Ester impastava, col petto proteso sul piano del tavolo di cucina. Gesti lenti e misurati, cadenzati nel ritmo dei seni che parevano danzare ad ogni mossa.
Affondava le mani nella pasta, lavorandola, poi con la sinistra la bloccava contro il tavolo di legno, mentre con la destra la distendeva, piegando il polso, in una larga porzione che si arrotolava su sé stessa. Dopo, ricominciava a penetrare con le dita nell'impasto, comprimendolo con gesti energici, che imprimevano ai suoi fianchi un dondolìo continuo.
I piedi nudi ricevevano la frescura delle piastrelle del pavimento, così da compensare il fatto che era accaldata per ciò che stava facendo. Allargò un poco le gambe e in quella i muscoli dei glutei e delle cosce guizzarono.
Marco non si tenne più. Dall'inizio del lavoro era stato ad osservare, seduto in disparte su uno sgabello, la donna nuda, intenta alle sue faccende, che così superbamente si mostrava a lui.
Egli si era posto di traverso, un po' dietro di lei, così da averne una visuale prospettica di tre quarti, che poteva mutare se lui si piegava o si girava sullo sgabello.
Gradatamente si era estasiato, eccitandosi, al ballonzolare dei seni, al dimenarsi dei fianchi... ora, col guizzo dei muscoli di lei, la misura fu colma e si alzò, d'impeto, facendo cadere lo sgabello. Le fu addosso, stringendo Ester da dietro in un abbraccio che le fece sentire tra i glutei il membro eretto, mentre le mani si serravano sui seni di lei.
Ester si schermì: - Dài Marco, non ho finito... - disse voltando la testa verso di lui, ma egli non l'ascoltò e prese a sfregarsi contro il suo corpo mentre le chiudeva la bocca con un bacio.
Era tremendamente eccitante ed Ester si abbandonò senza più protestare, mentre una fitta di desiderio le saettò dai capezzoli, che lui titillava, al sesso sollecitato dalla carezza del cazzo proteso ora tra le sue cosce.
Sentirselo lì, così pieno e rigido, fu per Ester il punto decisivo. Sospiri affannosi le uscivano dal petto e strusciandosi voluttuosamente contro il corpo di Marco si girò, così da stargli davanti, poi lentamente si lasciò scivolare lungo il petto, il ventre, le cosce di lui, finché fu in ginocchio ai suoi piedi con il viso contro la sua erezione.
Allora con entrambe le mani si adoperò per privarlo il più rapidamente possibile degli indumenti che gliela nascondevano alla vista e sentì potente l'aroma del suo desiderio.
Quell'odore forte di maschio in calore le dava alla testa, era per Ester un profumo afrodisiaco che lei aspirò eccitatissima, prima di accarezzare delicatamente la trionfante virilità che le stava di fronte. Faceva scorrere le dita su e giù, senza tirare la pelle, con un tocco di farfalla, guardando rapita. Poi impresse su tutta l'asta baci leggeri, fitti come gocce di pioggia, e come vide sulla punta del glande una gocciolina splendente come una perla, con un colpo di lingua la cancellò.
Marco gemette e il suo membro ebbe una vibrazione. Anche Ester sentì uno spasmo attraversarle il ventre e un'abbondante secrezione le bagnò il sesso.
Allora fece cadere abbondante saliva sul glande. Continuava e la saliva colava lungo l'asta che lei impugnava stringendola alla base con una mano, mentre con l'altra carezzava e palpeggiava i testicoli di Marco.
Poi con la lingua morbida cominciò a leccare l'asta, dalla base in su, come si lecca un gelato, riprendendosi tutta la sua saliva e frattanto ascoltava i mugolìi di Marco, testimonianza del piacere che lei gli donava, che la eccitavano procurandole una continua lubrificazione.
Giungeva con la lingua dalla base fin sul vertice dell'asta, picchiettava con la punta il filetto del prepuzio, girava tutto attorno al glande in circolo, con dei colpetti leggeri, e poi con larghe slinguate percorreva il membro in senso inverso, fino alla base, accarezzando frattanto i testicoli, stringendoli e rilasciandoli in continuazione.
Si interruppe solo perché Marco si ritrasse, sentendosi sul punto di eiaculare. Non voleva, non ancora, voleva prolungare il piacere, la dolcissima agonia d'amore che Ester sapeva donargli.
