Io e lui e l'odore di trementina che pizzica le narici e gli occhi.
C'è un pulviscolo di luce vorticante su una lama di sole... va a colpire il parquet polveroso e si perde.
Sono in posa ormai da un'ora e comincio ad avvertire un certo indolenzimento nei muscoli delle cosce. Gli rivolgo un'occhiata supplichevole: - Sergio... -
- Un attimo ancora – fa lui mentre ritocca la tela lanciandomi rapidi sguardi.
Ora posa il pennello e si fa indietro a guardare il ritratto, confrontandolo con la modella, alternando rapide occhiate dall'uno all'altra.
La modella – inutile dirlo – sono io. Appare abbastanza soddisfatto del risultato e trae un lungo respiro.
- Lidia – dice, indicando la tela – non riuscirò mai a rendere la complessità del tuo essere, ma una parte della luce che emani è rimasta qui dentro. –
Mi alzo e muovo qualche passo per sciogliermi i muscoli, poi vado di fronte alla tela per vedere il dipinto, ma lui è rapido a ricoprire il cavalletto con un lenzuolo.
- Non ora – mi dice, deludendo le mie aspettative.
Si avvicina a braccia aperte e mi stringe a sé, avvolgendomi tutta nel suo desiderio. Affonda il viso nei miei capelli, assorbe il mio profumo, le sue labbra percorrono il mio volto sino ad incontrare le mie, si schiudono in un bacio profondo, le lingue guizzanti si scambiano respiri e saliva, lunghi brividi ci percorrono la spina dorsale, si scaricano nel turgore del sesso.
Succede sempre così quando ci tocchiamo, come la prima volta.
Ma la prima volta ero vestita e lui aveva abbozzato un ritratto del viso. Ora invece sono completamente nuda e lui fa scivolare il suo abbraccio lungo la mia schiena, i fianchi e le cosce, scivolando anche col suo corpo lungo il mio, accoccolandosi ai miei piedi, cominciando ad accarezzarmi e baciarmi dai polpacci in su, lungo l'interno delle cosce, che mi fa allargare, per fermarsi poi sul pube glabro e sulle grandi labbra.
Chiudo gli occhi, godendo la deliziosa sensazione della sua bocca sul mio corpo e sento umori
odorosi sgorgarmi dal sesso... poi la sua lingua che lambisce, morbida... le labbra si gonfiano di piacere, il clitoride si erge indurito... lui sa come farmi godere, lo inonda di saliva, lo picchietta, mi fa gemere, mi fa impazzire di voglia.
Improvvise le sue dita nella fica, mentre la lingua ancora mi tormenta il clitoride. I miei gemiti sono sempre più forti, ora, più profondi, il mio miele è sempre più copioso e provo un inarrestabile bisogno di urinare, o almeno così mi sembra.
Le sue dita, dentro di me, premono in modo deciso contro la parete vaginale, in un punto preciso che mi fa morire di piacere e tutto si traduce in un caleidoscopio di sensazioni violente di un godimento selvaggio, mentre lui beve voluttuosamente il liquido che sgorga da me, con la bocca come una ventosa, avidamente incollata al mio sesso.
Se non fossi appoggiata alla parete, credo che sverrei.
Ed ecco che lui risale lungo il mio corpo, strusciandosi, e di nuovo la sua lingua è nella mia bocca nella quale riversa i miei umori con la sua saliva e mentre fa questo, si strappa freneticamente gli abiti di dosso e si appoggia nudo al mio corpo nudo: sento la sua verga potente che mi preme sul ventre.
Le mie mani scendono ad accarezzarla, mentre allargo le cosce. Scosto con le dita le labbra gonfie della fica e faccio scivolare il suo cazzo lì, avanti e indietro, a stimolarmi viepiù il clitoride rovente, mentre lui mi accarezza il culo, introduce un dito bagnato, lo muove ritmicamente, sincronizzandosi coi miei movimenti.
Non ci baciamo più ora, siamo tutti tesi a muoverci, dondolarci, contorcerci nel nostro piacere che aumenta di secondo in secondo, che ci strappa gemiti, mugolii, grida soffocate, finché io improvvisamente divarico ancora di più le labbra e la mia fica ingoia completamente il suo cazzo fremente in un coito lungo, estasiante.
