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Racconto n° 4690
Autore: silverdawn Altri racconti di silverdawn
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Mai più nulla
Non avrei mai immaginato di poter vedere un ippopotamo rosa col tutù che viaggia su uno di quei cosi con una ruota sola che usano gli acrobati del circo... e, invece, è lì, due metri avanti al muso della mia macchina da qualche chilometro... forse sono troppo stanco, solo troppo stanco; ho voglia di dormire, mi si chiudono gli occhi.
Ma chi me l'ha fatto fare, di saltare in macchina e correre a casa? Potevo fermarmi a Milano... c'era anche la camera già pagata!
Invece no, vai, mi son detto, portatelo a casa, dormici insieme... a questo ricordo.
Un autogrill, mi fermo, prendo un caffè... un caffè ad ogni autogrill e tanto non mi toglie il sonno... la freccia, la corsia, il piazzale... un grande piazzale, tanto grande che son riuscito a passare sopra alla aiuola senza rendermene conto, senza vederla... dentro son tutti gentili, mi danno il caffè, lo bevo e scappo verso casa come se avessi qualcosa di deperibile da portarci... son due notti che non dormo!
Che pazzia! Venire fino a Milano solo per vederti! Non che sia un lungo viaggio ma con quale criterio ci son venuto? Son partito alle tre di notte che non avevo di meglio da fare... per far tardi, mi son fatto tutta l'autostrada a settanta, ottanta all'ora... non avrei potuto dormire. Alla stazione di Porta Garibaldi, in fondo alla banchina dove arrivava il tuo treno, ho creduto fino all'ultimo di non vederti mai... invece, in fondo alla piccola folla del sedici di agosto, t'ho vista! Avvolta d'un nero vestito, funereo, triste... coi tuoi capelli corti e gli occhialoni neri... funerea! Perché? Perché funerea, perché triste, cos'hai da rinfacciarmi?
T'abbraccio e soppeso il tuo gelo, come se solo io avessi voluto vederti, come se tu mi facessi un regalo! Non importa, l'importante è che siamo qui, il resto non conta, lo conteremo poi.
Fuori, sotto il sole, salire in macchina, come tante altre volte, e partire... mi racconti, mi racconti delle tue cose, prima più quotidiane, poi sempre più intime; mi racconti di lui che ti ama, della sua casa, della sua vita... lui che ha vent'anni più di te, lui che ha sempre avuto amanti più vecchie di lui, lui che, forse, è stato l'amante di tua madre... ed ora, questa ragazzina, così giovane, così fresca !
Cosa ti posso contrapporre, io? Io che non ho nulla da rinfacciarti, come posso raccontarti di lei, di lei che è stata così passeggera, così poco significativa? L'ho avuta vergine, sì, come vergine ho avuto anche te... e non avrei potuto lasciarla vergine... dovevo farlo, l'avrebbe fatto un altro e sarebbe stato, forse, anche peggio! L'ho fatto io, ora lei si sentirà più libera, quando qualcuno glielo chiederà! Non ho rimorsi, né per te, né per lei... non ho nulla di cui rinfacciarti, son solo felice di essere qui! Sotto questi platani immensi, circondato dal nulla di Milano in ferie, mi sento impedito... tutti quei baci che vorrei darti, tutto quell'ardore che c'è in me, tutta la mia voglia di rifare l'amore con te è come archiviata dal tuo aspetto funereo... ti rubo un bacio, nello slancio storpio di chiuderti la bocca mentre parli di lui... quel sentire la tua lingua scavarmi di dentro, mi permette di resuscitare.
Poi continui, mi racconti di quello che si chiama Matteo, come me... di quell'altro che fa il giornalista e tira di coca ma non importa, ormai ho sentito il sapore della tua saliva... ti bacio ancora, rispondi, rispondi bene.
Non ci sono tutti gli altri, non sono qui con noi e non li temo; mi racconti di come ti scopa, di quanto è bravo, di quanto ti ama... ma non mi importa; ora, lui non c'è!
T'infilo dentro l'androne d'un palazzo, due piani di scale, l'albergo aperto; prendiamo una stanza, per tutto il giorno, per tutta la notte.
Ti spoglio piano, lentamente, mentre ancora racconti di tutti i tuoi amanti, di come ti scopano e ti bramano... ed io ti spoglio!
Affondo la faccia nel tuo sesso e ti sento, ti sento solo abbandonarti alla mia lingua; tu continui a cercare di raccontarmi di tutti loro ed io sento solo il tuo abbandonarti, il tuo sorriso.
Finalmente da solo con te! Raccolgo attorno tutti i tuoi sospiri, fino a quello più lungo e voluttuoso, fino all'orgasmo!
Chissà perché, io son convinto che tu, lì, non mi abbia mai mentito; che tutte le volte, ma proprio tutte, sia stato davvero. Salgo dal ventre, vengo alla tua bocca, ti bacio e nel frattempo, affondo il mio sesso come tante altre volte, ma oggi è diverso! Anche per te! Lo leggo nei tuoi occhi chiusi, lo suggo dalla tua lingua, dal fremere stesso del tuo sesso trafitto. Non parli più di loro, ti crogioli tranquilla in questa mia eruzione e poi t'abbandoni come al solito, tra le mie braccia.
Dopo, dopo giorni interminabili di assoluto silenzio, mi parli ancora, non più di lui!
Nel pomeriggio, dopo infinite ore, dopo infiniti orgasmi, siamo ancora dentro Milano, dentro la sua noia ferragostiana, che non ci tange, che non ci può tangere, che non ci può ferire. Ore dopo, con un accenno di vaga malinconia, ti riporto davanti casa; sarà l'ultima volta che ti riporto a casa, senza capire perché debba proprio essere l'ultima.
Poi questa corsa assurda, questa corsa che, dopo due notti che non dormo affatto, mi permette solo di riportarti a casa, a casa con me, nei miei ricordi, nei miei pensieri... e tu, domani, sarai di nuovo sua, senza che io possa dirti mai più nulla!

morciano di romagna 04 agosto 1994 lucabalducci

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