E' ormai quasi estate nell'altezzosa città del Nord avvolta dal grande fiume
come una bella donna in una stola di sontuosa pelliccia.
Passeggio sotto gli antichi portici di via Mazzini, vago per Piazza delle Erbe tra bancarelle di tutti i colori, sorrido a un pesante complimento che mi rivolgono due ragazzi per arrivare fino a S. Anastasia, la splendida chiesa che il Pisanello affrescò lasciandoci il dipinto che preferisco in assoluto: S. Giorgio e la principessa.
Entro e mi fermo in ammirazione di fronte a questo capolavoro al di là del tempo e dello spazio. Come al solito mi perdo nelle mie fantasie fino a che non mi accorgo che è l'ora di tornare a casa.
Nel pomeriggio i miei amici aspettano ospiti che io trovo piuttosto barbosi, bigotti e reazionari; ma Annamaria mi ha promesso una sorpresa per oggi.
-Vedrai, ti piacerà questa ragazza, si chiama Giulia, ha la tua stessa età, è molto ricca e molto libera, dicono che sia un po' strana-
Ora, dato l'ambiente strana può voler dire un sacco di cose, io spero sia l'andare appena un po' contro corrente che per una città come questa è già una apprezzabile qualità. Rientro a casa, dove nel primo pomeriggio arrivano gli ospiti, sempre i soliti, gentilissimi e ammuffiti.
Poi ecco Giulia e qui rimango davvero sorpresa perché Giulia è il ritratto vivente del
S. Giorgio di Pisanello: gli stessi zigomi alti, la bocca piccola e carnosa e soprattutto i capelli, biondi e ricciuti disposti a corona intorno al viso; due splendidi occhi azzurro pervinca completano il quadro; è piccola, magra, il seno quasi assente sotto la camicetta leggera mentre nei jens risaltano i fianchi stretti.
Mi sorride dandomi la mano e noto i denti piccoli, da bambina; penso ai miei, quadrati e forti e a quanto siamo diverse, io alta, nera, seno rigoglioso, pelle olivastra.
Subito ci isoliamo io e Giulia, come se ci fossimo riconosciute identiche in quel gruppo di persone così diverse da noi; parliamo di tutto, cinema, arte; le dico del Pisanello, ride, mi propone di uscire per tornare a vederlo insieme- tanto quì che facciamo?- accetto.
Come posso resistere alla sua parlata dolce e liquida, l'accento veneto mi trasmette sempre una grande tentatrice dolcezza.
Così rieccoci in Piazza delle Erbe dove, sottobraccio, ci scambiamo impressioni, battute, facciamo acquisti, ci sediamo a un caffè, ridacchiando agli sguardi dei maschi seduti vicini:
-Insieme siamo una potenza- dico io, lei annuisce e mi accarezza una mano; mi fa piacere quel contatto, lo trovo naturale, come se lo avessi aspettato da sempre e ricambio con una stretta.
Poi torniamo in S. Anastasia e davanti al S.Giorgio le dico:
-Guardati, il Pisanello ti aveva in mente, quando ha dipinto questa meraviglia-
-Avrebbe dovuto prendere te per modella, tu saresti stata un vero santo guerriero, così nera, forte e bellissima- risponde sorridendo.
Usciamo, fa molto caldo ora, i mattoni rimandano nella piazza il sole assorbito durante il giorno.
-Io abito qui, proprio davanti alla chiesa al terzo piano, appartamento ristrutturato da mio padre, lo vuoi vedere?-
Rimango di stucco, un appartamento in quella zona deve costare un capitale, figuriamoci se non salgo a vederlo e poi Giulia è così fascinosa, non so che cosa mi aspetta lassù, ma qualunque cosa sia so che sarà splendida, cominciando dalla casa: basta affacciarsi alla finestra del salotto per vedere la meravigliosa facciata trecentesca di S. Anastasia.
Giulia mi chiede se voglio bere, ma soprattutto se desidero farmi una doccia, siamo veramente sudate e anche stanche; rispondo con entusiamo di sì a tutte e due le domande; mi spoglio e mi infilo nel box dentro un mare di piastrelle azzurre piene di pesci e con grande piacere lascio che l'acqua mi scorra addosso, canticchiando un pezzo dell'adorato Vasco.
All'improvviso il vetro scorrevole si apre e Giulia entra nella doccia.
-Posso lavarmi con te?- chiede.
Io mi volto, ora so che la stavo aspettando, la guardo e sotto l'acqua vedo i suoi occhi brillare, i seni piccoli e appuntiti e sotto il pube completamente rasato, da bimba: ha un corpo splendido, efebico, e una pelle color del miele; le sorrido e lei allunga una mano e mi accarezza un seno, dicendo:
-Che meraviglia è da quando ti ho visto che ho voglia di toccarti e di mangiarti, hai le tette golose, sembrano fatte di panna scura-
Poi si accosta a me, il pube contro il mio, spingendomi verso la parete mentre l'acqua continua a scendere e mi bacia: un bacio profondo, così non sono mai stata baciata, un bacio che esplora via via le labbra, la lingua e tutti gli anfratti e i rilievi della bocca, i denti e per un tempo così lungo che non so se a passare siano i secondi o le ore.
Inizio a muovermi contro di lei cercando sollievo nel suo ventre; e quando l'eccitazione è tale che mi pare di essere una gemma pronta a scoppiare, senza rendermene conto, stringo tra le gambe una coscia di Giulia a trovare sollievo nell'orgasmo imminente; allora lei, lasciate le mie labbra, comincia a succhiarmi i capezzoli tesi fino al dolore e con dita sapienti sfiora il clitoride gonfio
per affondare poi dentro di me per portarmi ad un orgasmo tumultuoso.
Esplodo in un grido di liberazione mentre mi stringe a sé, mormorando:
-Ti è piaciuto?-
Non rispondo, la testa sulla sua spalla le accarezzo i capelli bagnati; poi chiudo l'acqua, spingo la mia amica fuori perché ora ho voglia io di darle piacere.
Dopo esserci asciugate a vicenda la porto al grande letto dalle lenzuola color malva dove ci sdraiamo vicine.
-Che vuoi fare, non importa, se non lo desideri, non devi ricambiare per forza- mormora Giulia.
Io le passo un dito sulle labbra, la bacio leggermente, poi le allargo le lunghe gambe e con la mano accarezzo la sua morbida fessura glabra; lei sospira e chiude gli occhi; allora accosto la punta della lingua al suo taglio preciso e stretto come fosse un sesso di vergine e mi perdo dentro di lei, avida di quella carne profumata di donna. Labbra e mani golose.
E' ormai sera quando sfinite e sudate ci abbandoniamo nell'intrico di lenzuola color malva, la testa bionda e ricciuta di Giulia, che in altra epoca il Pisanello dipinse, sul mio seno, le gambe intrecciate.
Restiamo così, né all'una né all'altra resta più la forza di parlare.
Morgause