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Racconto n° 4782
Autore: Penelope Altri racconti di Penelope
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Legate dal desiderio
Ho cercato mille volte di trovare il senso.
Guardavo foto fatte da altri e cercavo di sentire che cosa provassero.
Corde sulla pelle, nodi stretti che lasciano bassorilievi su un corpo, spesso vestito.
Anzi. Se è vestito sembra ancora più erotico, più trasgressivo, più violento.

Seduta sullo sgabellino, sfioro lei che mi sta davanti sulla sedia di bambù.
La schiena appoggiata comodamente e il vestito disegnato da corde di cotone colore della sabbia.
Le gambe impudicamente bloccate sui lati della sedia.
L'ho tormentata scherzando mentre lui le danzava intorno annodando.
Ora lei è compiuta, di una bellezza immobile e forte.
Ci sorridiamo e lascia fare alle mie dita quello che anche da slegata permette.
Come pure la mia lingua percorre senza intoppi strade che già sono note.

Ma così sa di potere e di sangue.
Di premura e dispetto assieme.
La stessa pelle, le stesse dita, la stessa bocca eppure c'è un rimbombo diverso.
E in tutta la stanza si sente che cresce.
Come crescono dentro di me tutti quei desideri ammalianti.
Si staccano e son disegnati sui muri della stanza.
Voglie forti che hanno una vita propria.

Mi chiedo se lui percepisca.
Sembra immune in disparte, mi spiega che non ci lascia sole per una sorta di sicurezza.
Qualsiasi cosa succeda lui sarà lì.
Angelo distrattamente asessuato a vegliare sul corpo che lui ha legato.
Un codice d'onore da guerriero perfetto.
Ciecamente mi fido di lui.

Quella voglia sul muro davanti che mi suggerisce di ottenere quello che lui ritiene pericoloso.
Che mi perseguita dall'unica volta in cui delle corde si sono appoggiate su di me. O io su di loro.
Le mie dita tra la carne e il lembo dell'autoreggente quando lei si gira e si vendica, chiedendo che anch'io sia legata.

E lui le da soddisfazione.
Maliziosa mi fa togliere il vestito per rivincita, con quegli occhi dispettosi e furbi che spesso sfodera.
Con armonia e creatività lui inizia di nuovo a disegnare labirinti di corde.
E mi blocca lì, dove prima io tormentavo lei, perché possa essere tormentata dalla mia voglia non potendo più toccare ciò che mi sta a poca distanza dalle labbra.
Le mani sulla schiena ed ancora riesco a strusciare lembi della mia pelle con la sua.
Finché non ritiene completa la sua opera.
E io magnificamente legata. Ad un soffio da lei e a lei collegata con una corda che disegna le mie caviglie e si fissa sulla sedia.
Immobile.

L'ho stuzzicato con sciocchi commenti. Muovendomi disobbediente, pur cercando in tutti i modi di agevolare le corde e una presa stretta.
Sperando lucidamente che sentisse quanto è grande quel desiderio.
Sono certa che l'abbia capito, perché gliel'ho detto.
Sono certa che abbia deciso di accondiscendere alla mia richiesta, perché per dispetto mi abbassa una spallina della sottoveste.
E lui queste cose non le fa mai.
Mantiene una freddezza e un distacco nelle dimostrazioni, perché è solo lì per raccontare una prospettiva diversa.
Non è lì per sedurre, non gli interessa.
Probabilmente mi ritiene così accecata dalla mia voglia che valuta la possibilità di farmi prendere uno spavento.
E rientrare nei limiti di una sicurezza che lui sostiene da sempre.

