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Racconto n° 5060
Autore: Ukiyo Altri racconti di Ukiyo
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Young and Beautiful
Elena si svegliò dalla siesta e si stiracchiò. Era un lusso che a Londra, dove lavorava, era impossibile concedersi ma che lì, nella casa dei genitori, era un rito. Rito che da sei anni si ripeteva uguale a sé stesso: alla sera Elena lasciava l'ufficio di un'importante agenzia di booking, prendeva l'aereo alla mattina presto, tornava nella residenza liberty tra le colline del Prosecco, e si concedeva una siesta sul divano di pelle vissuta. Ma non voleva certo sprecare tutto il pomeriggio dormendo! Le ferie erano brevi, e lei voleva godersi il ritorno in patria senza perderne neanche un momento.
Infilò un paio di pantaloni bianchi e una camicia ampia, raccolse i capelli biondi in uno chignon sbrigativo e uscì per dare inizio al pellegrinaggio del Bello nella cittadina della sua infanzia, Asolo.
Asolo era portatrice di quella bellezza semplice, eppure così difficile, se non impossibile da trovare in Inghilterra, che ogni volta la riempiva di meraviglia. I palazzi medievali, le tracce d'affresco, i balconi fioriti, il verde rigoglioso delle colline circostanti coccolavano il suo sguardo ormai abituato alla metropoli. Dopo pochi passi in centro storico, un senso di tranquillità e di gratitudine s'impadroniva di Elena. Lei però cercava di non indugiare troppo in quel sentimento di connessione con il passato, perché sapeva che quell'incantesimo si sarebbe spezzato in meno di due settimane, al suo ritorno nella city.
Come ogni vacanza estiva, il pellegrinaggio si svolgeva nel tardo pomeriggio; le tappe erano i negozi storici del centro, quelli che resistevano con successo abbarbicati alla tradizione e a una qualità sopraffina. Elena partì dalla gastronomia; messi sottovuoto, formaggi e salumi potevano essere comodamente portati a Londra e usati come comfort food per sé o per stupire piacevolmente gli amici inglesi.
Quindi fu la volta della lingerie, rigorosamente italiana, rigorosamente di lusso. Elena conosceva quel negozio fin dai tempi del liceo, quando andava con le amiche a comprare i primi completini per le occasioni speciali. Parte della cospicua paghetta che le passavano i genitori andava in quegli accessori fatti per una sensualità raffinata, mai volgare, com'era lei. La proprietaria della boutique, una distinta signora che non aveva paura di dimostrare la propria età, la accolse come avrebbe accolto una cliente affezionata. Si premurò di mostrarle gli articoli che più le sarebbero piaciuti; la assisté al meglio, regolando spalline e cercando taglie che abbracciassero le curve morbide della giovane, che alla fine uscì con un completo color albicocca e uno verde pistacchio. Poi, anche se era un po' naif da parte sua, Elena ordinò un'acqua e menta al bar sotto i portici. Anche quella era una riconnessione con le radici. Quella bibita era sinonimo d'estate.
Erano già le sei e mezza quando giunse all'ultima tappa del suo pellegrinaggio nel Bello: la camiceria Veneziani. Più che un negozio era una bottega, dove da tre generazioni venivano confezionate camicie su misura per uomini e donne di classe. L' azienda non conosceva crisi. Ed Elena era contenta di contribuire al loro successo. Quelle camicie le davano un'aria professionale e autorevole al lavoro, rilassata ma elegante nel week end.
All'ingresso nel negozio il campanello trillò. Lei già si aspettava di vedere il vecchio signor Roberto fare capolino dall'atelier, ma stavolta non accadde. Al suo posto comparve il figlio Mateus. Non Matteo ma Mateus, il nome che i genitori avevano scelto durante la luna di miele in Brasile. E lui un po' di esotismo l'aveva conservato, quasi gli fosse magicamente entrato nei geni. Una bellezza ombrosa che si ritrovava negli avi veneziani da parte di mamma, rendendolo più simile a una rockstar che a un manager.
-Ciao Elena, benvenuta- esordì.
Lei ricambiò il saluto, visibilmente sorpresa. Da quanto sapeva, Mateus avrebbe dovuto essere a Londra come manager per un marchio di moda italiano. Coetanei e concittadini, avevano seguito un percorso di vita molto simile, fino a quel momento: elementari, medie, liceo classico in zona; lei laurea a Venezia, lui a Milano; entrambi un master a Londra, come pure l'inizio della carriera sei anni prima.
