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Racconto n° 4520
Autore: Divinecomedy Altri racconti di Divinecomedy
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A Moroccan Dream
La vacanza primaverile in Marocco è stata la decisione più giusta da mesi. Il tran tran Bari - Roma unito alle lunghe giornate in ufficio mi ha abbrutita, e un periodo ancora più tosto mi attende dietro l'angolo.
Ho cambiato espressione in questi giorni, lo vedevo ieri allo specchio mentre mi sfilavo il costume dopo la magnifica giornata al mare del Vingt Cinq. L'abbronzatura è croccante, diversa da quella spalmata dalle lampade prima di partire, tanto sole sulla mia pelle rosata non ha stagliato neanche l'ombra di una scottatura, come se fossi a digiuno e al buio da mesi e mi stessi così ristorando di luce. Peccato per i segni del costume, ma per rispetto alle locali che fanno il bagno in velo e pantaloni il topless è del tutto fuori luogo. I capelli, malgrado l'acqua ghiacciata e salatissima dell'Oceano, invece di sfibrarsi e ribellarsi si sono irraggiati di oro, acconciandosi spontaneamente in dolcissime onde.
Oggi purtroppo il tempo regalato dall'Atlantico non è clemente, è la giornata ideale per dedicarmi uno degli acclamati massaggi all'Argan di due ore. Il fido Rashid mi porta in un palazzotto della periferia sperduta di Agadir, non mi sembra possibile che un'oasi del benessere possa nascondersi in tanto degrado, mi segue lungo la scala ripida per due piani. Improvvisamente, il grigiore di fuori diventa una fiammella di relax all'interno dell'ultimo piano. Questa spiegazione sull'olio di argan mi sta annoiando e mi fa credere che stavolta Rashid mi abbia tirato il pacco da turista assetata di figuranti che parlano come un nastro registrato, ma un attimo prima di lanciare un'occhiataccia al burattinaio della povera ragazzetta che macina l'argan vengo raggiunta da un'altra ragazzina, non ha più di ventidue o ventitrè anni, che in completo silenzio accompagna me e la mia compagna di viaggio in uno stanzino con due lettini, dove ci attende un'altra ragazza. Indossano entrambe dei camici bianchi, profilati dello stesso colore dei pantaloni, devono essere bordeaux, ma la luce rossastra può ingannarmi. La ragazzina cui sono stata affidata è bassina, minuta, il profilo imperfetto glorifica gli occhi naturalmente contornati d'ombra che i lontani natali berberi le hanno regalato. Comunichiamo col silenzio, capisco perfettamente dove poggiare la mia roba, capisco subito che le piace la mia sacca in paglia, e rimasta in costume da bagno mi metto a sedere su una sedia. Porta un piccolo bacile in rame con dell'acqua di rose appena calda, dei petali di rosa rossa vi galleggiano indolenti, mi fa immergere i piedi mentre con un piccolo asciugamano sulle ginocchia si mette a sedere su uno sgabello di fronte a me. Inizia a parlottare con la sua collega, in arabo, una sequenza di suoni incomprensibili si infila e tintinna come una collana di conchiglie. Talora sorridono e ridacchiano sommesse mentre confabulano, all'apparenza sono chiacchiere tra donne, ma potrebbero benissimo prendere in giro noi europee annoiate. La compagna di viaggio scandisce lentamente : - Parlate una lingua bellissima - . La ragazza si ferma, non è molto usuale che una donna marocchina capisca l'italiano, al che decido di provare con : - Votre langue est très douce, très musicale. Vous entendre parler est très relaxant - . La ragazzina si illumina vergognosa:
- Oh merci Madame, êtes- vous Française? -
- Malheureusement non, je suis Italienne -
- Vous ressemblez plutôt à une femme du Maroc, votre visage et le son de votre voix -
- Merci Madame, vous êtes très gentile - (averla chiamata Madame deve averla inorgoglita, la sento contenta).
Prende a massaggiarmi piedi e caviglie con una crema che sa di mandorle e rose mentre conversiamo fittamente di com'è il Sud dell'Italia, e di uomini. Mi fa stendere prona sul lettino dove mi massaggia dapprima le gambe, poi il fondoschiena, infine la schiena. Per massaggiarmi la schiena sposta lo sgabello accanto al lettino per salire e potermi raggiungere con le braccia, malgrado sia piccola e minuta ha una gran lena nelle mani e nei polsi, e talora la sento accompagnare le pressioni più marcate con un leggero scatto del respiro. Sto recuperando me stessa grazie a questa ragazzina, che spande via via l'olio sulla nuca e sul cuoio capelluto, massaggiandolo. Ora mi giro supina, sfilando il reggiseno che prima avevo solo slacciato, e la ragazzina mi massaggia le gambe e l'addome. Arrivata sotto i seni inizio a pregare che i capezzoli non si ergano ma niente, non rispondono mai alle mie preghiere (o forse sì?) e avverto il movimento delle mani a coppa avere un leggero istante di sorpresa esitazione prima di maneggiare tutto il seno. Avrei voluto lenisse le contrizioni della fica e dei suoi dintorni, ma è così dolce, e sta già facendo tanto per me. Massaggia al viso e ancora il cuoio capelluto, prima di lasciare me e la compagna di viaggio stese, coperte di caldi asciugamani bianchi, con due compresse imbevute di acqua di rose sugli occhi. L'amica mi suggerisce di alzare un attimo una compressa per guardare in che atmosfera ci hanno lasciate: candele accese, la musica di raqs sharqi un pochino più bassa, noi ricoperte di asciugamani bianchi, la luce ancora più rossastra di prima. Riabbasso la compressa e mi abbandono alle sensazioni: la mia mente ha invocato due, tre, quattro paia di mani che mi accarezzano ancora, una mano si stacca dal massaggio e intinge le dita nel balsamo di nuova vitalità che inizia a sgorgarmi dalla fica. Vengo svegliata dal dormiveglia dalla ragazzina, e ancora intontita mi rivesto e torno in albergo.