La fece alzare in piedi, la sollevò tra le braccia, la pose a sedere sul tavolo infarinato in mezzo alla pasta e afferrandola per le caviglie, le sistemò i piedi sull'orlo, alzandole e piegandole le ginocchia, le cosce aperte, ben distanziate tra loro. In tal modo il sesso di lei era completamente esposto alla vista di Marco, che guardandolo si sentiva sempre più eccitato e spronato all'azione.
Le grandi labbra dolcemente turgide erano soffuse di rossore, mentre le piccole, leggermente aperte, gonfie e di un rosso più cupo, sporgevano lucenti di secrezioni. Il clitoride, ritto e gonfio, pareva reclamare attenzioni che Marco volentieri gli accordò.
Inginocchiato ai piedi del tavolo, col viso all'altezza di quelle meraviglie, vi affondò prima gli occhi e poi il viso, a bocca aperta aspirando il profumo di Ester e baciando con trasporto la fica che poi prese a slinguare delicatamente e con crescente eccitazione.
Lei gemeva contorcendosi e allora lui la bloccò, tenendola ferma con una forte presa sui fianchi mentre con inesorabili leccate la conduceva all'orgasmo.
Ester godeva nella sua bocca e a lui si trasmettevano i fremiti di piacere, le pulsazioni del clitoride e le contrazioni del ventre e della vagina di lei che ora stava quasi gridando in preda a una frenesia incontrollata che le faceva pronunciare parole sconnesse tra i respiri affannosi.
Marco adorava di lei questo furore erotico al quale sapeva abbandonarsi, dimentica di tutto, quasi in una perdita d'identità. Lei chiedeva, esigeva, diceva di toccarla in un certo modo, in certi punti, dichiarava che lui la faceva godere, lo incitava con parole forti e faceva l'amore come una puttana e insieme come una dea.
Talvolta accadeva che, quando il suo orgasmo era più lungo e travolgente, Ester emettesse un liquido chiaro del quale inzuppava il cuscino, se si trovavano a letto. Non era orina, anche se vi assomigliava vagamente ed era diverso anche da quelle normali perdite dovute all'eccitazione sessuale. Erano pochi spruzzi, inodori e dispensatori per Marco di una infinita soddisfazione: lui era in grado di portare la sua donna a livelli di piacere altissimi, cosa che li legava sempre più intimamente l'uno all'altra.
Anche ora accadde che Ester spruzzasse dei getti che colpirono in parte il viso di Marco, e in parte caddero sul tavolo, assorbiti dalla farina. Con le braccia tese dietro di sé, lei si puntellava al piano del tavolo e al colmo dell'orgasmo, le sue dita artigliarono l'impasto abbandonato sul quale stava parzialmente seduta. Minuscoli frammenti di pasta le rimasero infilati sotto le unghie.
Lui rise soddisfatto e riprese a succhiare la fica bagnata e palpitante, mentre le palpeggiava i seni, e la carezzò a lungo, baciandola ovunque finché lei si calmò un poco, diradando le scosse che la scuotevano.
Allora si alzò e ora al livello dell'orlo del tavolo c'era il suo cazzo, eretto, rigido e gonfio di voglia, che puntava sicuro verso l'intimità di Ester.
Entrò scivolando dentro, come risucchiato da lei che subito strinse i muscoli vaginali, serrandolo in una morsa. Stavano così immobili, guardandosi negli occhi, persi in un godimento infinito. Lei sentiva la fica aderire completamente al cazzo, totalmente riempita da esso, lui lo sentiva imprigionato fra le strette pareti di carne che premendolo, aumentavano il suo piacere, facendolo ingrossare e fremere sempre di più.
Poi Ester lo rilasciò con un sospiro di beatitudine e allora Marco si ritrasse un poco, ma senza sfilarlo del tutto, le alzò le gambe, se le mise sulle spalle, poi con un affondo spietato la penetrò profondamente, strappandole un grido.
La pompava con foga, scuotendola tutta, facendola gemere, mentre la teneva saldamente per i fianchi. Lei lo abbracciava, serrando le mani sui glutei di lui, tirandolo verso di sé ad ogni colpo, quasi volesse essere penetrata fino a fare uscire il cazzo dall'altra parte. Sentiva che stava per godere di nuovo, le contrazioni le squassavano il ventre, erano così violente che cominciò a gridare.