Voglio essere legata al collo.
Voglio quella sensazione che rasenta l'immensità e ti nutre di un potere infinito.
Lei lo sa e mi ha supplicato più volte di evitare l'esperienza. Ma ora lei è presente.. e lui con lei.
E questo è il momento adatto, me lo sussurra la mia voglia dalla parete di fronte a me.
Allunga la mano e stringe forte sul mio collo.
Lo conosco questo gesto e non è quello che voglio.
Voglio di più, nonostante l'eccitazione stia già salendo dalla pianta dei piedi.
Nonostante il corpo immobilizzato vibri già di quel che diventerà smania angosciante di essere presa.

Molla la presa e mi da dettagli su come deve usare le mani chi lo fa.
Scientifico e simpatico, come sempre.
Me lo ripete di nuovo. Lo prova poi su di lei.
Due donne legate si guardano negli occhi con il desiderio che monta vedendosi riflesso nelle pupille dell'altra.
La voce gentile di lui racconta quanto sia pericoloso il controllo del respiro.
La voce dice che non è da fare se non con estrema cautela.
La stessa voce che proviene da un corpo che ha oltrepassato lei, si è messo al mio fianco e improvvisamente allunga un braccio.
Stringe, l'avambraccio mi preme la gola.
E' forte tutto il corpo e non capisco come, mi sento un calore che esplode da dentro che riempie la testa.
Un tremore diverso.

Ritorna dentro l'aria e sento che mi stringe la spalle.
Mi sostiene son certa. Ma non ne capisco il perché.
E la voce ricomincia gentile a spiegarmi che sarei caduta ferendomi se non mi avesse sorretto.
Forse quella che vedo dentro di lei assieme all'eccitazione è un poca di paura.
L'emozione è strana e ripeto, e ripeto a convincerla, che ora ho provato, che la mia curiosità è soddisfatta.

Ma stavolta è lui che rilancia, o forse sta solo seguendo il disegno di un'altra voglia.
E slega lei con estrema dolcezza, tenendo bene le mani lontane dal suo corpo.
Spiega poi che se c'è una relazione tra chi lega e chi è legato le mani si possono usare in maniera diversa e con diverse distanze dalla pelle.
Lei è libera dalle corde. Eppure ancora inchiodata alla sedia.
A me ha slegato le caviglie e le gambe. Lei mi guarda e mi chiede se ho freddo.
Lui spiega che non avrò freddo finché indosserò le corde.
E io non posso che capire quanto lui abbia ragione.
Usa la corda sui capelli ed è incredibile come diventi una parte di me.
Nodo su nodo come una perfetta acconciatura.

Mi alzo per vedere allo specchio quanto sia meravigliosa la scultura che ha fatto, quanto i nodi che ho ancora sulla schiena siano equilibrati e armoniosi.
Continua a slegarmi e dico che sono così belli da non essere suoi.
Intendo che sembrano sovrumani.
Ma non ho il tempo per spiegare e usa questa affermazione come pretesto per mettermi un fazzoletto al collo e legarlo al bracciale di corda che mi ha creato sul polso.
Ho il braccio sulla schiena, collegato al mio collo seduta sullo sgabello.
Intravedo lei, elettrizzata di eccitazione quanto me.

Mi si avvicina e prende il capo di corda che pende dai capelli.
Lo tira in alto, si abbassa e avvicina il suo viso al mio.
Pochi centimetri tra i miei occhi e i suoi.
Hanno una vita diversa i suoi ora e forse anche i miei.
L'aria mi entra sottile attraverso il fazzoletto. La sento come morbida.

Mi dice lentamente che ora non sono solo legata.
Ma posso anche essere costretta a fare ciò che vuole.

Sposta la testa ed il suo corpo è diritto di fronte a me.
Vicino a me.
E io appesa alla sua mano che tende la corda attaccata ai capelli.
E la bocca aperta e la gola tesa, un braccio bloccato e son seduta.
Ma è come se fossi appoggiata alla corda che tende e non al pavimento.
Non resisterei un momento di più.
Molla la presa, mi giro dandogli le spalle.
Non voglio che veda che è alla voglia ciò a cui non sarei resistita.


Dedicato...






Penelope

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