Giorgio non poteva credere ai propri occhi. Appoggiato all'imbracatura, sulla cima di quell'albero, con in mano una sega elettrica, non poteva certo permettersi distrazioni di quel genere, ma...semplicemente non poteva distogliere lo sguardo dalla scena che si svolgeva parecchi metri sotto di lui.
Beatrice si stava girando e rigirando sul letto già da un po'. Faceva molto caldo e nonostante il temporale di due sere prima e la finestra spalancata e ombreggiata dagli alti alberi del parco l'aria nella stanza era bollente e opprimente. L'unico rumore che rompeva la quiete della calura era il rumore di una sega elettrica lì vicino. Giorgio e Luigi erano al lavoro...ma come facevano con quell'afa?
Il fresco del bagno mattutino su nella piscina della villa era solo un vago ricordo, e lei cercava sollievo in un sonno che però tardava a venire.
Si era tolta anche la camiciola che di solito usava per dormire, e perfino le mutandine, ma anche così le sembrava che il caldo le si appiccicasse addosso come una seconda pelle.
Il pensiero della pelle le fece venire in mente quella di Giorgio, lucida di sudore e abbronzata. Il sole cocente che la faceva brillare mettendo in risalto i suoi muscoli che si muovevano al di sotto, mentre lui lavorava. Le sue mani forti erano in grado di sollevare pesi enormi e allo stesso tempo di manipolare con cura e grazia i virgulti più delicati.
Si girò a pancia in su, e inconsapevolmente una mano si posò sul seno. Distrattamente, seguendo un'onda di pensieri che si facevano via via sempre meno casti, prese ad accarezzarsi il capezzolo. L'altra mano si era portata tra le gambe, e quasi svogliatamente sfiorava le labbra e il clitoride, scostando le prime, massaggiando il secondo.
Già quella mattina il suo autocontrollo era stato messo a dura prova. Stava prendendosi cura delle rose in cima al piccolo terrazzamento sopra la piscina, che avevano i pidocchi, quando aveva visto arrivare Beatrice con indosso uno striminzito costume a triangolo rosso. Colore che esaltava la sua carnagione dorata e i suoi meravigliosi capelli corvini, e forma che non lasciava nulla all'immaginazione del suo corpo tornito.
La donna aveva steso il telo a bordo piscina e si era subito tuffata, dando qualche vigorosa bracciata. Poi quando era uscita, aveva preso a pettinarsi fino a far scintillare al. sole quella massa nera. nella quale Giorgio desiderava da sempre affondare le mani e il naso.
Infine, guardandosi intorno e non vedendo nessuno (Giorgio si trovava controsole, celato dalle rose che rendevano faticoso vederlo ma non gli impedivano di guardare) si era portata le mani dietro la schiena e aveva slacciato la parte superiore del bikini, sfilandoselo per prendere il sole senza segni.
Giorgio aveva trattenuto il fiato, e dai suoi pantaloncini era arrivato forte e chiaro il segnale che tutto era sveglio e all'erta, e apprezzava la vista. Non osava muoversi per non rivelarsi, un po' per imbarazzo, un po' per il timore che se avesse saputo di non essere più da sola Beatrice si sarebbe rimessa immediatamente il top del costume, privandolo di quella vista meravigliosa. Le sue mani bruciavano dal desiderio di mettersi a coppa intorno ai seni sodi di quella che per lui era la donna più bella del paese. Quella che, in tanti anni, non aveva mai osato avvicinare se non per scambiare qualche convenevole.
Solo quando si era alzata per tornare a casa Giorgio era riuscito a riprendere il lavoro.
E ora quella stessa donna era lì, in quella che doveva essere la sua stanza, distesa sul letto e meravigliosamente nuda...non solo, ma si stava anche toccando il seno e tra le gambe!
Di nuovo il suo membro prese a crescere nei pantaloncini, e Giorgio ringraziò mentalmente il violento temporale che due sere prima aveva spezzato quasi del tutto un ramo di uno degli alberi di fronte alla casetta del custode, costringendolo a salire per tagliarlo prima che cascasse in testa a qualcuno.
