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Racconto n° 4635
Autore: Nut Altri racconti di Nut
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La recensione
- Come faccio a dirle che ho un'altra? – Questo penso mentre, al volante, mi dirigo verso la casa di quella che, fino a pochi giorni fa, era la mia amante, destreggiandomi faticosamente nel traffico dell'ora di punta.
L' - altra - è una donna straordinaria, incontrata per caso ad una personale di pittura.

***

Mentre perplesso osservo le opere esposte, rintracciandovi una vaga reminiscenza di Bosch, ma senza la sua forza eversiva ed evocativa, una voce femminile giovane, dal tono musicale, dall'accento indefinibile, dal timbro sensuale, risuona alle mie spalle, esprimendo un'opinione sull'autrice dei quadri.
Non deve stupire che io, più che al significato delle parole, presti attenzione al suono di quella voce: sono un musicista dilettante e i suoni sono la mia specialità. E quella voce straordinaria mi fa accapponare la pelle.

Mi volto lentamente, alla ricerca della padrona della voce. Immaginavo una ragazza molto giovane, vedo invece dietro di me una donna fatta. E che donna! Il lampo del suo sguardo chiaro per un attimo mi colpisce e mi pare di essere colpito dal fulmine. Sulla bocca non porta rossetto, ma solo un velo lucente di gloss. Gli orecchini d'oro rifrangono la luce dei faretti del soffitto e sembrano illuminarle il viso dai tratti insieme dolci e volitivi, un viso incorniciato da capelli mossi di un biondo naturale.
Veste un abito lungo di chiffon color giallo intenso, che le fascia i fianchi e si avvolge intorno al busto con una scollatura asimmetrica molto originale, ponendo in risalto la sua linea perfetta.
Quel colore la fa sembrare un sole... penso che poche donne potrebbero permetterselo.
Accanto a lei c'è un uomo leggermente abbronzato, di aspetto fine, ma il mio sguardo scivola su di lui, attratto irresistibilmente dalla donna.

Sorrido, mentre mi avvicino al mio amico Luigi, che gestisce la galleria d'arte. Sta parlando con la pittrice, alla quale rivolgo poche parole formali di generico apprezzamento. Poco dopo riesco a prenderlo da parte: - Scusami, ma tu sai per caso chi sia quella splendida donna coll'abito giallo? –
- Ma come, Gianni – esclama meravigliato – non conosci Livia Bardi, la critica d'arte che tiene una rubrica su - Mondo ics - ? Vieni con me che te la presento. –
E' stato così che l'ho conosciuta.

***

Sono trascorsi tre giorni dalla mostra ed è bene che cominci a stendere la recensione, anche se non ne ho voglia, mentre ancora le mie impressioni sono fresche. In questo momento infatti le mie voglie sono di tutt'altro tipo... Va be', cominciamo. Mi metto al computer ed inizio a digitare.

- Le opere di P.F. testimoniano del suo tormento interiore, di un disagio esistenziale popolato di fantasmi inquietanti, di domande a cui l'autrice dà una risposta di cupo e fatalistico pessimismo. -
( Domande... quell'uomo mi fa sorgere domande, mi incuriosisce e mi attrae... che occhi profondi! Di una profondità insondabile.)

- Quegli omini che si intrecciano grottescamente, analiticamente definiti con cura maniacale, sono immersi in atmosfere aspaziali e atemporali e risentono della lezione dell'Astrattismo, ma anche e soprattutto del Surrealismo. -
(Anch'io ero immersa in quel tipo di atmosfera, come in una bolla di sapone, mentre Luigi mi diceva: - Livia, posso presentarti il mio amico Gianni? - Il suo sguardo di ammirazione mi percorreva tutta, provocandomi un brivido lungo...)

- La visione simbolica propone talora brandelli di umanità scagliati in uno spazio estraneo, come azionati da un'interna deflagrazione. -
(Un'interna deflagrazione... ecco cos'è stato per me l'incontro con quell'uomo. Mi ha messo addosso la smania. Sì, è stata come una deflagrazione dentro di me quando la sua mano ha toccato la mia e mi sono sentita tutta un fuoco... divorata dal desiderio.)

