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Racconto n° 4590
Autore: Morgause Altri racconti di Morgause
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Il ciondolo
Era un cuore d'oro chiuso da una serratura, in stile vittoriano, impreziosito dai consueti motivi decorativi dell'epoca e abbinato a una pesante catenella dello stesso metallo.
Faceva parte di un lotto di gioielli che Maddalena aveva acquistato ad un'asta .
Era soddisfatta del suo acquisto sebbene avesse dovuto sborsare una cifra considerevole.
Maddalena possedeva in società con Carlo, suo amico da sempre, un negozio di antiquariato, gli affari andavano bene e il loro rapporto era più che soddisfacente.
Trentacinquenne, alta, bionda , lineamenti spigolosi e impertinenti, faceva joggins tutti i giorni per mantenersi in forma.
Aveva un debole per i romanzi d'amore e guardando vecchi film strappalacrime si abbandonava spesso al pianto.
Unico errore della sua vita era stato l'aver sposato un nullafacente che oltre a sfruttarla
abusava anche di lei quando era ubriaco.
Stava divorziando con dolore, nonostante tutto.
Alzando verso la luce il medaglione a forma di cuore Maddalena disse a Carlo:
-Questo me lo tengo, mi è piaciuto appena l'ho visto; dammi una mano a indossarlo-
Lui chiuse il gancetto dietro la nuca della donna.
Lei si guardò in uno specchio d'epoca e si sistemò i capelli.
-Niente male, credo che lo porterò; non voglio venderlo, anche se potremmo farci dei soldi, è d'oro massiccio, lavorato a mano da un valente artigiano-
Carlo si avvicinò e guardò il ciondolo nella scollatura della donna.
Lo prese in mano e lo voltò; c'era inciso un nome, Sarah Ormengo (gli Ormengo erano la nobile famiglia della quale erano stati battuti i beni all'asta) e una scritta un poco corrosa: Faces quidlibet voles.
-Farai quello che vorrai- tradusse Carlo ad alta voce.
-Ehi, ma io so tutto su questa Sarah- riprese ridacchiando - è chiamata la Vergine della famiglia; morì a 102 anni, a metà ottocento, pressochè in odore di santità.
Apriamolo, magari ci troviamo un ritratto e una ciocca di capelli. Niente da fare, non ci riesco-
-Non lo forzare- esclamò Maddalena- riprovo io a casa con calma-

Arrivata a casa fece una doccia, si avvolse in un accappatoio caldo, preparò un vassoio con un cena frugale e si piazzò davanti alla televisione.
Il solito programma noioso, pensò mentre giocherellava con il ciondolo.
Aveva tentato nuovamente di forzarlo senza risultati, ma l'acqua calda doveva aver sortito qualche effetto perché a un tratto il medaglione si aprì.
Dentro era vuoto, niente ciocca di capelli o ritratto.
Maddalena ne fu delusa.
All'improvviso si sentì piombare addosso una grande stanchezza e si addormentò di colpo.

Indossava un completino da ginnastica per bambine che su di lei adulta faceva uno strano effetto; le gambe erano completamente nude, il seno prosperoso costretto nella maglietta infantile, ai piedi calzini e scarpe di gomma colorate.
Era in un asilo.
Due suore la tenevano per le braccia e la costringevano piegata in avanti sulla cattedra.
Una terza suora le sollevò la gonnellina e le abbassò bruscamente le caste mutandine di cotone bianco.
Aveva in mano un righello.
Le bambine nei loro banchi guardavano con curiosità ed eccitazione lo spettacolo.
-Ti hanno vista mentre ti toccavi- accusò la suora -e lo facevi di fronte a due uomini che si masturbavano-
-Sì sì sì- gridarono in coro le bambine.
-Ma sono una donna adulta, faccio quel che mi pare; chi diavolo siete voi?-
-Stai solo peggiorando la situazione-
E il righello si abbatté con violenza sul sedere di Maddalena che urlò di dolore e poi si mise a piangere.
La suora continuava a picchiarla sulla morbida carne arrossata mentre intorno le pareva di sentire solo sospiri e gemiti rauchi.
Ma era lei che gemeva sempre più forte sotto i colpi della religiosa perchè stava provando un piacere violento e sconosciuto fino a che un improvviso orgasmo non la scosse allontanando insieme al dolore l'asilo, le monache e le compagne bambine.
Era circondata da una vampa rossa con le natiche che bruciavano.
Si destò respirando affannosamente; si mise a sedere sul divano, le dita contratte intorno al medaglione che ora era chiuso.
Che strano sogno aveva fatto: lei non aveva mai frequentato una scuola cattolica, era ebrea.
Il sedere le doleva.
Quando si esaminò allo specchio vide che era coperto dai segni rossi delle sferzate.
Ma confusa e stanca si riaddormentò.

Al mattino si esaminò di nuovo e scoprì che l'arrossamento era quasi scomparso.
Diede la colpa all'accappatoio spiegazzato per l'irritazione alle natiche mentre il sogno erotico lo spiegò con la lunga astinenza peraltro voluta visto che non sentiva la necessità di fare sesso.
La giornata passò nel solito traffico lavorativo, con Carlo che sfogliava quotidiani alla ricerca di annunci di aste o di altri tipi di vendita di oggetti d'antiquariato.
Quando arrivò a casa alla sera, dopo la doccia e la cena si mise a letto con un baby-doll rosa, fedele al suo debole per gli indumenti romantici anni Cinquanta e si accinse a rileggere per la decima volta Via col vento un librone che la faceva sempre piangere.
Mentre si perdeva nell'incendio di Atlanta giocherellava con il medaglione che si aprì socchiudendosi appena senza che lei se ne accorgesse.