La mente di Beatrice galoppava persa in fantasie quasi senza forma, in cui mani maschili la toccavano dappertutto, insinuandosi nelle sue più intime pieghe, e bocche maschili le succhiavano i seni e il clitoride.
Stringendosi un capezzolo tra il pollice e l'indice, lo tirava, lo strizzava, lo sfregava, mentre le dita dell'altra mano si muovevano sempre più frenetiche sulla vulva: il pollice sfregava insistentemente il clitoride, l'indice e il mignolo tenevano dischiuse le labbra per permettere al medio e all'anulare di affondare ritmicamente nella vagina.
Le gambe divaricate, la testa rovesciata all'indietro, Beatrice si abbandonò gemendo all'orgasmo. Passati gli spasmi che l'avevano fatta sussultare, continuò ancora per qualche attimo a carezzarsi pigramente, e infine spostò le mani dal proprio corpo e pian piano scivolò nel sonno.
Giorgio era quasi venuto nei pantaloncini. Senza nemmeno toccarsi. L'immagine di Beatrice persa nell'orgasmo gli era rimasta impressa nella retina, forse per sempre.
Adesso la donna era addormentata, girata su un fianco, dandogli la schiena. Le curve del suo corpo lo facevano impazzire. La spalla declinava dolcemente nella vita stretta, e poi la linea risaliva lungo il fianco tornito per poi ridiscendere e perdersi nella coscia e nel polpaccio. I globi chiari e tondi del suo sedere sembravano ammiccare, e su tutto scivolavano come una coperta ciocche dei meravigliosi capelli corvini.
L'uomo cercava di concentrarsi sul lavoro, ma lo sguardo finiva sempre per posarsi sulla figura addormentata sul letto.
Quando finalmente il ramo pericolante si staccò con uno schianto e cadde a terra, Beatrice si scosse ma non si svegliò. Si girò un paio di volte per finire supina, con le gambe leggermente divaricate.
Giorgio continuava a guardarla, così vicina eppure così irraggiungibile, e il suo desiderio crebbe a dismisura. Se non fosse stato in stato di eccitazione tutto il giorno probabilmente non avrebbe osato fare quello che fece.
Proprio sotto la finestra di Beatrice c'era la tettoia del garage, e uno dei rami sotto di lui si allungava fino a lì. Giorgio lo raggiunse e dopo essersi tolto l'imbracatura lo percorse e si lasciò cadere sulla tettoia.
Da lì arrampicarsi sul davanzale della finestra era un gioco da ragazzi. Restò lì appollaiato per lunghi minuti, combattuto tra il desiderio e la sensazione di stare facendo qualcosa di non proprio corretto. Ma...ma doveva sfiorarla, almeno una volta, sentire nelle narici il profumo dei suoi capelli e del suo corpo. O sarebbe scoppiato. Tirò fuori il fazzoletto e si ripulì accuratamente le mani dalla polvere e dalla segatura.
Con cautela posò i piedi sul pavimento e si avvicinò al letto, dove Beatrice dormiva inconsapevole di tutto. Si inginocchiò lì accanto e accostò il naso all'incavo del collo, proprio sotto l'orecchio, aspirando i suo odore pulito e inebriante. Poi sollevando la mano le sfiorò una ciocca che riposava sulla spalla.
Il suo sguardo percorse il corpo che per tanto tempo aveva desiderato. Sapeva che doveva andare via, e si diceva: sì, tra un attimo vado. Ma era ancora lì, come ancorato al pavimento e alla vicinanza di quella pelle ambrata.
Non riusciva a smettere di guardarla tra le gambe, di guardare il pelo folto ma accuratamente regolato che non nascondeva la sporgenza delle labbra.
Come un automa scivolò lungo la sponda del letto, dicendosi: solo un lieve tocco, voglio solo avvicinare il naso e sentire il suo odore. Ma quando le sfiorò la pancia con le dita e abbassò la testa verso la sua intimità ancora leggermente bagnata dai giochi solitari di poco prima inalando il suo profumo, capì di essere perduto.
Senza sapere come, si ritrovò inginocchiato sul letto, con la testa tra le gambe della donna e la lingua che già si protendeva verso il clitoride.