Marco temette di averle causato dolore e si fermò. Ora con molta dolcezza la carezzava nell'intimo, mentre pronunciava parole d'amore, disegnò degli 8 col glande nella fica di lei, poi lo ruotò dentro, toccando quel punto dove più profondo si annida il piacere, e prese a premerlo e a picchiettarlo col glande, scaraventando Ester in una varietà di sensazioni altalenanti, che andavano da un profondo rilassamento ad un coinvolgente piacere a causa dell'intimo, completo abbandono di tutto il suo corpo, anzi, di tutto il suo essere, all'orgasmo che di nuovo la invadeva causandole una profonda emozione.
Dagli occhi di Ester, travolta nel profondo dell'anima, scesero lacrime mentre godeva e abbracciava il suo uomo. Egli la guardava, rapito e quasi timoroso, godeva anch'egli di riflesso l'orgasmo di lei, vedeva, incarnato e rappresentato in lei, come svelato, il mistero dell'erotismo femminile, anzi, il mistero della femminilità stessa.
Poi Ester mise giù le gambe dal tavolo e si alzò in piedi. Una nuvola di farina sfarfallò con lei, posandosi a terra. Ora lei desiderava solo ricambiare Marco, restituirgli tutto il piacere, tutto l'amore che lui le aveva donato, sentirlo vibrare dentro di sé nuovamente, ma in un modo diverso.
Vide lo sgabello rovesciato, lo pose di fronte al tavolo e vi fece sedere di nuovo Marco. Curvatasi su di lui, cominciò a baciarlo, prima sulla bocca e sul collo, poi sul petto. Prendeva in bocca i capezzoli di lui e li ciucciava dolcemente, alternativamente, finché non li sentì indurirsi e rizzarsi sotto i suoi baci e i suoi morsi delicati. Marco gemeva con gli occhi chiusi, le mani protese sui seni di lei e sentiva mille brividi voluttuosi percorrergli il corpo dai capezzoli al cazzo pulsante.
Ester allora scese giù con la bocca sul ventre, la lingua lo percorse creando una scia di saliva come una chiocciola che lentamente strisci, lasciando un nastro di bava argentata, si acquattò nella cavità invitante dell'ombelico, leccandolo: nel frattempo le sue mani cercavano il cazzo, lo trovarono, lo strinsero.
Ester lo guardò e rise: era bianco di farina e cosparso di minuscoli frammenti di pasta che dalle sue mani si erano attaccati ad esso.
- Occorre dare una ripulita a questo porcellino – Disse e cominciando dal glande, lentamente lo prese tra le labbra e lo aspirò nella bocca. Continuava a produrre saliva, gli avvolgeva la lingua intorno, lo leccava, poi si dedicò all'intero membro, giungendo a leccarlo fino in fondo, proseguì sullo scroto, senza fare caso ad un paio di peli che le si infilarono tra i denti, risucchiò nella bocca un testicolo, massaggiandolo con la lingua, poi fece la stessa cosa con l'altro, andò avanti a slinguare il perineo, il buco, tornò indietro ripetendo i gesti di prima all'inverso.
Marco all'inizio l'aveva guardata, eccitatissimo nel vederla dedicarsi così a lui ma poi, mano a mano che Ester proseguiva nel suo viaggio erotico sul suo corpo, si era sentito quasi venir meno per l'intenso piacere che provava. Ora, ad occhi chiusi, la testa all'indietro, gemeva come una femmina, emettendo respiri affannosi, finché cominciò ad uscirgli dalla bocca un mugolìo, quasi un rantolo che si trasformò in un grido nel momento in cui Ester iniziò a succhiarlo con forza, invitandolo a godere nella sua bocca.
Non aspettava altro. Di colpo si sentì svuotato e schizzò nella bocca di Ester che beveva, inebriandosi, mentre gli carezzava le cosce scosse da un tremito.
Quando le parve che lui avesse terminato gli spruzzi, Ester si sfilò il cazzo dalle labbra e baciò Marco, insinuandogli la lingua in bocca.
Fu questo gesto di lei, di sconvolgente intimità, a provocare in Marco un ultimo impeto di passione, un getto di sperma che stavolta schizzò sul tavolo, su di un mucchietto di pasta che si era separato dalla massa quando Ester vi si era seduta sopra.
Dopo una doccia corroborante e molti baci, restava ancora da occuparsi dell'impasto abbandonato.
Di quel mucchietto di pasta su cui era caduto l'inaspettato getto di Marco, Ester fece un panetto, mettendolo a lievitare a parte, mentre lui scriveva su un bigliettino: - PANIS EROTICUS – Lo infilò poi su uno stuzzicadenti, a mo' di bandierina issata sulla pasta.
Dopo, ridendo e tenendosi per mano, si diressero al letto.
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