I figli, si sa, per i genitori sono tutti uguali, ma, pur non mettendo assolutamente in discussione questo incontrovertibile assioma, devo confessare che ho un debole per la mia figlia più piccola: prima di tutto è un' adorabile gattina bionda che riesce sempre a capire il mio stato d' animo, pronta a gioire con me nei momenti di felicità e comprensiva e consolatoria nei periodi bui; inoltre è la copia esatta di quando avevo la sua età ( diciotto... sic!), ed è l' unica figlia avuta dal mio secondo marito che non finirò mai di ringraziare abbastanza per avermi fatto detestare talmente il matrimonio da non avere la minima tentazione di ricaderci più. Infatti mentre il mio primo consorte era di una noia talmente mortale che perfino quando ci accoppiavamo (dire fare l' amore o, al limite, scopare nel caso specifico sarebbe veramente fuori luogo) non interrompevo comunque l' operazione che stavo facendo fino a quel momento (che so, leggere, guardare la tv...), anche perché effettivamente era proprio roba di un attimo... Con il secondo, invece, che aveva tutti i requisiti giusti, non ultimo un pisello notevolmente dimensionato e funzionante, c' era il problema di una stupefacente capacità di sbagliare i tempi di approccio, di sensibilità, insomma un vero carciofo, il cui unico merito era stato quello di trasformarmi da donna assopita reduce da un menàge catalettico in una foemina dominans quale forse ero sempre stata e mai consapevole, perchè il solo modo di ottenere qualcosa da lui sfruttando l' unica dote che aveva era quello praticamente di schiavizzarlo. Infatti quando decidevo che era il momento di soddisfare i miei appetiti in barba a tutti i casini che magari aveva combinato in precedenza, lo vessavo imponendogli dall' inizio il rito dell' obbedienza assoluta e soprattutto del silenzio e vi assicuro che, soprattutto se il vostro stipendio è l' unica fonte di sostentamento della famiglia e minacciate di metterlo a pane, acqua e di togliergli Skycalcio, si ottengono in tal senso ottimi risultati anche da un soggetto irrilevante qual' era. Poi una volta cresciuta la bambina e considerato che c' era un mondo di uomini in attesa delle mie attenzioni, lo avevo elengantemente messo alla porta ed iniziato a vivere la mia vera vita. Adesso l' unico problema, riguardo la mia piccina, era costituito da una tristezza e delusione che non avevo mai riscontrato in lei e che ultimamente vedevo sempre più spesso sul suo viso. Per farla breve, tra una parola, un omissis e uno sguardo eloquente avevo capito che era il solito problema che comporta l' avere un fidanzato che per quanto innamorato, per quanto appiccicosissimo, non dimostrava quella passione, quel trasporto che una donna, una ragazza vorrebbe dall' altro sesso, insomma la solita vecchia storia dell' imbecillagine maschile che negli ultimi tempi mi aveva spinto a considerare sempre di più le attenzioni verso le mie colleghe e pazienza se prive di quell' arnese tra l' altro quasi sempre pendulo. Pensando al fidanzato di mia figlia però ero convinta che sarebbe bastato uno "stage" di aggiornamento con me per restituirglielo assolutamente migliorato, e se mi si obietta una componente assolutamente non confacente all' amore materno in questo proposito, rispondo che la mia guida era sempre stato il grande fiorentino Niccolò Machiavelli, sul quale avevo discusso una brillante tesi di laurea illo tempore, e sulla cui raccomandazione sul fine e i relativi mezzi giustificati avevo sempre orientato le mie azioni beninteso in conformità con le leggi vigenti. Il quesito però era come fare, ma poichè evidentemente c' è un genio preposto a sorvegliare le mamme apprensive, l' occasione si manifestò per quelle combinazioni che spesso caratterizzano il lato positivo delle nostre esistenze. Un sabato, mio giorno preferito, era giunta una telefonata di mia figlia da scuola, spiegando che si sarebbe trattenuta per via di quelle beghe assembleari che ai nostri tempi erano foriere di sconvolgimenti idealistici mondiali, ma che adesso vertono solitamente sulla destinazione del viaggio scolastico o sulla liceità più o meno mascherata di cercare sull' i-phone le versioni di latino o i problemi di matematica durante i compiti in classe; chiudeva la comunicazione avvertendomi che Cristian, questo il nome del fessacchiotto, sarebbe arrivato a casa e di fare attendere lì il suo arrivo. Un mefistofelico sorrisetto mi si disegnò sul volto e diedi inizio all' operazione riconvenzionamento fidanzato. Per prima cosa mi feci la doccia e attesi che squillasse il citofono e quindi aprii senza rispondere, dopodichè nuda e bagnata andai ad aprire la porta al successivo suono. Cadendo dalle nuvole e giustificandomi col fatto che attendevo mia figlia, "non" coprendomi alla bell' è meglio andai a