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Racconto n° 4624
Autore: Morgause Altri racconti di Morgause
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Il segreto
Abbiamo appena finito di litigare furiosamente, i motivi sono sempre i soliti.
La verità è una sola: non abbiamo niente in comune noi due, tu appartieni a un mondo che non è il mio, un mondo oscuro, di cui non voglio sapere nulla, non ti stimo, forse ti temo, eppure ci incontriamo in segreto da ormai due anni.
Nessuno lo deve sapere, non sei un uomo che posso presentare ai miei amici.
Non solo, sono anche perfettamente cosciente che non mi permetterai mai di lasciarti.
Posto che lo volessi fare, di staccarmi da te, cosa di cui dubito fortemente, in tutta sincerità. Perché...
C'è il letto: è lì che il tuo potere diventa immenso, sai entrare in me, e non solo fisicamente, come nessuno.
Hai le mie stesse fantasie erotiche, il mio gusto di andare oltre, sempre al di là dei confini, di azzannare tutto per assaporare anche il veleno, se necessario.
Ora, il viso scarno livido di rabbia, gli occhi socchiusi a fissare un quadro, ti abbandoni sulla sedia, sfinito e io ti sto di fronte, ansimante, l'ultimo insulto è ancora nell'aria; basta, penso, non possiamo continuare così.
Ti guardo negli occhi, poi scendo alle labbra: i tuoi denti luccicano bagnati di saliva, denti forti, da carnivoro.
All'improvviso provo per te un desiderio talmente micidiale e vendicativo da farmi tremare da capo a piedi; te ne accorgi, ma non dici nulla, continui ad ansimare, con le braccia e le gambe abbandonate in una posizione di assoluta impotenza.
Allora, spinta da un impulso irrefrenabile, il terrore irrazionale di perderti, e maledicendomi sapendo che in questo modo tutto ricomincerà, mi inginocchio ai tuoi piedi e ti sbottono i pantaloni; ti sollevi istintivamente per aiutarmi e io comincio a baciarti il sesso con le labbra calde e asciutte per poi leccarti avidamente.
Come fai presto a eccitarti, rabbia e frustrazione ti aiutano di certo.
Ora il tuo respiro stranamente si calma, come in attesa.

Mi alzo in piedi tolgo gli slip sollevo la gonna e mi metto a cavalcioni sopra di te, avvicinandomi alla tua faccia, lasciandoti il tempo di guardarla avidamente, di guardare quella tenera glabra cosuccia che tu adori e che io ti porterò via per sempre, ora ne sono convinta... che gioia perversa solo il pensarlo; poi affondo su di te, ora gemi forte, inarcandoti, silenzioso, furioso, perché hai la sensazione che io ti stia divorando, lo so, riconosco quello sguardo.
Cerchi di avvicinare le mani ai miei fianchi ma:
-Non toccarmi- sibilo con voce rauca e tu:
-Avanti, fai tutto da sola, fammi vedere quanto sei brava-
Allora comincio lentamente a muovermi ondeggiando i fianchi, mentre tu cerchi di penetrarmi sempre più a fondo, in modo convulso; provo a farti rallentare, inutilmente, perché sono io a essere vicinissima al paradiso; quando sono costretta ad arrendermi al piacere, mi afferri per i capelli con una mano e mi sussurri:
- Sì, madame, così, va bene, va tutto bene - finché non vengo con un grido rauco abbattendomi sopra di te.

Allora mi fai alzare con l'ostentata gentilezza che riconosco e mi porti verso la tavola da pranzo ancora disseminata dei resti del nostro pasto per piegarmi bocconi sopra i piatti che invadono il ripiano in ordine sparso; mi accarezzi il sedere, ho un bel sedere, so quanto ti piace.
Poi mi fai allungare le braccia dietro la schiena e me le leghi con la tua cintura.
Aspettavo questa violenza che mi eccita oltremodo, so che cosa succederà
adesso; le gambe mi tremano nell'attesa, le cosce fremono: eccolo il tuo potere su di me.

Mentre affondi il viso nei miei capelli, con una mano mi premi i fianchi, con l'altra scivoli rigido e caldo prima nell'umidità del mio sesso per poi strusciarti tra le natiche; e intanto con le dita dolcemente mi stuzzichi e io ti voglio anche lì, perché mi piace da morire quando mi prendi in quel modo, ma mi costringo al silenzio, neppure un gemito, mordendomi le labbra a sangue.
-Chiedimelo, chiedimi quello che vuoi, avanti - mormori con voce di scherno, continuando a eccitarmi.
-Sì, sì, ti prego, dammelo, ti voglio - e ascolto la mia voce implorare con toni osceni, animaleschi.
Allora mi penetri con violenza, con un gemito rauco e il dolore improvviso mi fa urlare.

Mi inarco all'indietro come per spingerti fuori ma il piacere riempie improvviso il mio ventre costringendomi a piegarmi in avanti per sentirti meglio, i seni che si impiastricciano con gli avanzi del pasto mentre sui capelli, sparsi sulla tavola si rovescia un bicchiere di vino.
Tenendomi saldamente per i fianchi ti muovi sempre più in fretta, fino ad arrivare a un orgasmo violento: non ti avevo mai sentito così.
Rapidamente esci dal mio corpo mi sciogli le mani e mi fai voltare di fronte a te, la schiena appoggiata alla tavola.
Ansimando ti guardo negli occhi, so che cosa vuoi, e lo voglio anche io, umiliazione e piacere. Comincio ad accarezzarmi; allora tu inizi a parlarmi a voce bassa, chiedendomi se mi è piaciuto quello che mi hai fatto, quanto mi è piaciuto e intanto osservi attentamente i movimenti delle mie dita.
Ti rispondo, la voce che si spezza:
-Sì, sì, mi è piaciuto-
per finire a perdermi nei tuoi freddi occhi verdi .
Ora mi allontano, mi ricompongo, il respiro ancora affannato, le gambe molli; poi dirigendomi verso la doccia ti dico:
-Ora vattene e non ritornare mai più; lascia le chiavi di casa vicino al portatile-
-Che cosa?- chiedi con la tua voce bassa, affrettata, quasi un ringhio.
E io mi accorgo di aver mormorato quelle parole.
Erano per me, solo per me.


Morgause

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