Stasera si balla, direzione discoteca del Sofitel, la più branché della zona, non molto battuta dai villeggianti cafoni che scanso a frotte nel villaggio. E' stato un dispiacere sciacquare l'olio dalla pelle, ma il corpo continuava a reagire di piacere anche mentre l'acqua lasciava bellissime fitte perline sulla pelle ambrata. Prima di uscire per cena non resisto all'accarezzarmi senza fretta il clitoride sul letto solitario, immaginando ancora le mani della ragazzina insieme alle altre mani conosciute nel sogno del centro massaggi. Vengo immaginando le dita che a turno mi affondano nel culo e nella fica.
La pelle abbronzata sembra esser fatta per quell'abito bianco, morbido, con la schiena completamente nuda, fregiata solo di una farfalla ricamata con paillettes, grande quanto una mano. Sandali vertiginosi e borsina dorati e via verso la notte. Abbandono presto il tavolo preso con gli altri compagni di viaggio per dirigermi verso la pista, un gruppo indonesiano di nome Shiok Crew si sta esibendo. Senza indugiare oltre mi scateno, loro sono molto bravi ed espressivi, spesso per mezzo di fiamme lanciate sul palco e sul bancone, cantano funky, musica dance orientale e classici del pop. Di tanto in tanto mi sento osservata, inizio a percepire di ballare per qualcuno. Resto molto delusa quando un locale grassoccio, con un'assurda giacca di cuoio, si avvicina quasi per cingermi la vita e ballare con lui. Fortunatamente un - Excusez moi Monsieur, je suis fiancée, pouvez-vous vous eloigner? Merci - ( bugia, solissima) lo ferma. Un cenno obliquo della testa, le mani in alto, e si allontana senza più farsi vedere. Continuo a ballare e a divertirmi, lo sguardo dello sconosciuto sembra farmi meno piacere, se si trattasse di quello di prima farebbe bene a limitarsi a guardare. Ma lo sguardo è sempre più vicino. Ora che ballo ancora tra la folla mi sembra anche di scorgerlo. Una volta, due volte, tre volte, tra connazionali ci si riconosce a vista. Un sorriso mentre ci facciamo ancora più vicini. Non alloggia dove alloggio io, il che mi sembra una garanzia di persona di livello, dal momento che io sono lì solo per far star tranquilli i miei da paventate invasioni beduine nel bel centro del Marocco turistico.
Magrissimo, fisico da ciclista, decisamente più in età di me, dev'essere castano brizzolato ma il buio della discoteca non aiuta, lo sconosciuto mi porta a prendere un cocktail al bianchissimo bancone (Cosmopolitan per me, ovviamente). Ha modi gentili, non sembra un donnaiolo seriale, mi viene terribilmente a noia parlare di economia e di business della zona, ma è diventato il mio modo di rendermi interessante, anche questi sono i miei stimoli ormai. Sorride con gli occhi, sorseggio il cocktail e ho qualche problema nel non sorridergli mentre con la coda dell'occhio lo scopro spiarmi la scollatura e il fondoschiena mentre non lo guardo, per esaltare ancora di più scosto sensualmente le gonfie onde dei capelli sulla spalla che non rivolgo a lui, per mostrargli la curva del dorso, la nuca e il collo. Prima di rilassarci troppo mi bacia e mi chiede di seguirlo, un appartamentino in città arredato con essenzialità. Fa per mostrarmi la casa, ma non riesco più ad aspettare, devo scopare ora. Porgendogli la schiena scoperta, mi bamboleggio facendo finta di barcollare il giusto per sfiorargli la patta dei pantaloni col culo. Mi mette le mani sulle spalle, mentre ci baciamo mi abbassa l'abito scoprendo i seni vogliosi, e mi stende sul letto. Non finiamo di baciarci mentre a strattoni mi abbassa l'abito che con un paio di mie pedate finisce ai piedi del letto, né smettiamo mentre gli apro la camicia e gli sbottono cintura e pantaloni. L'uccello è lungo come me l'aspettavo, nei suoi baci sento ora la sua di foga, dopo avergli accarezzato il cazzo senza dilungarmi lascio che mi fotta con pugnalate nervose, di reni, di culo, non smettiamo di baciarci, forse perché non abbiamo molto da dirci. Molto perlomeno fino a quel momento in cui si direbbe di tutto, al che strappata la bocca dai baci gli dico - Fottimi il culo, fottimi il culo! - . Siamo combattuti se restare ancora in quella posizione o lasciare che si sfili per accontentarmi. Infine mi gira di soppiatto penetrandomi graduale e inesorabile il culo, adagiato sulla mia schiena come fossimo due lucertole. Non resisto più, vengo in una sincope di gridolini e sento che anche lui, in un ultimo crescendo di colpi, mi riempie finalmente il culo. - Ma quanto ti piacciono i baci? - mi chiede questa confessione, il mio sorriso sibillino gli dà la risposta che cerca.
Arrivederci Marocco, le capre volanti, le spezie per ogni cosa e la voce del muezzin che fa diventare dei semplici altoparlanti centri solenni di gravità. Addio Carissimo, il bancone candido del Sofitel, il vialetto di notte e i baci infiniti.

Dedicato.

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