prendere una minuscola vestaglietta approntata strategicamente per l' occasione e feci accomodare l' imbarazzatissimo ospite sul divano. Come ogni brava padrona di casa versai da bere all' ospite con l' unica differenza che cosce, tette e altre parti corporee fuoriscivano alternativamente in bella vista a seconda di come tirassi la vestaglietta mignon. Quando mi accomodai sul divano vicino a lui, diedi un rapido sguardo al gonfiore in mezzo alle gambe evidenziato dai suoi jeans e descisi di passare all' azione anche perché non avevo tanto tempo a disposizione. Iniziai mettendogli i piedi i grembo e massaggiandogli il cazzo che voleva esplodere dalla patta, consigliai abbastanza decisamente di cominciare a baciarmi i piedi, e a passarci sopra la lingua, notai subito che la cosa lo entusiasmava e mentalmente annotai che l' avrebbe fatto anche a mia figlia procurandole quella stessa sensazione di padronanza e sicurezza che avvvertivo io in questi frangenti, nel frattempo mi liberai dell' inutile indumento e cominciai a farlo risalire lungo i polpacci e le ginocchia poi lo arrestai, mi alzai e presi a spogliarlo, prima la camicia, feci volare scarpe e calzini, con gesto deciso (mi stavo divertendo un mondo) strappai di dosso i pantaloni e, una volta liberatolo degli slip e constatata la presenza di un randello mica male, lo feci inginocchiare davanti a me allargandomi la fica con le dita e intimandogli di infilarci la lingua ed erudendolo sui vari punti da toccare. La sua agitazione mi procurava un piacere immenso ed una voglia di scoparmelo istantenea, ma la lezione doveva essere completa e mia figlia doveva avere a disposizione uno stallone perfettamente domato e consapevole di ogni operazione da effettuare, quindi, un po' a malincuore, altri 20 secondi di papille gustative e sarei venuta in un attimo, mi girai presentandogli le mie chiappe assolutamente ed obiettivamente degne di considerazione anche da parte di un diciottenne. Iniziai a far passare la lingua lungo il solco dei glutei, piano, piano mi piegavo fino a fargli raggiungere l' orifizio e a farmelo leccare ben bene, con la tenacia tipica dei giovani ci dava dentro da matto procurandomi dei brividi spinali favolosi, decisi che la lezione era stata sufficentemente proficua e che era ora di riscuotere il compenso: lo stesi per terra sempre con modi volutamente bruschi e mi infilai per tutta la lunghezza il suo cazzo nella mia lubrificatissima fica, cominciando a cavalcarlo furiosamente, prima mi abbrancò i seni poi mi piegai su di lui e gli infilai la lingua in bocca, afferrando la sua con i denti, mordendogli la labbra, insomma maltrattandolo a sufficenza per farlo esplodere dentro di me guaendo come un cucciolo, mi bastò stringere le cosce su quel pisello fiottante e sussultante per raggiungerlo pure io emettendo un rantolo animale. Ma volevo che la lezione fosse completa, il suo membro, adesso semirigido e ancora gocciolante, mi trasformava in una vera gatta in calore, cominciai a leccarlo in punta, succhiandogli l' ultimo afflato di eiaculazione, poi con la mano tiravo in giù la pelle scoperchiando completamente la cappella succhiandola e mordendola alternativamente, poi lo leccai fino ai testicoli, facendoli sparire nella mia bocca mentre lo masturbavo al limite del dolore, quando raggiunse di nuovo la durezza di un sasso gli imposi una nuova lubrificazione dell' ano che eseguì splendidamente conscio della tappa successiva, poi guidandolo destramente lo introdussi lentamente nei paradisi del mio culo. Era diventato già un vero esperto, sentivo il suo cazzo deliziare i miei centri nervosi e il suo ansimare aggiungeva ancora più piacere a quello che stavo già provando.
Suonò il citofono.
Il mio motto è di non perdersi mai d' animo, citofono voleva dire che avevo tempo per pensare, gli ordinai di rimanere attaccato a me e di non fiatare, poi, in una sequenza che sarebbe stato bello filmare, a passettini, io impalata nella sua asta, lui prigioniero della mia trappola, arrivammo al citofono:
- Mamma! dici a Cristian di scendere? -
Non ho mai saputo mentire:
- Sì,.cara, arriva subito! -
Mi misi carponi lì in corridoio, assestò la presa sui miei fianchi e cominciò a spingere come un forsennato. alla quarta ripetuta scoppiò dentro di me inondandomi di una quantità insospettabile, ma normale per un diciottenne, io ero gìà venuta mordendomi le labbra per non emettere un miagolio selvaggio.
Dopo una settimana ho rivisto mia figlia pimpante e radiosa come era prima, io ero soddisfattissima di essere stata la causa a lei ignota del suo benessere, ma avevo un cruccio: a chi raccontare una storia così bella? Ci pensai un attimo, feci un malizioso,rapido sorrisetto privato ed iniziai a comporre sulla tastiera del telefono il numero della Betty.
Donnamatura