Rossa. Aggraziata e violenta. Leggera e inesorabile. L'intreccio della pelle ad evocare ricami di sangue. L'aspettava in una custodia di velluto nero. Il librario l'aveva custodita attraverso il tempo. E ora era pronto a farne dono a colui che aveva scelto, ne avrebbe fatto buon uso. L'avrebbe consegnata nelle mani di Lei. Si le sue facoltà lo stavano abbandonando, il dono era appannato come i suoi occhi ma il libraio sapeva che Lei era già nella vita dell'uomo. Sentiva che la Signora aveva restituito la vita all'uomo, anzi. Non aveva pensato ad un uomo con un passato come suo discepolo. Ma nelle varie vite che aveva attraversato aveva imparato che niente è mai davvero come appare. Nemmeno la morte. Così, quando lo aveva visto entrare nella libreria. Lo sguardo pieno di fuoco e un sorriso ironico stampato sul volto, il librario aveva avvertito un fitta al cuore. Gli sembrava di guardarsi allo specchio. Un se stesso distante secoli lo fissava beffardo aspettando che rispondesse ad una domanda che lui non aveva sentito e che comunque non era rilevante. Il suo discepolo, quando ormai sentiva di non avere più molto tempo. La Signora lo aspettava e lui doveva andare. Ancora una volta. L'ultima. Ma prima avrebbe trasmesso il suo dono a qualcuno di degno. E quell'uomo, nel pieno della sua maturità, la cui anima elegante era possibile legger facilmente, nella misura del gesto. Quell'uomo, i cui occhi bruciavano dello stesso fuoco che ancora faceva ardere i suoi. Quell'uomo già sapeva molto e molto aveva visto e dunque avrebbe impiegato al meglio il poco tempo che gli rimaneva.
L'uomo osservava incuriosito il vecchio librario. Si rendeva conto di non avergli fatto una richiesta facile. Il vecchio incunabolo dei Rosacroce che cercava per farne dono a Lei non era esattamente un best-seller. Ma era sicuro di essere nel posto giusto. Quella bottega profumata di legno di sandalo e cuoio invecchiato lo faceva sentire a casa come solo tra le braccia di lei si sentiva. Non voleva credere di averla davvero perduta. Non intendeva arrendersi. Erano orgogliosi. Entrambi. Ma lei era la metà della sua anima e lui voleva viverle accanto e respirare il profumo della sua pelle per tutto il tempo che rimaneva loro. Il librario era la risposta. Lei amava quel vecchio signore. La sua bottega era diventata il suo rifugio. Quindi lui doveva essere in grado di aiutarlo. Certo sapeva di non essere affatto il tipo di uomo che il librario avrebbe gradito. A volte non sapeva nemmeno lui perché si ostinasse a definirsi schiavo. Per lei certamente. A lei poteva abbandonarsi totalmente e senza alcun timore. Ma solo a lei.
Il vecchio signore lo osservava con uno sguardo che sembrava allontanare da lui i decenni di cinismo i cui si ammantava per lasciarlo nudo, l'anima avvolta solo nel calore dell'amore per lei.
- La stai cercando... Ma non è qui che la troverai. Scendi pure le scale entra nella sua stanza privata e li sono certo potrai iniziare a trovare le tue risposte -
Io non cerco risposte – vecchio – io ho bisogno di lei. Ho bisogno di amarla, di accarezzare la sua pelle e di sentire le sue unghie che mi lacerano l'anima. E so, so che anche lei ha bisogno di me - .
- Scendi. Sul tavolo troverai un piccolo taccuino di cuoio cremisi. E' il suo diario. Forse leggerlo allontanerà dalla tua anima la presunzione intellettuale della conoscenza che t'impedisce di vedere autenticamente cosa è lei e cosa sei tu! -
Il libraio sorrise mentre con falcate decise l'uomo scendeva, nelle stanze private della Signora. Si quell'uomo aveva un'anima lucente e sfaccettata. Le ombre che la sporcavano servivano solo a farne risaltare ancora meglio la purezza luminosa. Avrebbe compreso il dono e ne avrebbe fatto il giusto uso. Differente dal suo ma giusto. Era tutto ciò che contava.
Tremava non credeva sarebbe accaduto. Tremava e le lacrime incontrollate gli solcavano il volto. Era seduto nella poltrona di lei. Le tracce del suo profumo aleggiavano ovunque. Il taccuino sembra sfidarlo ironicamente, come lo sguardo di lei poco prima che le sue corde lo avvolgessero e le sue lame gli segnassero la carne.
Era suo. Iniziò a leggere nel silenzio...scandito solo dalle gocce di pioggia che rigavano fitte le finestre decorate della sala.
Lei era stata spietata, crudele a tratti, di una tenerezza indifesa e offerta in altri. Era stata lei e lui aveva capito che cosa il vecchio libraio voleva dirgli. Sapeva di non poter essere lo schiavo perfetto, la riteneva un'utopia e anche quando realizzabile non faceva per lui. Ma la sentiva in modo totale e a lei apparteneva e senza di lei poteva solo sopravvivere a se stesso. Il libraio nella saggezza accumulata nei secoli gli stava chiedendo di scegliere di vivere. Doveva calpestare l'orgoglio. Non gli sarebbe nemmeno costato molto. Nei mesi trascorsi lontano da lei, dal profumo della sua pelle aveva già compreso molto. Si sarebbe offerto totalmente, senza condizioni, senza esitazioni. E poi forse avrebbe accettato il dono del libraio. Quando se ne fosse davvero sentito degno.