Indossava un reggiseno a balconcino bianco e mutandine elastiche dello stesso colore provviste di gancetti che reggevano calze color carne.
Il suo abito da sera giaceva abbandonato da qualche parte sui sedili di una macchina grande, un modello anni 40, i cui contorni erano indefiniti.
Era in ginocchio sull'erba del cimitero.
E non era sola, con lei c'erano Carlo, il suo socio e Marco, l'ex marito.
Appoggiati alla fiancata dell'auto lasciavano che Maddalena li lavorasse con la bocca a turno
mentre si strofinava il sesso dall'esterno della mutandina elastica che la fasciava come una cintura di castità.
I due uomini emettevano strani versi di piacere simili a rantoli, lei si limitava a succhiare con voracità.
Il loro seme finì parte nella bocca della donna parte diffuso sul suo volto.
Lei inghiottì avidamente il liquido caldo e salato continuando a leccare entrambi i falli mentre si afflosciavano; intanto si strofinava con forza il sesso eccitato coperto dalla barriera elastica delle mutandine fino a che non raggiunse l'orgasmo.
Maddalena si svegliò tossendo per eliminare la saliva che le era andata di traverso, il romanzo ancora tra le mani.
Aveva le guance e il mento sporchi di saliva.
Prese un fazzoletto di carta e si pulì.
Allora si accorse che odorava di seme.
E ne aveva anche il sapore.
Il ciondolo si era richiuso.

Il giorno seguente in negozio Maddalena non riusciva a concentrarsi sul lavoro.
Era spaventata e confusa.
Tornò a casa all'ora di pranzo con la scusa di sentirsi un poco influenzata.
Appena arrivata pensò subito che una doccia calda era quello che ci voleva, fumante e rilassante, ideale per sciogliere quella strana tensione che la teneva in un insopportabile stato d'ansia.
Mentre l'acqua bollente scorreva avvolgendola nel suo calore umido il medaglione si riaprì.

Questa volta si trovava in uno spogliatoio maschile pieno di vapore e indossava unicamente un sospensorio bianco ed elastico senza alcun rigonfiamento sull'inguine.
Non così era per le altre persone presenti intorno a lei: uomini muscolosi, atletici e dai
sospensori rigonfi.
Lei si lascio sfuggire un grido quando uno di loro la colpì sul sedere con un asciugamano arrotolato dicendo:
-Se vuoi giocare a football con noi devi piegarti in avanti-
Costrinsero Maddalena a inginocchiarsi su una panca di sollevamento pesi e nel giro di pochi secondi un grosso fallo insaponato la penetrava da dietro.
Lei urlò di dolore quando l'uomo prese a muoversi con violenza incitato dalle grida degli altri.
Le mancava il respiro ma cominciava a provare un inconsulto piacere, il ventre si infuocava,
le mani si muovevano irrequiete.
La seconda penetrazione fu meno dolorosa e l'uomo la prese lentamente e a lungo non curandosi delle grida degli altri che lo incitavano a sbrigarsi.
Quando venne parve che il suo orgasmo durasse un'eternità.
Il terzo si limitò ad inginocchiarsi e a leccarle il sesso con perizia, scostando il sospensorio, lenendo in tal modo il dolore che aveva provato.
Il piacere arrivò, violento, sconosciuto

Si svegliò sul letto a braccia e gambe larghe.
Il ciondolo era chiuso.
Era dolorante..
Raggiunse la tazza del gabinetto dove scaricò sangue e muco.
Poi si ripulì e rimase a fissare il sospensorio.
Non ne aveva mai posseduto uno.

Allora finalmente capì.
-Puttana, puttana, Sarah Ormengo puttana! - cominciò a urlare- hai rinchiuso tutte le tue fantasie erotiche in questo medaglione e non hai dovuto far altro che aspettare, aspettare una povera pazza come me!-
Così dicendo cercava di aprire la chiusura del ciondolo per toglierlo ma non ci riusciva.
Alla fine urlando e piangendo riuscì a spezzare la catena, ferendosi il collo.
La gettò a terra con forza sempre imprecando.
Il cuore si aprì e Maddalena alzò un piede per fracassarlo quando si accorse che era un medaglione uguale a tanti altri della stessa epoca: infatti celava al suo interno una ciocca di capelli e il ritratto di una donna vissuta in un altro secolo.

Sfinita si sedette sul letto, meditò per qualche istante poi si portò le mani al volto e scuotendo la testa mormorò:
-Non eri tu.
Sono io.
Forse sto impazzendo.
Non riesco più a tenere a freno le mie fantasie.
Ma non voglio neppure provarci.
Non voglio vivere e finire come te-
Si alzò, si vestì con cura, indossando calze nere e reggicalze, mutandine e reggiseno a balconcino dello stesso colore, un aderente corto abito rosso molto scollato e scarpe dello stesso colore con i tacchi alti.
Ora ricordava di non essersi affatto sentita in imbarazzo nell'acquistare quegli articoli di biancheria intima: al contrario si era comportata in modo assolutamente sfacciato e il sorriso che aveva rivolto alla commessa aveva reso la giovane molto nervosa.
Si truccò con cura, si spazzolò i capelli e pensò che i bar per single erano ancora aperti e sicuramente affollati.
E comunque i vicoli del quartiere vecchio brulicavano di uomini e donne in cerca di avventure...



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