Nevica stamani. Insolito dalle mie parti. E' così leggera, soffice che fa venire voglia di correre fuori in pigiama e farsi accarezzare da tanta dolcezza. Infida, assiderante dolcezza.
So che leggi quello che sto scrivendo. Un attimo di follia; un raptus scribendi, il mio: - si tantus amor scribendi te rapit, aude Caesaris invicti res dicere, multa laborum praemia laturus - , di oraziana memoria. E' la forza che mi manca! Non è vero, né ho più che a sufficienza, anche se non lo dimostra il mio carattere gentile.
Ascoltami e dammi il premio se me lo merito, come dice il poeta. Quale premio? Solo quello di saperti ancora innamorato. No, non di me! Ormai quell'illusione è tramontata. Il coltello mi ha trapassato da parte a parte e mi ha lasciato esangue.Ma da quando è successo non sono morta; sopravvivo a me stesso, perché non ho diritto neanche di chiedere conforto ad alcuno; solo, con me stesso! Lentamente, semplicemente muoio ogni giorno, senza accorgermene. Solo la ferita duole e non accenna a rimarginarsi, ma riesco a respirare e vado avanti. - - Una bella donna è un'ascia che tronca la vita - dicevano gli antichi. E' naturale che il corpo sfiorisca e diventi secco come legna da ardere – acuta mia sofferenza – Molti, però, sono gli stolti che si lasciano travolgere dal turbine delle passioni e si consumano anzitempo fino a morirne. Questa specie di uomini, purtroppo, è dura a estinguersi. – Saikaku lo indica chiaramente, sono io che non voglio capire e lasciare che la mia razza si estingua.
E' bello camminare piano sulla neve che scrocchia, non molta come dalle tue parti. Ammiro il bianco cangiante nella luce del giorno sul campo difronte, unico fazzoletto inurbato, residuo di un tempo che pian piano si allontana sempre più, finché non sarà completamente sopraffatto e dimenticato, fagocitato dalla lucrosa attività corrosiva di una società che ormai ingoia se stessa.
Sull'asfalto i disegni dei pneumatici delle macchine, come sentieri aperti dalle ruote di un carro, mille intrichi di segni, mentre sul marciapiede, in angoli incontaminati i passi si perdono, di lato, in una bianca coperta. Dall'alto del muro di cinta la neve s'affacciava sui gelsomini sfioriti, che si alternano a infreddolite, smarrite buganville. Il contrasto del bianco accende il viola delle ciocche fiorite che fino a pochi giorni fa si beavano al caldo sole di mezzogiorno, mentre il verde delle piccole foglie fedeli si scurisce, incupito dal contrastato fedifrago tocco.
Ripensarti mi fa male, ma l'ho fatto per troppo tempo per non continuare ancora. Stupidamente, senza avere alcun beneficio, ti ho amato. Ti amo, forse. Ti amerò sempre, finché m'è dato. Eppure non conosco che le tue ombrose voglie, i tuoi difetti, le tue ansie, appena accennati. I tuoi desideri non coincidevano con i miei. Ora, immagino, hai trovato. Ne sono certo. So che non puoi stare senza amare e so che sei troppo deciso per non averne di amori. Ormai hai provato quel sentimento conturbante e devastante che ti ha rubato la prima volta e che si riaccende irresistibile per altre. Ne corri i rischi, non con me, certo. Io sono una vedova bianca, come la neve che lenta si scioglie, mentre la temperatura aumenta tutt'intorno. Tornerà presto acqua e lorderà i pantaloni dell'incauto passante, schizzata dalle auto infingarde o evaporerà al sole, in un angolo appartato. Mentre tu fiorirai di stagione in stagione, fino a sentirti male. Non ti invidio, mai! Ti desidero, si! Forse è un riflesso quello che giunge a me. Un riflesso che mi abbaglia, ma non preoccuparti, se mai fosse possibile, serve ad occuparmi la mente, anche se il corpo soffre. Amore mio infinito. Auguri sotto la neve.
Riflesso