- La dissoluzione della materia testimonia un senso di morte imperante, col rispecchiamento in una materia inerte, decomposta. L'intrecciarsi convulso, disordinato di membra, le forme in dissoluzione, le creature deformi ritratte in mostruosi intrecci animaleschi esprimono l'inquietante, cupa contemplazione dell' inconscio che prescinde da qualsiasi visione salvifica dell'arte. -
(Intreccio disordinato di membra... intrecci animaleschi... questo è il mio desiderio lascivo di lui, quello che lui ha fatto nascere in me col suo sguardo, in quell'incontro... e l'inconscio lo determina.)

Basta, non riesco più a scrivere, non riesco più a lavorare, ho bisogno di rivedere quell'uomo, mi ossessiona.
Lascio la mia scrivania e decido di uscire di casa. Proprio in questo momento squilla il telefono.

***

Il rinfresco seguito all'inaugurazione della mostra mi aveva permesso di accostare la mia dea, di intrattenermi a parlare con lei di svariati argomenti, di trovare l'ardire di chiederle di rivederla. Lei aveva accondisceso, dandomi il numero del suo cellulare.
- Mi telefoni, Gianni, ci accorderemo – Oh, il mio nome pronunciato da lei!
Non stavo nella pelle per la voglia di incontrarla di nuovo, le avrei telefonato quella sera stessa, se la buona educazione non me l'avesse impedito.

Ora però sono trascorsi tre giorni e direi che si tratta di un periodo sufficientemente lungo, perciò compongo il suo numero, con un po' di batticuore.
La voce musicale mi risponde subito. E io dimentico il discorso elaborato ed elegante che mi ero preparato e capitolo verbalmente invitandola a cena finché lei non mi dice che va bene, si farà trovare alle 20 direttamente al ristorante perché prima ha un altro impegno.
Ride e io mi domando che impegno sarà e che cosa avrà da ridere, se per caso non sono io a farla ridere, ma sono contento e la ringrazio e lei mi saluta con le parole: - A domani! –

E adesso è domani e mi preparo per l'incontro. E' la terza volta che faccio il nodo della cravatta, che non mi viene come vorrei. Infine eccomi nella mia Audi, che ho fatto lavare bene per l'occasione, ed eccomi in attesa davanti al ristorante in cui ho prenotato un tavolo.
Attendo dieci minuti prima di vederla. Una Mercedes nera si accosta al marciapiede, si ferma. La portiera anteriore destra si apre, un paio di gambe ragguardevoli fanno capolino poggiando a terra su tacchi vertiginosi, poi anche il resto di Livia appare.
Veste un tailleur lilla molto elegante: sotto la giacca si intravede un top scintillante. La Mercedes riparte. Lei si guarda intorno, mi viene incontro sorridendo, mi tende la mano, io la conduco premurosamente dentro il locale.
Seduti al nostro tavolo, ci sentiamo rilassati e di buon umore, scherziamo sul menu e dopo laboriose consultazioni ordiniamo la nostra cena.

Conversiamo piacevolmente della mostra recente, di pittura, di arte. Lei mi parla di quadri, io a mia volta le parlo di musica, le dico che amo suonare il piano, l'organo, il clavicembalo, che in certe occasioni suono anche in pubblico.
Lei pare molto colpita ed esprime il desiderio di sentirmi suonare, io le rispondo che mi sento molto lusingato dalla sua richiesta e che al più presto la esaudirò.
La sua voce musicale mi affascina, me la sento risuonare nella testa.

La osservo mangiare. Sono convinto che si possano scoprire molte cose di una donna da come si comporta a tavola.
Lei non pilucca, ma mangia con gusto, mostrando di gradire il piatto. Mastica con cura, ogni tanto si interrompe per sorseggiare del vino, si passa con grazia il tovagliolo sulle labbra, mi sorride con gli occhi, riprende a mangiare. Fa tutto assaporando lentamente, si vede che ama il piacere della buona tavola. Penso che allo stesso modo sappia gustare anche altri piaceri e questo pensiero mi intriga e mi eccita molto.
Mi nasce nella testa una melodia dedicata a lei e rimango in silenzio a guardarla, dimentico di ogni altra cosa.

***

Mi sento osservata dal mio ospite. Sicuramente sta formulando un giudizio su di me,
probabilmente sta pensando che dò troppa importanza al cibo, ma questo pesce è delizioso
e lo Chardonnay è di qualità: non posso non apprezzarli!
Gli sorrido mentre mi passo il tovagliolo sulla bocca, ricordando la sua telefonata.
Mi aveva raggiunta proprio mentre stavo uscendo di casa, dopo aver deciso di rimandare la stesura della recensione, a causa sua.
Gianni sembrava leggermente imbarazzato, mi aveva proposto di uscire a cena l'indomani sera, cioè oggi, e io avevo accettato subito.
Mi aveva fatto molto piacere: in quel momento pensavo proprio a lui.
Quest'uomo mi suscita certi pensieri... non è solo affascinante, è ECCITANTE.
Anche ora sono molto eccitata. Continua a guardarmi, mi sento trapassata dai suoi occhi.
Immagino di essere guardata così da lui mentre sono nuda.

