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Racconto n° 4988
Autore: Serendipities Altri racconti di Serendipities
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E poi, finalmente, tu
A Edo e a tutti quelli come noi, che si buttano senza paracadute, comunque vada.


Non so se è amore, so che mentre ti aspetto al tavolino del bar, il mio cuore batte all'impazzata. Lo stomaco è serrato in una morsa, tanto che il prosecco appena ordinato per ingannare l'attesa, è destinato a diventare caldo nel bicchiere.
Aspetto, stretta nel mio cappotto, di veder comparire la tua figura alta e snella dalla porta, incapace di compiere qualsiasi azione, anche respirare. Ho un segreto stretto nel palmo della mano e tanta voglia di giocare con te, seguendo le confidenze che ci siamo più volte fatti.

I pensieri volavano in fretta, durante quest'attesa, scivolando inevitabilmente fino alla sera del nostro primo incontro: una noiosissima cena di lavoro, per conoscere i nuovi colleghi dell'azienda appena acquisita. Appartata con alcune colleghe storiche durante l'aperitivo, osservavamo, commentando, i nuovi arrivati. Alcuni volti già noti, altri mai visti, fino a che uno sconosciuto aveva attirato la mia attenzione. Avevo ammiccato alla mia amica della reception, indicandoglielo, e in poco tempo mi aveva snocciolato vita, morte e miracoli. Ero venuta così a conoscenza che il quarantenne Edoardo era il nuovo capo area del centro Italia, sposatissimo e con figli, quindi irrimediabilmente off-limits... "Lascialo perdere" mi aveva sussurrato l'esuberante e informata ragazza. Sentendomi punta sul vivo, l'avevo incenerita con lo sguardo, ma lei aveva continuato imperterrita a raccontarci gli affari di questo e di quello, ignorando il mio muto rimprovero. Il mio sguardo era tornato a posarsi su Edoardo, lo accarezzavo con gli occhi, ammaliata dalla sua bellezza seriosa e dai suoi modi posati. Poi aveva alzato gli occhi anche lui e si era accorto dei miei sguardi insistenti, ricambiandoli con pari interesse. Mi ero girata di scatto, imbarazzata, cercando di riprendere a conversare con le mie colleghe, ma nel frattempo si erano spostate. Io, distratta da lui, non le avevo seguite, così mi ero ritrovata un po' defilata. Lui non aveva perso un attimo e mi si era avvicinato, tendendomi la mano e presentandosi. Ero riuscita a stento a dirgli il mio nome, prima che una scossa elettrica mi attraversasse, nel momento in cui le nostre mani si erano toccate. Esauriti i convenevoli di rito, mi aveva chiesto se volevo bere qualcos'altro, ma proprio in quel momento il titolare ci aveva comunicato di accomodarci a tavola. Edoardo allora mi aveva chiesto se ero sola e se ci potessimo sedere allo stesso tavolo. Ho annuito e mentre prendavamo posto avevo pensato che non c'era nulla che avrei negato a quell'uomo; anche subire le occhiatacce di scherno delle mie colleghe, non mi sembrava un prezzo alto da pagare, pur di godere ancora della sua compagnia.
La cena era durata troppo poco e non aveva fatto altro che confermare ciò che l'istinto mi aveva già suggerito: Edoardo era un uomo assolutamente irresistibile, che mi lasciava completamente presa e avvinta dalla sua forte personalità e dalla sua travolgente simpatia. Durante i saluti, mi aveva sussurrato all'orecchio che ci saremmo risentiti presto, prima di sfiorarmi la guancia con un leggero bacio. Al tocco delle sue labbra mi ero sciolta come neve al sole, e avevo passato tutto il week end a interrogarmi su quella fortissima alchimia e sul dolore quasi fisico che la sua assenza mi provocava già.
Il lunedì successivo ero arrivata in ufficio prima del solito, volevo scoprire qualcosa di più dell'uomo che mi aveva portato via la mente, ma ero riuscita a risalire solo all'indirizzo mail, al numero di telefono e ai dati anagrafici. Ero tentata di alzare il telefono e chiamarlo, anche solo per sentirgli dire: "Pronto...", ma lui mi aveva preceduta. Dopo pochi minuti il mio interno squillava già. Avevo risposto e dall'altra parte la sua voce suadente mi aveva avvolta: "Buongiorno Serena, non vorrei sembrare inopportuno, ma non ho dormito per due notti e non avrei potuto attendere oltre per sentire la tua voce...".
"Allora siamo in due..." e dopo qualche attimo di silenzio avevo aggiunto: "Scusa, ma in questo momento non riesco a formulare altre frasi di senso compiuto!" L'avevo sentito ridere al di là del telefono e anch'io ero scoppiata in una risata imbarazzata. "Potresti darmi il tuo numero di cellulare e la tua mail personale, per iniziare, così in azienda nessuno avrà da ridire..." Non mi ero certo fatta pregare, anzi gli avevo dettato il numero e l'indirizzo mail, ritrovando una certa padronanza di me stessa. Ci eravamo augurati buon lavoro e ci eravamo salutati. Appena messo giù il telefono aziendale, aveva iniziato a squillarmi il cellulare, vedendo un numero sconosciuto che lampeggiava sul display, non avevo avuto dubbi su chi fosse dall'altra parte e avevo risposto ridendo: "Guardi che la denuncio per stalking, non sa che è reato importunare le impiegate alle 8.30 di mattina?!" Aveva riso anche lui e aveva ribattuto prontamente: "Signorina non è colpa mia se lei ha una voce così incredibilmente sensuale. Non la smetterei più di ascoltarla." Avevamo continuato per un po' con queste schermaglie e c'eravamo augurati definitivamente buon lavoro. Quello era stato solo l'inizio, perché in quei giorni avevamo passato ore e ore al telefono, a scambiarci mail, foto, a raccontarci le nostre vite, le nostre passioni e anche le nostre perversioni. L'avevamo capito subito entrambi dove ci avrebbe portati quel gioco pericoloso, per questo quando mi aveva detto che sarebbe stato in sede la settimana successiva e mi aveva chiesto di incontrarci da soli, mi era sembrata la prosecuzione naturale di tutto. Avevo ascoltato solo me stessa e le emozioni che Edo risvegliava così prepotentemente in me.