-Che sorpresa! Credevo di trovare tuo padre- disse Elena.
-Perché? Non mi vuoi?- scherzò lui di rimando. Gli occhi scuri fiammeggiarono d'ironia, facendola arrossire.
-No, figurati! E' solo che pensavo fossi ancora a Londra. Lavoravi per Armani, giusto?-
-Esatto. Ero da re Giorgio. Ma ho detto basta-
-Chi è stanco di Londra è stanco della vita- commentò Elena, quasi a voler ergere una barriera di fronte al suo sguardo caldo, uno sguardo che le ricordò quanto fosse diverso l'approccio dei maschi anglosassoni. Mateus sembrava provenire da un altro mondo, in cui era possibile sedurre anche da sobri, con poche parole ricche di significato, il tono della voce, un tocco leggero al momento opportuno.
-Lo pensavo anch'io. Ma le cose cambiano- ribatté lui.
-Raccontami, ti ascolto-
A queste parole, Mateus la raggiunse dall'altra parte del bancone. Le fece cenno di avvicinarsi all' assortimento da donna. Con gesti rapidi ed eleganti, iniziò a occuparsi della sua nuova cliente, selezionando i pezzi dell'ultima collezione. La vicinanza fisica rivelò per la prima volta l'energia che scorreva tra loro, un segreto che entrambi tacevano, ma non per questo meno presente.
-Lo confesso: Londra mi ha stancato. Anzi, per meglio dire il richiamo delle radici è stato troppo forte. Due anni fa ho iniziato a sentire che Londra era troppo per me. Troppo grande, troppo cara, troppo volubile in quanto a rapporti umani-. Mentre Mateus parlava, l'atmosfera complice di chi sperimenta situazioni simili si fece strada tra loro, rendendoli ancora più vicini.
-Così mi sono ritrovato a seguire con passione chi ce l'aveva fatta qui. Manager, imprenditori, start- up. Mi nutrivo di quelle notizie positive in maniera proporzionale al disamore che iniziavo a provare per la city- spiegò -Finché non sono arrivato a fare due conti. Ho pesato costi e benefici, i rischi a cui avrei potuto andare incontro. E ho rischiato- concluse.
-Immagino che Roberto sia felice- disse Elena.
-Molto- replicò Mateus, invitandola poi a ispezionare le camicie sul tavolo Deco.
Colori pastello, righe, ma anche accostamenti azzardati che davano grinta. Lì giacevano camicie dei colori che più esaltavano la bellezza da dama del Cinquecento veneziano di Elena. Mateus la guardava di sottecchi, in attesa. Lei era sempre stata attraente, anche se per costituzione un po' più robusta delle coetanee; curvy, avrebbero detto gli inglesi. Il che non era mai stato un problema per lei, perché lo sguardo vivace, curioso, il sorriso sincero e la fiducia in sé stessa conquistavano. Mateus si sorprese di quel nuovo sguardo su di lei: anni prima l'aveva vista per l'ultima volta come una diplomata che si affacciava con determinazione al futuro, e ora la ritrovava come una donna in carriera, ma allo stesso tempo sensibile nel conservare le radici della propria esistenza. Avrebbe voluto mostrarle la bellezza di quelle radici anche attraverso il proprio corpo.
-E' incredibile, sembra che tu mi conosca da sempre- constatò Elena ammirando i capi artigianali - Posso provarle? Sono tante ed è tardi-
-Prenditi tutto il tempo che vuoi-
Nel camerino Elena si sentì come una principessa circondata di stoffe preziose. Nella scelta Mateus aveva dimostrato grande cura nei suoi confronti. E quell' atmosfera complice stava diventando decisamente intrigante. Era un peccato che lui avesse deciso di rimpatriare.
-Quindi sei ritornato definitivamente?- chiese lei nel silenzio interrotto solo dal fruscio dei tessuti.
-Yes. Tu sarai già cittadina di Albione immagino-
-Sì. Qui non ho mai visto un futuro- sospirò lei –Ho cercato di rientrare, perfino a Milano e Roma, ma quello che mi veniva offerto in cambio faceva ridere per non piangere. Così ho deciso di non ritornare più. Senza voltarmi indietro-
La voce di Elena non nascondeva l'amarezza. Mateus ne fu molto colpito: contrastava così tanto con l'immagine di manager di successo che gli altri vedevano all'esterno. Scostò la tenda del camerino, e fu inebriato dal profumo di rosa inglese che saliva da lei che gli dava le spalle. Per una frazione di secondo provò il desiderio di baciarla sul collo, per poi far annegare nel piacere l' impossibilità del loro rapporto. Elena avvertì la mano di lui fermarsi con dolcezza sulle spalle lasciate nude dalla camicia senza maniche.