Beatrice sognava di essere al mare. Era in spiaggia, in una giornata calda e afosissima. Non tirava un filo di vento. Ma poi una lieve brezza calda le soffiò proprio tra le gambe. Il mare improvvisamente si era gonfiato ed ora un'onda anomala, sottile, percorreva la spiaggia e andava a bagnarle la vulva. L'acqua era calda, quasi solida. Ma la sensazione era piacevole. La donna aprì ancora di più le gambe, per permettere all'onda di lapparla più a fondo. Inarcò la schiena, premendosi su quella liquida lingua che la stava facendo godere più delle sue stesse dita. Non voleva che smettesse.
Con un piccolo gemito si svegliò, aprì gli occhi e ancora confusa dal sonno vide il soffitto familiare della propria camera. Ma la sensazione del sogno, dell'onda che le si insinuava tra le cosce, le era rimasta piacevolmente attaccata, come spesso capita dopo un sogno particolarmente vivido. Saette di piacere provenivano dal suo basso ventre. Abbassò lo sguardo e sussultò.
Il suo cervello per un momento non riuscì a registrare quello che vedeva, ancora perso tra il sogno e il godimento. Una testa scura, ricciuta. Lunghi capelli legati in una coda di cavallo alla base della nuca, una schiena nuda e muscolosa. Giorgio?!?
Allora stava sicuramente ancora sognando. Nonostante da anni lavorasse nel parco dove lei, come figlia del custode, viveva, non le aveva mai rivolto la parola al di fuori delle poche brusche frasi che la cortesia imponeva. E lei, timida, non aveva mai osato imporre la sua presenza che sentiva sgradita. Ma non aveva mai voluto smettere di guardarlo e immaginare di percorrere la sua pelle.
Chiuse gli occhi, abbandonandosi al sogno. Qui poteva fare quello che voleva, poteva osare...mosse le mani, affondando le dita tra i ricci scuri e attirando la testa ancora più vicina. La lingua di Giorgio abbandonò il clitoride e prese a percorrerle le labbra, l'ingresso della vagina, il perineo. Proprio come lei aveva sognato anche in precedenza.
Perso nel profumo inebriante della donna sotto di lui, Giorgio quasi non si accorse del piccolo gemito, del sussulto, delle mani che gli sfioravano la fronte prima di infilarsi tra i suoi capelli. Ma sentì la pressione delle dita sulla testa, insistenti, incitanti. Non sapeva se Beatrice si fosse svegliata o se fosse un riflesso di un sogno, ma recepì l'invito. Prese a leccare con più foga, insinuando la lingua tra le pieghe, assaporandola tutta.
La sentì fremere sotto le sue dita che le stringevano i fianchi. Incapace di resistere, affondò la lingua dentro di lei, esplorandola, succhiando i suoi umori, quasi scopandola con la bocca.
Beatrice gemette più forte, premendosi contro il viso di Giorgio, aggrappandosi ai suoi capelli, stringendoli tra le dita. Fu allora che si rese conto che era sveglia, che la figura tra le sue gambe, che odorava di legna e di sudore, era reale. Che veramente l'uomo su cui aveva a lungo fantasticato era lì e le stava facendo provare sensazioni meravigliose. Non si chiese come era entrato, perchè era lì. Non le importava, voleva solo che continuasse a farla godere.
Sollevando il bacino e stringendogli la nuca lo indusse a tornare a leccarle il clitoride.
Accoccolandosi più comodamente sul materasso Giorgio le aprì le grandi labbra e affondò due dita nella vagina, premendo in tutte le direzioni. La sentì inarcarsi ancora e gemere - Sì...oh, sì! -
Sveglia...era sveglia e non lo stava cacciando via! L'adrenalina gli corse nelle vene, una sensazione di eccitazione mai provata prima lo percorse concentrandosi nello stomaco e nel basso ventre. In risposta il membro si tese più di quanto lui ritenesse possibile, premendo contro la stoffa dei pantaloncini come se li volesse rompere.
