- Mi offri da bere?
Guardai la ragazza sui venti anni che mi sorrideva sfacciata, gli occhi brillavano di una luce viva, particolare,, di quella luce che si può avere solo a quella età.
Scesi a scrutare oltre gli occhi: un corpo snello, con le curve giuste, niente di esagerato, ma, interessante, almeno così pensavo.
La gonna corta alla scozzese, aveva il fascino dei tempi passati, la camicetta azzurro chiaro nascondeva un seno all'apparenza piccolo, l'aria fredda del autunno avanzato rendeva visibili i capezzoli.
Calze velate con disegni floreali a incuriosire l'immaginazione, la voglia di vedere i fiori nascosti sotto la piccola gonna aumentava;
- Cosa ci fa una ragazzina come te in questo bar di professionisti affacendati?
Immaginavo la risposta, ma volevo sentire di nuovo la sua voce, guardare gli angoli della bocca muoversi...
- Anche per noi giovani ci sono cose interessanti dentro questo bar.
Guardai le pareti smunte, il barista insignificante stava servendo da bere con aria professionale a alcuni miei colleghi di lavoro, le poche donne che si vedevano ogni tanto, erano segretarie di avvocati famosi nel loro piccolo giro di paese.
- Mi sembri troppo giovane per essere una segretaria e, anche per una stagista.
- Infatti non lo sono e neanche cerco lavoro.
- E cosa cerchi?
- Uno come te.
Decisa e diretta!
La squadrai ancora meglio: i capelli corti come quelli di Valentina nei fumetti erotici di Manara, le davano un aria intrigante, ma, rimaneva pur sempre una ragazzina di trenta anni più piccola di me.
Il fascino del proibito.
La voglia di sentirsi giovane...
Parlai;
- Nuove tecniche di abbordaggio rovesciate? Una volta, erano gli uomini a cercare di conoscere delle ragazze giovani e carine.
- I tempi cambiano e le esigenze aumentano.
Spigliata e sicura di se stessa: la cosa si faceva divertente e interessante, sentivo un certo formicolio nelle parti basse, che ben conoscevo, la testa cominciava a navigare su percorsi pericolosi;
- Questo bar, è una scelta casuale o, è tutto studiato.
Lei entrò nei miei occhi facendomi vibrare con la sua risposta;
- Belle macchine, bella gente, si sente odore di soldi lontano un miglio, meglio pescare dove ci sono molti pesci.
- Insomma sei una puttana.
- Che brutta parola, sono solo una ragazza di questi tempi, mi piace vivere e spendere e non ho tempo di lavorare per buttare via la mia giovinezza aspettando la vecchiaia per sentirmi meglio.
- E per che io ?
- Tu sei meglio di altri, hai degli occhi pieni di gioia e ti ho visto sorridere con i tuoi amici, hai un bel sorriso e inoltre, non hai la pancia, ti tieni in forma e ho avuto la sensazione che sei disponibile a certi discorsi, sbaglio?
Lasciai cadere la mano sulla sua coscia sinistra e spinsi sulla pelle;
- Sei sicura di potere fare questo gioco?
Pur essendoci altri avventori, la mano cominciò a seguire i fiori delle calze salendo a cercare le radici.
- Mi chiamo Barbara.
Si presentò allargando leggermente le gambe, dandomi un chiaro segno della sua disponibilità.
La feci avvicinare per parlarle all'orecchio;
- Non ho mai pagato una donna per fare sesso.
Lei prese tempo, fece un respiro flebile.
- Non ho mai voluto soldi per fare sesso, ho avuto tanti regali, questo si.
- Esempio?
- Viaggi. Cellulari, ricariche, vestiti...
- E il fatto di non prendere soldi ti fa sentire più onesta, più pulita di una puttana di strada?
Spinsi la mano fino alla fine della strada valicabile.
- Ho trovato un uomo tutto d'un pezzo? Un avvocato serio? L'unico e ultimo rimasto sulla terra?
Sorrisi, era un sorriso amaro, sapevo che avevo perso la mia battaglia, la mia mano tra le sue cosce parlava chiaro, ero stato sconfitto dai miei desideri intimi.
Tolsi la mano da sotto la gonna portandola sotto il suo mento;
-Sei molto carina, provocante e spigliata, sto giusto cercando una segretaria che abbia le tue qualità, te la sentiresti di lavorare per me a tempo pieno?
La ragazza subì il colpo, ma, vacillò solo pochi istanti.
- Un lavoro vero, di quelli da otto ore al giorno, per cinque o sei giorni alla settima, un mese dopo un altro mese, per tutti i mesi? Interessante proposta. Direi che la prima cosa da fare, è vedere il posto di lavoro...
Frase ambigua e pericolo crescente.
Un contatto elettrico trasmesso dagli occhi;
- Si, direi che è una giusta richiesta, seguimi.
Lasciai sul tavolo del barman una cifra adeguata al servizio e presi la strada del non ritorno.
Passai oltre al mio mercedes parcheggiato a pochi metri dal bar, il mio ufficio, era poco più avanti, la porta antica del palazzo mi apparve in tutta la sua sobrietà, lessi il mio nome sulla targhetta, era un nome pomposo, un nome altisonante nei palazzi di giustizia.
Sapevo che a quell'ora del mattino, le mie segretarie erano in giro per gli uffici a sistemare le pratiche dei clienti, la feci passare tendo il portone aperto, per la prima volta la guardai anche di spalle, quello che vidi si scontrò subito con i pensieri più indecenti, solo il rumore del portone che si chiudeva fragorosamente alle mie spalle, mi riportò alla realtà;
- Barbara, è il tuo vero nome?
Le chiesi mentre aspettavo l'ascensore.
- Che importanza ha? È un nome come un altro, mi suona bene e si adatta con i pensieri che creo e lascio.
L'ascensore aspettava che qualcuno usufruisse dei suoi servizi.
Entrammo.
Spinsi il quarto piano.
Al secondo, lei lo fermò.
Non dissi niente, non feci niente per fermarla.
Appoggiato alla parete, respiravo piano godendo del tocco delle sue labbra.
Guardavo i capelli muoversi delicatamente, i movimenti seguiti dalle mie mani appoggiate sulla testa, gli occhi chiusi a dimenticare la sua giovane età e, sopratutto, a dimenticare le regole sane del buon principio.
Lasciai che mi portasse all'apice del mio piacere.
Nessuno chiamò l'ascensore mentre nutrivo Barbara con i miei desideri.
Il cuore prese il suo tempo per tornare normale, il dito spinse sul bottone del quarto piano riportando in vita l'ascensore, mi ricomposi, mentre lei parlava;
- E adesso andiamo a vedere questo ufficio, chissà che non sia così tutto talmente bello bello da farmi cambiare idea.
- Magari cambiasti idea,..
Dissi a voce alta, con il pensiero al regalo che avrei dovuto farle
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