-Vieni a cena con me?- chiese lui.
Elena esitò. Sapeva dove avrebbe potuto condurre quell'invito. E sapeva che avrebbe potuto essere un grande errore. Ma sarebbe stato un errore anche rinunciare alla bellezza di momenti indimenticabili seppure fugaci. L'amarezza che aveva avvertito confrontando i loro destini diversi svanì. C'era posto solo per complicità e affidamento. E poi, della nostalgia per cose che non erano state mai Elena ne aveva abbastanza.
-Con piacere- rispose.
La giovane donna finì per acquistare quasi tutte le camicie che Mateus le aveva proposto, prima di scendere nel garage in sua compagnia. Una Vespa rossa li aspettava.
-E' la prima volta su due ruote?- chiese lui porgendole un casco. Elena annuì, eccitata come una bambina al luna-park.
-Allora sei fortunata. Vedrai Asolo come non l'hai mai vista- sorrise lui.
E fu davvero così. Avvinghiata alla sua schiena, Elena vide i palazzi storici scorrerle accanto veloci, la brezza serotina che le accarezzava il viso; avvertì il calore del corpo di lui oltrepassare i vestiti e avvolgerla, risvegliando il suo desiderio. Vide il paesaggio mutare dal centro storico del borgo antico alla campagna, e le colline accarezzate dalla luce del tramonto come lei avrebbe voluto che Mateus accarezzasse il suo corpo.
Dopo pochi minuti di viaggio la Vespa si fermò presso una nuova osteria, un ambiente rustico e accogliente. La perplessità di lei venne subito fugata dall'altissima qualità di vini, pane e salumi. Era la giusta conclusione di una giornata all'insegna del gusto sopraffino, pensò la donna. I due si trovarono ancora vicini nel conversare dei propri anni all'università, croci e delizie della vita a Londra, il futuro. Il vino conciliava il riso e abbatteva le resistenze, sicché Elena sorrise quando Mateus avvolse la sua mano tra le proprie.
-E' una bellissima parentesi- commentò lui, assorto. Elena avvertì la malinconia del suo sguardo, che sotto sotto le chiedeva di restare. Ma doveva resisterle.
-E allora viviamola fino in fondo- sussurrò prima di baciarlo con foga.
Mentre lui sotto il tavolo le carezzava le gambe partendo dalla caviglia per poi risalire, Elena avvertì un crescendo di eccitazione che faceva pulsare il suo anemone. Eppure non riusciva a smettere di pensare. Avrebbero preso quello che quella notte poteva regalargli, ma senza pensare al futuro. Perché un futuro non c'era. Non avrebbero potuto sopportare una storia a distanza. E, animata da questa risolutezza, la donna fece un cenno del capo come a suggerire di andarsene assieme, in viaggio a vele spiegate verso una notte malinconica ma troppo tenera per essere vissuta da soli.
La Vespa percorse strette stradine di collina e s'infilò tra i filari di viti, fermandosi poco prima di una radura coperta di rugiada. Tutto intorno era silenzio, contro cui si stagliava un fitto coro di grilli e altri insetti notturni. Elena ne fu quasi inquietata, da quanto era abituata alla dimensione della città. Non era mai stata lì, pur avendoci vissuto accanto per anni. Niente luci elettriche, non un'anima, e gli animali così vicini. Prese Mateus sottobraccio perché le facesse da guida in quel mondo buio.
-Non avere paura- sussurrò lui di rimando conducendola verso il prato.
Elena vagava con lo sguardo nel paesaggio oscuro. Da quanto tempo non vedeva le lucciole? Eccole lì. Le pratoline con la corolla chiusa in segno di riposo? Viste. I tralci contorti nell'oscurità? Li avevano appena attraversati.
-Chiudi gli occhi- la invitò Mateus.