Ecco: sono seduta nuda a mangiare a questo stesso tavolo. I seni mi si sollevano nel respiro; mentre poso il bicchiere una goccia di vino cade su di un capezzolo che si erge rabbrividito e lui lo guarda leccandosi il labbro inferiore.
Socchiudo le mie labbra ma non riesco ad accostarvi la forchetta... vorrei altro.
Lui continua a guardarmi e mi riprende la voglia, una voglia divorante. Mi cade il tovagliolo.
Rimanendo seduta, allargo le gambe e mi chino sotto il tavolo a raccoglierlo.

La mia mano incontra la sua, i miei occhi incontrano i suoi. Lui si accoccola lì sotto, mi mette la sua testa fra le cosce, spalanca la bocca sul mio sesso. Lambisce, succhia, lecca a lungo, mi dà ristoro. Socchiudo gli occhi e mi rialzo, col tovagliolo in mano.
Sorseggio lentamente il vino mentre lì sotto lui sorseggia me. Chiudo del tutto gli occhi e gemo piano finché lui mi penetra con la lingua e dentro di me esplode un orgasmo potente che mi percorre tutta, stordendomi.
Stringo i denti sull'orlo del bicchiere che si spezza.
Una goccia di sangue cade dal labbro ferito sull'altro capezzolo che si arrossa inturgidito.
Godo e mi succhio il labbro sentendo il sapore dolce del sangue.
Spalanco gli occhi. Lui è seduto di fronte a me e mi guarda sorseggiare il vino nel calice intatto. Gli sorrido riscuotendomi dalla mia fantasia.

***

Questa donna mi fa girare la testa, anche se non ho bevuto molto. Quando socchiude gli occhi pare quasi che stia godendo. Sento che mi sta crescendo un'erezione solo a guardarla mangiare.
Se ora fossimo soli in questa sala ristorante so io che cosa farei. Immagino i suoi seni bellissimi, di cui intravedo il solco nella scollatura dell'abito. Tirerei giù un poco l'orlo della scollatura, in modo da liberarli e poterli toccare torcendo i capezzoli, fino a farla gridare.
Uhm, il cazzo mi ha fatto un salto a questo pensiero.

Ecco, la faccio alzare, allontano con un calcio la sedia, afferro la tovaglia con la destra e dò uno strattone. Tutte le suppellettili e il cibo sono a terra, il tavolo è sgombro.
Sgombro per lei. Le tiro giù la gonna e scalcio via anche quella. Poi prendo lei in braccio e la metto seduta sul tavolo. La accarezzo tutta, palpo tutto il suo corpo, lo impasto nelle mie mani, lo bacio, libero il mio cazzo, glielo infilo tutto in quel suo nido di piaceri pieno di profumo, la penetro e spingo fino in fondo. Lei mi avvinghia le reni con le cosce e mi dice: - Sì sì, prendimi! – e io la possiedo, due volte, tre, quattro, dieci.... Le muoio dentro, la faccio impazzire e impazzisco anch'io fino a liberarmi con fiotti caldi di orgasmo che me la fanno sentire mia.
Mi riscuoto dalla mia fantasia. Lei mi sta sorridendo.

***

Non ho voluto il dolce, ma prendiamo entrambi un caffè.
Poi usciamo e Gianni mi apre la portiera dell'auto. Mi chiede se deve portarmi subito a casa mia o se preferisco passare prima da casa sua, in modo da dargli la possibilità di esaudire subito il mio desiderio di sentirlo suonare.
Io gli rispondo che voglio esaudire subito il mio desiderio. Non gli dico quale.
Così lui mi porta a casa sua.
Ma non fa in tempo a suonare, anzi, non vedo nemmeno il pianoforte.
Ho voluto vedere subito la camera da letto, dove abbiamo dato inizio ad una straordinaria sinfonia che è giunta a compimento solo sul far del mattino.
Eccomi ora pronta per finire di scrivere quella recensione, mentre Gianni eseguirà qualche sonata di Bach, prima di uscire.

Nut

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