Contraggo i muscoli perineali e stringo forte dentro di me la sua verga, trattenendo il respiro, mentre guardo il mio amante negli occhi. Le sue pupille sono dilatate e lui respira piano, con la bocca socchiusa, quasi un sospiro di sfinimento il suo.
Improvvisamente espiro forte e decontraggo i muscoli, liberando il cazzo. Lui emette un lamento di piacere e me lo ruota dentro, alternando questo movimento a spinte sempre più incalzanti, che mi strappano dolci lamenti di passione.
Vengono a grappoli orgasmi continui, si incalzano l'un l'altro, mi trafiggono di piacere, percorrono la mia mente e il mio corpo ruscellandomi dentro, sfinendomi in sobbalzi voluttuosi, mentre lui mi riversa nel ventre il suo seme con getti ripetuti di passione.
Madidi di sudore, abbandonati nel delirio, ci abbracciamo e lui mi stringe forte, mi porta verso il largo divano del suo studio, su cui ci stendiamo, stremati.
Le mie dita giocano sul suo petto, disegnano circoletti attorno ai suoi capezzoli, le sue dita carezzano l'arco delle mie sopracciglia, la curva delle mie labbra e io le socchiudo e succhio l'indice e il medio di lui. Anche lui mi tocca ora un capezzolo con le dita bagnate mentre prende l'altro in bocca.
- Ti adoro quando mi fai così – gli dico, carezzandogli i capelli, stringendomi il suo capo al seno. Interrompe il suo succhio e mi guarda.
Nel suo viso dai tratti decisi gli occhi neri risplendono di mille scintille quando mi guarda. Quello sguardo entra dentro di me, sonda i recessi della mia mente, cattura le mie sensazioni, beve le mie emozioni. Quello sguardo serio esprime consapevolezza e amore.
Ora Sergio si alza e mi fa alzare prendendomi per mano e mi conduce di fronte al cavalletto.
Scopre la tela.
Rimango attonita vedendo me stessa come in uno specchio magico: un'immagine di sogno, la rappresentazione della serenità, della grazia, della sensualità, del mistero della femminilità.
Il corpo è morbidamente adagiato sul fianco sinistro sulla sabbia, in riva al mare, in una posa di dolce abbandono. Il braccio e la gamba sinistri sono allungati a contatto col terreno, mentre la gamba destra è scostata e piegata, col ginocchio flesso e la pianta del piede che poggia a terra. Quel tallone solidamente piantato al suolo simboleggia la presa di possesso della realtà, la concretezza, l'unione con la terra, caratteristica della femminilità.
Si intravede la morbida piega del pube glabro, un accenno alle labbra rosate che il pittore pare avere accarezzato col colore.
Lì lo sguardo si sofferma, catturato, ma l'immagine non risulta lussuriosa, per quanto esplicita.
Più su, lo sguardo trascorre sulla delicata curvatura dei fianchi fino ad arrivare alla pienezza dei seni su cui la luce indugia quasi in un fremito.
L'ombelico è un bocciolo in mezzo al ventre che sembra palpitare.
Le braccia, levate oltre il capo, la sinistra distesa diritta appoggiata alla rena, testimoniano quasi una tensione ideale, in apparente contraddizione con la posa della gamba destra, allusiva espressione di una complessità psicologica che il pittore ha voluto porre in rilievo.
Il braccio destro, piegato sopra la fronte e i capelli sparsi, sembra voler riparare il volto inondato di sole. Si irradia da sotto le ciglia abbassate un sorriso appena accennato, soavemente allusivo, che rimanda al morbido arco delle labbra socchiuse.
Il colore, intriso di luce dorata, accende le carni di uno sfolgorante biancore.
L'immagine è di una straordinaria sensualità, ma tuttavia appare casta, quasi verginale.
Le ginocchia mi tremano mentre con una profonda emozione capisco a fondo come lui mi vede, come mi percepisce.
Posso solo sussurrare: - Grazie, Sergio – e sento la trementina che mi pizzica gli occhi e mi fa lacrimare. Ma è la trementina?
Nut