Continuando a frugarla con le dita, leccò per l'ultima volta il clitoride e iniziò a risalire con la bocca il ventre di lei. Si soffermò sull'ombelico, ma non a lungo. Un impulso antico come il mondo lo spinse a proseguire verso l'alto, verso il seno che leccò e succhiò godendo nel sentirla inarcarsi e gemere di nuovo, e su per il petto e il collo e la mandibola fino alla bocca, premendo il proprio corpo contro il suo morbido e accogliente. Per la prima volta le loro labbra si unirono, si cercarono e si esplorarono insieme alle lingue, ai denti, mentre le dita continuavano implacabili a solleticare le pareti interne della vagina.
Persa nel bacio più eccitante che avesse mai dato e ricevuto, Beatrice era consapevole solo del corpo di Giorgio premuto sopra il proprio. La sua erezione era talmente dura da essere quasi dolorosa contro la coscia. Di propria spontanea volontà le sue mani si mossero a cercarlo, insinuandosi tra i loro corpi. Lui sollevò leggermente il bacino per agevolarla, e lei slacciò in un lampo cintura, bottone e cerniera. Con un gesto rapido gli calò pantaloncini e boxer, liberandolo del tutto.
Quando la sua mano si chiuse intorno all'asta tesa e bollente, Giorgio gemette nella sua bocca e lei bevve avidamente il suono. Beatrice lo accarezzò in tutta la lunghezza, scendendo fino ai testicoli e risalendo. Trovò la punta umida di liquido preseminale. Questo le diede la misura di quanto fosse eccitato...e lei lo voleva.
Si mosse in modo da portare il glande tra le labbra, e con la mano lo sfregò lì mischiando i loro umori. Poi accostò la punta alla vagina.
Con la cappella annidata tra le pieghe più intime di Beatrice, Giorgio si sentiva come in un sogno. Un sogno che aveva vissuto ad occhi aperti innumerevoli volte, portandolo a compimento con le mani. E ora, ora stava per sprofondare e perdersi dentro di lei. Interruppe il bacio per guardarla mentre la penetrava, voleva vedere il suo volto mentre il suo membro si faceva strada in lei.
Con una spinta costante affondò lentamente fino a trovarsi con i testicoli appoggiati al perineo di lei. La sentiva ansimare, e contrarsi intorno a sé. Avrebbe voluto restare così a lungo, forse per sempre, ma l'istinto e il desiderio si fecero impellenti, e si ritrasse, per spingersi di nuovo con più forza.
Piena di lui, Beatrice spalancò le gambe per poi sollevarle e chiuderle intorno ai suoi fianchi. Agganciò tra di loro i talloni dietro la schiena guizzante di Giorgio, per accogliere più a fondo i colpi sempre più possenti che lui le faceva piovere addosso. Lo sentiva martellarle il collo dell'utero, e ne voleva ancora, e ancora, e ancora. I suoi ansiti divennero gemiti incontrollabili, che si mischiarono a quelli di lui. I peli del suo petto le sfregavano deliziosamente i capezzoli e i capelli dell'uomo, liberatisi dall'elastico, le cadevano intorno come una cascata mischiandosi ai suoi mentre lui si chinava a baciarla di nuovo.
I movimenti di entrambi si fecero più veloci, quasi convulsi, all'approssimarsi dell'orgasmo. Beatrice si sentì risucchiare in un vortice di piacere, e con un ultimo, lungo gemito venne.
Giorgio pensava di stare per scoppiare. Bevve il suo orgasmo fino all'ultima goccia, e solo allora si concesse di lasciarsi andare. Si spinse sempre più in fondo tra le mucose che ancora si stavano contraendo, e gridando liberò nelle profondità del corpo di Beatrice fiotti e fiotti di sperma.
Ansimando si accasciò su di lei, stringendola forte.
- Non dovresti essere qui, sai? -
Quelle parole lo riscossero dal nirvana nel quale era sprofondato. Ecco, ora l'avrebbe cacciato via gridando...o peggio. Corrucciato alzò la testa dall'incavo del collo di lei, dove l'aveva posata, e la guardò.
Stava sorridendo, un sorriso luminoso e allegro.
- Ma già che sei qui...che ne dici di accompagnarmi in bagno a fare una doccia fresca? -
Ashara