I miei ricordi sono bruscamente interrotti dal rumore della porta del bar che si apre. Tu sei appena entrato, riesco appena a dirti ciao prima di buttarmi fra le tue braccia e nascondere l'imbarazzo nel tuo caldo abbraccio. Mi dici: "Quanto mi sei mancata..." e dopo esserci dati il nostro primo vero bacio, uno di quei baci che portano via il respiro, ci sediamo a bere un aperitivo. Ti tendo la mano e tu la accogli con piacere fra le tue. Noti qualcosa nel mio palmo: le mie mutandine, lievemente umide. Le lascio nella tua mano e i tuoi occhi mi ricambiano con grato stupore. Io, maliziosa gattina, sposto la mia sedia, e il piccolo tavolino ti lascia la prospettiva delle mie gambe, coprendole dalla vista degli altri avventori. Scavallo le mie cosce e assumo una posizione quasi lasciva, ma tu ed io sappiamo perché: lo spacco della mia gonna si apre e ti lascia intravedere la mia figa. Bella, rossa, come la ricordavi da una delle foto inviate. Una mano quasi casualmente scende ad aprirne le labbra e mostrarti il rosso livore del mio sesso ardente. E' un attimo e poi mi ricompongo. Allora tu avvicini la sedia al tavolino e accosti la mia. Così, protetti dal piano circolare di marmo, spingi la tua mano su per lo spacco della mia gonna, e mentre la tua bocca stampa un impudico bacio sulla mia bocca, la tua mano va dritta verso il mio punto più sensibile, già abbondantemente bagnato. Due dita arpionano il mio sesso e la mia bocca si schiude. Mi prendi la lingua fra le labbra. Continui più lentamente, vuoi che duri, vuoi farmi godere. Qualche cliente lancia un'occhiata incuriosita, il nostro bacio veemente non passa inosservato, ma nessuno può immaginare il piacere che stiamo prendendo poco sotto. Dentro e fuori da me, le tue dita. Il mio ventre sempre più caldo. Ti stacchi dalla mia bocca, guardi i miei occhi, ti supplicano di continuare. Tu esegui, e finalmente le mie pupille dilatate tradiscono ciò che avviene dentro di me. Ti accorgi dei miei sforzi quasi immani per trattenermi e non gridare. Vorrei contorcermi, mentre occhi e bocca si spalancano! Senti i miei umori colarti sulle dita. Lentamente le estrai. Il mio orgasmo copioso ha macchiato le mie cosce e il mio vestito. Ci allontaniamo e tu, dissimulatamente, porti le tue dita in bocca, ne lecchi la veste di calda bava che la mia figa vi ha stampigliato sopra, odore indelebile. Dai un sorso al tuo martini, ti piace il mix, mi confessi con un sorriso. Io scoppio a ridere felice. "Ti adoro!" mi dici. E poi scappiamo via, è il momento di amarci completamente.

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