Stasera non ho voglia di andare a quella convention.
Ci saranno le solite facce. Uomini attempati e grassi, accompagnati da mogli imbellettate con pellicce che puzzano di naftalina.
Facce tirate dal botulino e dalla circostanza e me che di quel mondo non faccio parte. E' il mio lavoro, presiedere e sorridere, ascoltando distrattamente discorsi inutilmente pomposi. Direi che è la parte più noiosa.
Solito abitino nero, mai scollato. Mai eccessivamente corto. Insomma nulla di appariscente e che possa attirare gli sguardi acidi e invidiosi delle mogli dei pezzi grossi, che non vanno distratti. Ma mantenuti nel torpore dell'opulenza.
Stasera però mi va di indossare qualcosa di sexy. E' tempo che porti a spasso quelle scarpe, acquistate nel negozio di vestiario hard. Parigine, bianche e nere, in vernice. Tacco dodici, stringhe in raso nero. Uno schianto ! Arrivo in ritardo, opportunamente. Sfilo lungo tutto il corridoio centrale, sedie occupate a destra e a sinistra. Solo la prima fila libera, come a scuola. Prendo posto, mi guardo intorno. Ho attirato la giusta attenzione. Lancio un'occhiata a chi mi sta di fronte. Un ometto buffo e grigio è il relatore e si riempie la bocca di frasi ad effetto, sicuramente non sue. Ci propina il solito piatto forte del menù: aria fritta. Due discepoli, gli siedono accanto. Anche per stasera nulla di interessante. Chi ci sperava ? Poi dalla porta laterale entrano due occhi che mi si incollano addosso. Non mi lasciano il tempo di distogliere lo sguardo. Mi squadrano, prendono le misure. Io ricambio. Nella mia mente si insinua un pensiero: - chissà come ci starà dentro di me - . Lui lo legge, ne sono sicura. Deve essere passato in sovraimpressione nel mio decoltè, perché da lì non si smuovono i suoi occhi.
Si siete due sedie più in là. Prende il telefono, finge di metterlo in silenzioso e scatta una foto alle scarpe. Gli sorrido. Scavallo le gambe, lentamente. Gli faccio ascoltare il fruscio delle mie calze, lo voglio ipnotizzare come farebbe un serpente a sonagli. Senti le mie gambe ? Che si aprono e si chiudono? Ascoltale. Bramale. Prendile. E infilaci dentro quello che vuoi.
L'interminabile serie di banalità finisce dopo qualche decina di minuti. Passati a lanciarci occhiate di intesa. Tutti a cena. La mandria affamata esce dalla sala. Io rientro, a luci ormai spente, per prendere la sciarpa appositamente dimenticata. Lo trovo lì seduto al buio, che mi aspetta. - Sapevo che saresti tornata - , come facevi a saperlo ? - quelle scarpe non sono per donne qualunque - , sorrido, ha ragione. Mi inginocchio davanti a lui, glielo tiro fuori. E lo assaggio. Lui si lascia fare, ma non per molto. - Tesoro, rallenta o il gioco sarò troppo breve per far felici entrambi - Ho voglia di lui. Di essere penetrata e subito. Mi alzo, accorcio il tubino e mi siedo sopra di lui. Crede che io sia il suo giocattolo, ma non sa che lui è il mio. Si intravedono le autoreggenti. La mia mano lo cerca, lo trova, scosta la brasiliana e lo infila nel posto giusto. Ora è dentro di me. Al caldo e nel mio umido. Comincio a farlo scivolare, dentro e fuori. Lentamente, profondamente. Ho il controllo, dirigo io i giochi. Lui deve solo partecipare. - Hey, la fai fare qualcosina anche a me? - Gli metto una mano sulla bocca. Resto in silenzio. No, non hai capito. Io sto montando te, non il contrario. Tu sei lo stallone e io la cavallerizza. Continuo a muovermi, alla ricerca del mio piacere, incurante del suo. Spero soltanto che resista qualche altro minuto ancora. Il mio bacino rotea, struscia, si alza e si abbassa, fino a che...il mio calore divampa. L'orgasmo è arrivato. Lui sta per scoppiare, lo vedo dalla faccia. Non ne può più di trattenersi. Mi alzo, mi tolgo e lui resta lì, stupito. - Che fai, torna giù, o almeno prendimelo in bocca - . Sono già a due passi da lui, in direzione della porta. Mi volto e gli dico: - Spiacente, ho fretta. I cinquanta euro te li lascio qui fuori. E' stato bello. Alla prossima. -
Che soddisfazione scoparsi un uomo e lasciarlo lì con i pantaloni calati!
Alicedellemeraviglie