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Racconto n° 4693
Autore: silverdawn Altri racconti di silverdawn
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L'infinito, all'improvviso
Pozzallo, ma tu non lo sai, non devi sapere. Come son riuscito a farti venir qui non lo so, non me lo chiedo. Dopo nemmeno tanto tempo, in fondo. Son stato bravo? No, non credo... suppongo d'averti amata già in qualche angolo dell'universo, ritrovandoti qui, casualmente, appesa ad un grappolo di parole come una vespa sull'uva. Ci siamo solo riconosciuti, poche battute sul forum, qualche timido messaggio; poi l'esigenza di mangiarsi, nutrirsi di parole e pensieri, reciproco mangiarsi. Una fame che non passa, non m'abbandona, non ti lascia. Fortuna che le chat aiutano, aiutano tanto; ti mando una cosa, mi mandi una foto, ti mando un saluto, mi mandi il tuo telefono... frenesia elettrica scossa profonda, necessità. Lontanissimi, non lontani; appiccicati, non vicini. Solo questo ha potuto portarci qui, lontano da tutto, da tutti. E non ho timore, verrai, son qui che aspetto ma solo perché so che verrai. Aeroporto di Catania, una follia come tante... in gennaio una follia più strana ma non troppo... come un allegro musicale. Buttata lì, quasi per gioco, accettata subito, fissato il programma di cui tu non sai nulla e non devi sapere. Ed ecco che sbuchi dalla porta, un sorriso radioso, un piccolo trolley, gli occhi affogati nei miei, in estasi. Potevi esser chiunque, non sarei fuggito mai, ma così... se prima ero già convinto, l'effetto è sublime... solo ora so perché t'ho voluta qui, perché solo qui saprai cosa provo, ma questo domattina, all'alba, non ora. Neppure il tuo svettare quasi dieci centimetri oltre me mi mette in imbarazzo, lo sai. Non è normale ma mi pare d'averti sempre avuta fra le braccia, conosco il tuo corpo, conosco la tua pelle e non l'ho vista mai. Prendiamo una macchina a nolo e fuggiamo via... fra qualche ora dovrò riconsegnare l'auto e Te... pazienza. Per ora ho una meta, il resto accadrà solo dopo, quando tutto sarà ricordo. Non ti dico nulla, ci aspetta una lunga cavalcata in Sicilia ma tu non devi sapere, non devi capire. Non resisto, non posso... m'inchiodo in un angolino, spengo pure il motore, e mi volto. Non resisti, non puoi... hai capito cosa imploro da te, di cosa ho già fame. Mi travolgi d'un bacio inatteso, gioioso, fremente e interminabile. La prima volta che ti bacio, ma non è un bacio nuovo: milioni di baci ci siamo già dati, milioni di volte abbiamo fatto l'amore e in quel bacio c'è tutta la certezza soltanto dell'esserci ritrovati. Come abbiamo potuto restare assenti per tanto tempo? Come abbiamo fatto a non cercarci prima? Non importa, ora ho una meta. Scorre, la Sicilia sotto di noi, scorre fino a sera attraverso la voglia che sale, la voglia che freno. Finalmente un paesino che non sai, che non conosci, ci accoglie al buio, con fioche luci di lampioni e di insegne. Alberguccio modesto, cornice straziante di questa storia. L'ho voluto così, modesto, anonimo e forse squallido, per contrasto, io ho una meta. C'è un po' di tempo ancora, prima di cena... una doccia, una coccola, mille baci nudi sul letto. Solo per conoscerti, non ora, non ancora. Devo far montare il mio desiderio fino a farmi male, devo far arrivare il tuo dove non è mai stato. Non capisci, sei quasi delusa, sorridi ma non capisci. Ti faccio rivestire, poco... troppo poco. Niente biancheria, nemmeno io, ma... rivestiti. Scendiamo a cena, mangiamo poco tormentando le mani, gli occhi e le parole; così tanto non abbiamo mai parlato. Dieci minuti fa eri nuda fra le mie braccia e non ho toccato nemmeno i tuoi seni. Ora siamo qui vorrei spalancarti e urlarti d'amore, travolgerti sul tavolo in mezzo alla folla che non sa e, ne son certo, mi imploreresti di farlo perfino con più foga... lo leggo e lo sento. Sento crescere tutto di te al solo sfiorati il dorso della mano. Ultimo sorso di vino, incrociando i bicchieri e gli sguardi che non hanno più un'espressione presentabile. Corriamo, scappiamo via, chiudiamo tutto il mondo fuori d'una porticina di camera d'albergo. Non c'è più tempo, c'è solo esigenza... sei già nuda sul letto, non riesco nemmeno a spogliarmi: mi tuffo a baciare la tua avida bocca, mi prendo possesso dei tuoi seni mentre cerchi di togliermi la giacca, mi prendo possesso delle tue chiappe mentre sfili la camicia dall'alto, nel tripudio dei tuoi sorrisi. Cosa pensavi? Che non ne avessi voglia? No, era solo per arrivare al limite, al parossismo. Qui. Oltre. Finalmente nuovamente nudi, ti abbandoni alle mie carezze, ai miei baci, non ti lascio spazio, faccio io, tu ascolta... dopo, forse, ti lascerò amarmi, ora ho da fare, son impegnato. Mi nutro di tutta la tua pelle, dei tuoi sospiri e dei tuoi canti. Con calma ho raggiunto i seni, sono sceso anche da loro, ho trovato l'ombelico, ho cercato il pube, l'inguine, le cosce. Ho finto di non vedere cosa c'è in mezzo, lasciandola orfana delle mie attenzioni... ma son tornato, l'ho trovata, l'ho spalancata, l'ho assaggiata, l'ho trovata divina, come ogni cosa di te. Stremata t'ho spostata, di peso, coccolata, risvegliata, ribaciata come sapevo d'aver fatto per millenni. Poi mi son lasciato amare. Non molto, a dir il vero, soltanto un poco ma tanto tu lo sai... non son capace. Non siamo riusciti a dormire neppure un minuto. Una notte che è scivolata via con una lentezza solenne nel canto dei tuoi sussulti, nel vorticare della mia lingua, nell'abbandonarsi ancestrale. All'alba ti lavo a lungo, inebetito dal tuo profumo e, forse dal sonno. Speri che continui ad amarti anche dopo il bagno ma ti costringo a vestirti, sempre senza biancheria, senza slip, senza reggiseno e ti spingo fuori dalla camera, fuori dall'albergo, dentro la macchina. Mi chiedi dove andiamo a quell'ora del mattino, senza mutande ma non ti rispondo. Percorro una stradina di paese, sorrido e non parlo, volto a destra e capisci. Fermo, davanti ai tuoi occhi, il sole nasce dal mare in un insieme di colori travolgenti, strazianti.
L'infinito, all'improvviso. Lo stesso effetto che hai fatto tu a me, alla prima parola che ho letto di te.

(dedicata)

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