria intima: l'intimo di lusso, possibilmente seta e pizzo, arreca spesso perdite rilevanti alle mie entrate.
Allora eccomi qui, da 'Eva &Eva', un elegantissimo, discreto negozio in una stretta traversa di Via Mazzini, un nome antico, che per questa città è sinonimo di femminilità al profumo di peccato.
Mi fermo ad ammirare la vetrina, un'orgia di pizzi, seta , merletti, parure, singoli.

Da una parte un manichino truccato anni ‘40, gambe lunghissime e seno rigoglioso, indossa uno strano bustino molto corto, in pratica uno stringi-vita d'altri tempi: le coppe del reggiseno dimezzate contengono a stento i capezzoli, mentre il bordo inferiore copre appena l'inizio dei fianchi, lasciando completamente scoperto il resto; da lì partono quattro lunghe giarrettiere che sostengono un paio di sontuose calze finemente lavorate.
Il bustino è di seta pesante, alternata a pizzo, di un brillante color amaranto.
Resto lì in contemplazione di quell'assurdo capo di biancheria, che peraltro non ha neppure il prezzo esposto.
Mi sta ammaliando.
E non penso a te, immersa in tutto quel rosso cupo, penso a lui, al mio amore di sempre, quello lontano che vedo pochissimo, al mio amore soldato che amo da sempre e di cui odio
l'assenza con la stessa intensità; quello che mi fa l'amore come voglio io, che sa quello che mi piace a letto in ogni circostanza e lo sa da quando ero ragazzina.
Spesso sogno di lui, sogno di farci l'amore, anche se l'ho appena fatto con chi dorme vicino a me, nel mio letto. E così da sempre.
A lui piacerebbe questo bustino... sì, so che gli piacerebbe: mi pare di averlo vicino, la mano sulla spalla, la bocca sull'orecchio a mormorarmi:
-Compralo-
Entro, decisa: la padrona, una signora di mezza età dai capelli troppo neri e dal trucco pesante
che ne mette in risalto le rovine di un sontuoso passato, carica di gioielli ed elegantissima, con un accento veneziano spiccato così piacevole e musicale, mi viene incontro, mi bacia e mi abbraccia per i soliti convenevoli.
Mi ha sempre ricordato Grimilde con il suo -specchio, specchio delle mie brame...-

Le dico che voglio vedere il bustino in vetrina; la donna spalanca gli occhi a mò di fanali e :
-Benedeta fiola , non è per lei, la mi scusi, non dico per il fisico, ma insomma, è una cosetta un po' ardita, francamente non pensavo neppure di venderla-
Ma io sono irremovibile, voglio provarlo, quel bustino mi ha stregata.
Grimilde si arrende e una commessa porta dentro il manichino per spogliarlo con estrema delicatezza.
-Si tratta di articoli molto delicati e costosi- sottolinea la donna che ha fiutato l'affare.
Nuda nello spogliatoio indosso quella preziosità, operazione laboriosa visti i numerosi ganci
ricoperti dal pizzo che la adornano.
Il bustino mi sta a pennello, solo un po' stretto di seno, i capezzoli non occhieggiano, escono proprio: mi eccita quella figura di donna stretta in un busto d'altri tempi e con gesto inconscio, guardandomi nello specchio passo una mano sul pube ad aggiustare il pelo setoso.

Ora è la volta delle calze: lentamente le faccio scivolare sulle lunghe gambe e ne aggancio il bordo al bustino con le giarrettiere.
Infine indosso le scarpe dal tacco alto e sottile e resto lì, in ammirazione di me stessa, come stregata.
La voce della padrona mi riporta alla realtà:
-Posso vedere?- e poi:
-Pare il manichino, benedeta, non l'avria mai dito- e così via.
Quando esco ormai è notte da un pezzo e via Mazzini è super affollata; sono allegra; ora ho voglia di un gelato, quella magica piccola borsa di carta dorata con la scritta Eva&Eva ha dissipato del tutto la mia arrabbiatura.
A casa trovo un laconico biglietto in cui dici che vai a dormire da Francesco, sul lago, altra circostanza fortunosa.
Doccia caldissima, poi accappatoio morbidoso, vassoio con pane ai semi di cumino, mortadella, formaggio fresco di capra e cioccolato Lindt al 99% puro cacao: con la mia cena preferita
parcheggio sul divano, di fronte al televisore, pronta a gustarmi per la decima volta: Dark Water, il mio horror preferito.
Intanto il bustino e calze di pizzo mi aspetta, sistemato in bella vista sulla poltroncina a fianco del letto.
Prima di infilarmi sotto le coperte liscio con la mano la stoffa preziosa, alzo contro luce le calze per scoprirne la trama sottile, me le passo sui seni, sul ventre, sul sesso, poi le odoro a lungo prima di riporle accanto al bustino, come se tutto l'insieme fosse pronto per essere indossato.
Ho molto sonno ma mi sforzo di tenere aperti gli occhi su quello splendore di seta e pizzo
color amaranto e nero dorato, vuotando la mente di ogni altro pensiero che non sia quello di una donna alta stretta in un bustino in odor di peccato, le lunghe gambe coperte da calze di pizzo, il pube nudo e ricciuto in mostra: voglio entrare così nel regno dei sogni per incontrarti.