Lei obbedì, e si sentì portare verso il basso; una dolce spinta la fece distendere, il corpo di lui accanto. -Aprili-
Per un attimo le mancò il respiro. La volta stellata li copriva come un soffitto senza fine tempestato di diamanti. Le avevano sempre detto di andare in montagna per ammirare le stelle; non avrebbe mai creduto di poter assistere a uno spettacolo del genere così vicino a casa. Una lacrima di estasi le scese lungo la guancia. Mateus la vide e la accarezzò con un sorriso, accostandosi al suo viso:
-Non permettere a Londra di distruggere tutto questo. Soprattutto la tua capacità di meravigliarti- sussurrò prima di darle un bacio lungo di passione crescente.
Elena scoprì in Mateus un amante di una dolcezza infinita. Come aveva scelto per lei le camicie che più si intonavano a lei, così lui si dedicò al suo piacere con cura. Le baciò il viso, soffermandosi sulle tempie; quindi si dedicò alle orecchie, procurandole brividi di piacere. La donna sentì i suoi pensieri diradarsi sempre più, i suoi sensi acuirsi. I suoni della campagna, l'erba umida, il profumo delle vigne, tutto contribuiva a trasportarla in una dimensione di piacere onirica. Solitamente Elena amava condurre il gioco amoroso, ma stavolta volle abbandonarsi alle cure di lui.
Mateus la spogliò lentamente, accompagnando i gesti con baci leggeri sul collo. La luce argentea della luna lambì e seni candidi, che lui prese a leccare senza fretta, a piccoli colpi. Il suo tocco la eccitò immediatamente, tanto da farle portare la mano di lui sul proprio sesso. Era umido come i fiori su cui giacevano. Mateus avrebbe potuto possederla immediatamente, il desiderio non gli mancava. Invece preferì continuare a dedicarsi al godimento di lei. Ritornò con entrambe le mani ad accarezzare i seni, iniziò a tracciare una strada di baci sullo stomaco e la pancia, per poi scendere sui fianchi, e quindi raggiungere l'inguine, su cui si soffermò.
Con un sospiro profondo, Elena si preparò a ricevere quel piacere bagnato. Avvertì la lingua di lui lambire maliziosamente l'esterno del fiore, sempre con molta calma; avrebbe voluto chiedere di più, ordinargli di soddisfarla, ma avrebbe rotto l'incantesimo di quel tocco ipnotico. Mateus quindi si addentrò più in profondità, imitando con sapienza il ritmo dell'amplesso che stava iniziando a immaginare. Lei inarcò la schiena e si mosse al ritmo del suo tocco, fino a venire. Ora era pronta ad appiccare il fuoco della passione.
Mateus non ebbe il tempo di distendersi che subito Elena gli fu addosso con un bacio in cui sentire il proprio sapore. Voleva restituirgli il piacere che lui le aveva donato; così iniziò a disegnare ghirigori sul suo petto con la lingua, per poi scendere alla ricerca del suo stelo di giada. Iniziò a dedicarvisi con passione; alternava tecniche e velocità diverse, lasciandosi andare alla propria intuizione, mentre lui la accompagnava ansimando. Il piacere cresceva a onde irrefrenabili, provocate dalla perizia della bocca di lei. Quando stette per raggiungere l'apice, Mateus la fermò e la trasse a sé per un bacio. La strinse a sé e rotolarono assieme sull'erba come un fauno con la ninfa, i corpi in profondo contatto tra di loro e con la vegetazione circostante.
-Chiudi gli occhi- mormorò lui accarezzandole le palpebre –E respira. Conserva questo profumo. Questi sono i tuoi prati- disse. Elena fece quanto gli veniva detto, e pensò che sarebbe stato un ricordo meraviglioso. Era vero. Erano i suoi prati. E le stelle in quel cielo di agosto non si potevano contare e sembravano pulsare di vita, mentre Mateus entrava di lei e percorreva con lei la strada verso il piacere. Al crescere del piacere i confini si perdevano. Lui, lei, i vigneti, i boschi e i loro abitanti senzienti, gli astri e la luna, tutto viveva del medesimo respiro. Non si poteva descrivere a parole quello che Elena provò quando giunse alla vetta. Una lacrima di gioia rigava le sue guance, mentre l'amante sferrava gli ultimi colpi di quella cosmica danza di corpi, prima di adagiarsi accanto a lei.
Elena non avrebbe mai creduto di poter restare così, nuda, sorridente, distesa sull'erba bagnata a guardare le stelle. Eppure era lì. E come i prati, anche quella notte sarebbe stata sua. Per sempre.

Ukiyo

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