Mise il taccuino nella tasca interna della giacca all'altezza del cuore. Risalì le scale di slancio. Fissò un minuto il libraio negli occhi ricevendone un lieve assenso del capo in cambio e uscì. Ora sapeva dove era.
Il libraio segui l'uomo con lo sguardo finchè questi non scomparve oltre la porta della libreria e dopo lo segui con il cuore. Percepiva chiaramente il dolore, la determinazione che lo animavano. La Signora aveva scelto bene. Quell'uomo l'avrebbe servita, come lui non era riuscito a fare tante vite prima. Quell'uomo sarebbe stato capace di fare di più che adorarla, quell'uomo l'avrebbe amata e dopo finalmente sarebbe venuto per lui, il libraio, il tempo del dolce oblio.
Camminava lentamente, aspirando dal bocchino d'ebano il fumo dolce del sigarillo. Era tornata dove tutto aveva avuto inizio. Dopo tanto vagare cercando di lenire il dolore, di colmare il vuoto devastante che staccarsi da lui le aveva provocato. Era approdata lì. In quel giardino protetto da mura delicate e, inondato di luce e colori. Aspettava. Sarebbe arrivato ne era certa. Poteva sentirlo come se l'avesse avuto davanti. Aveva sbagliato. Non era stata capace di frenarsi. Lui la portava oltre se stessa ma questo non doveva, non poteva essere comunque una scusa. Era andata oltre e lui era fuggito. Spaventato più da se stesso che da lei. Aveva lasciato le indicazioni nel taccuino in cui nei lunghi mesi trascorsi da allora aveva riversato la sua rabbia, il suo dolore, la lacerante mancanza che l'assenza di lui le provocavano. Aveva consegnato il taccuino al librario. L'uomo non le aveva chiesto niente al solito. Le aveva sorriso e si era inchinato mentre lei lasciava il rifugio prezioso della sua bottega.
L'uomo era teso. Aveva indossato dopo mesi il collare che lei gli aveva dato il guinzaglio giaceva arrotolato in una delle tasche dei suoi pantaloni. Il collare gli serrava i coglioni riportandogli alla memoria le unghie di lei affondate nella sua carne. Nella tasca interna della giacca tra le pagine del taccuino c'era la lama di lei l'aveva affilata al punto da farla brillare. Le avrebbe offerto ciò che era già suo. E forse così avrebbe ricominciato a respirare, abbandonandosi a lei.
Dio la bellezza mobile di lei lo colse impreparato. Vacillò un momento mentre la guardava voltarsi verso di lui con l'energia che permeava ogni suo gesto.
Gli stava andando incontro. L'uomo era stupito. E accellerò il passo. Quando fu a pochi metri da lei cadde in ginocchio, chinando il capo, immemore di qualsiasi altro curioso abitante del giardino. E lei lo sorprese di nuovo lasciandosi cadere anche lei e allungando la mano a cercare con sicurezza totale il guinzaglio dentro la tasca dei suoi pantaloni. Quando il nastro di raso rosso tornò al suo posto, intorno al polso di lei. Lui alzò il capo per guardarla. Lacrime le rigavano le guance e le facevano brillare gli occhi. - Nella tasca...sul cuore - mormorò. La mano di lei trovo sicura la lama. Lo fece rialzare. Gli cercò il polso mettendolo a nudo e incise con decisione facendo sgorgare il sangue, quindi si chinò a berlo mentre gli porgeva a sua volta il polso. L'uomo non esitò incise il delicato intrico di vene sul polso di lei e vi si abbeverò. La donna afferrò il nastro rosso del guinzaglio e vi avvolse i due polsi uniti.
- Andiamo a casa! - gli ordinò sorridente. - Per sempre! -
Il libraio li vide arrivare in un turbine di risate. L'uomo sembra in pace come raramente gli era capitato nella sua lunga lunghissima vita di vedere qualcuno e la Signora era felice.
- Non so se siete ancora dello stesso parere. Ma se non avete cambiato idea. Sono pronto ad accettare. Questa bottega significa moltissimo per la mia Signora e per me . Cercherò di essere all'altezza del compito che mi affidate -
Il libraio annui fissando intensamente l'uomo. Quindi si sfilo l'antica chiave d'argento che portava appesa al collo con un nastro di velluto nero e la porse alla Signora. Lei sorrise al suo vecchio amico. E guardando quei due uomini così diversi eppure così simili nell'amore che lei provava per loro, cinse il collo del suo schiavo con la chiave.
- So che farai un ottimo lavoro - gli disse mentre le sue unghie accarezzavano dolcemente l'iniziale incisa sul polso di lui...
Il libraio sorrise un'ultima volta e uscì dalla bottega mentre una nebbia insolita per quel caldo mese di giugno calò a celare i contorni della sua figura che svaniva lentamente all'orizzonte.
La sua missione era compiuta. Il suo erede trovato. Ora poteva riposare. Finalmente!
Mayadesnuda