Mi ritrovo in una grande sala che sembra quella di un costoso ristorante ricavato da una antica villa settecentesca; vedo grandi specchi dalle cornici dorate alle pareti, soffitti con stucchi pregevoli e tanti tavoli disposti in fondo al salone ai quali sono seduti intenti a pranzare solo uomini, tutti in smocking neri impeccabili: parlano piano tra loro, creando un brusio che ricorda quello di uno sciame di api in volo.
Non distinguo i loro volti e loro non si curano di me.
I camerieri hanno visi strani, cerei nella loro fissità: si muovono come marionette, con inchini esagerati e legnosi.

Io sono in piedi, in fondo al magnifico scalone di marmo che porta ai piani superiori, indosso il bustino, le calze di pizzo e alti stivali neri a tacco altissimo, i capelli sono acconciati come quelli del manichino di Eva& Eva, in larghe onde anni 40: il pube è nudo, e questo mi conferisce una strana fierezza.
So di essere bellissima e allora perché nessuno di quegli uomini mi guarda?
Eppure tu sei là, in mezzo a loro, tu, il mio soldato, quello che mi sorprendo a desiderare con una intensità tale da stordirmi e farmi bagnare tra le cosce.
All'improvviso due braccia forti mi sollevano e io immergo il naso nell'odore della tua camicia mimetica: tabacco, dopobarba aspro e un altro, molto più intenso e prezioso: quello di uomo, di maschio.
Non alzo il viso, tanto so con sicurezza che non riuscirò a vedere il tuo.
Mi porti su un divano rosso ciliegia, grande, morbidissimo; mi fai sedere, poi ti inginocchi di fronte a me e delicatamente mi apri le gambe.
Intanto, in fondo alla sala, gli uomini in nero continuano a pranzare nel brusìo persistente, ossessivo, che non cambia di tono.
Appoggi la bocca al mio sesso e le tue labbra bruciano ancor più delle mie di donna.
-Scopami, ho aspettato tanto, ti prego, scopami-

Non mi accorgo neppure di mormorare queste parole così esplicite ma è quello che voglio con una intensità animale; so che con te potrò lasciarmi andare completamente per sentirmi solo una femmina che vuole essere riempita, fecondata, una femmina che vuole il seme del suo uomo che in questo momento considera il regalo più grande che le possa essere fatto.
E tu entri in me, lentamente, attirandomi contro il tuo grembo, stringendo con le mani le mie natiche; poi intrecci la tua lingua alla mia e intanto inizi a muoverti dentro di me, piano, forte, piano, fino a che io non intuisco il tuo ritmo e allora i nostri fianchi danzano insieme, mentre le tue labbra sono sul mio collo, le mani sui seni.
-Vengo, amore- mormoro io, non posso aspettare il tuo piacere, non ce la faccio più.

Quando sto per gridare nell'orgasmo tu mi metti una mano sulla bocca per tacitarmi mentre con l'altra mi stringi al petto e i miei fianchi impazzano intorno al tuo pene rigido, a fondo dentro di me.
E poi ti sento dilagarmi dentro, sento la vita fluire con il tuo seme caldo, e sono terra fertile, mare pescoso, per un attimo divento luna con il potere delle maree.
Quando ti ritiri da me, pur nel sogno, so che scomparirai tra quegli uomini laggiù, in fondo alla sala, nel loro brusìo: ora un gran freddo si insinua fin nelle pieghe più riposte del corpo.
Un cameriere mi passa davanti senza vedemi: ha la faccia bianca da clown, con una lacrima rossa disegnata sulla guancia.



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