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Racconto n° 5098
Autore: La strega rossa Altri racconti di La strega rossa
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Dirsi addio
Seduta a terra, nell'unico spicchio di luce che, dalla finestra, corre a disegnare un triangolo sul pavimento, abbraccio le ginocchia che spuntano dai jeans sdruciti, che indosso quando sono a casa. Sto combattendo contro le lacrime che pizzicano le cornee, non vorrei piangere, perché è del tutto inutile di fronte a una decisione inevitabile. Devo dimenticare questa storia. O presunta tale. Mi perdo nell'osservare il pulviscolo che si muove nell'aria, vorrei che i raggi del sole mi scaldassero un po', ma il freddo che avverto nasce da dentro e neppure l'immenso maglione, di lana bianca, ormai sformato, riesce a darmi conforto. Stupidamente ho scelto gli abiti che più si conformano al tuo stile. Ed è buffo perché adoro i vestiti eleganti e la biancheria costosa. Quante volte ho scherzato su questa nostra differenza, io, che sostengo che non si è mai abbastanza eleganti e che ho un armadio pieno di tubini e completi in tutte le nuance del nero e tu, che sei semplicemente tu.
La prima volta che ci siamo incontrati ho avvertito una profonda antipatia nei tuoi confronti. Non c'era nulla che mi attraesse, per il tuo modo di essere sicuro di te, quasi che io non esistessi, perché eri un impossibile rompiscatole, che non avrei voluto rivedere mai più. Ignoro quale oscuro motivo mi abbia spinta ad andare a cena con una persona che consideravo agli antipodi rispetto al mio modo di pensare, di sentire, di vivere.
Buffo, perché, pur non essendo interessata, mi ero casualmente rivolta alle sapienti mani di estetista e parrucchiera, perché un briciolo di vanità alberga anche in me. Una serata strana, mi sentivo a disagio, perennemente sbagliata, sono riuscita appena a sbocconcellare qualcosa per lo stomaco chiuso dall'irritazione: non mi era permesso di finire una frase senza che tu mi interrompessi, uno dei reati più gravi che il mio interlocutore possa commettere. So di non essere bella, ma sono anche altrettanto certa di saper gestire una conversazione e di riuscire a essere brillante, sempre che mi sia concesso di proferire più di tre parole a fila. Ero chiaramente arrabbiata, anzi, decisamente infastidita, eppure c'era qualcosa in te. Il tuo modo di riempirmi il bicchiere ogni volta che prendevi da bere, di guardarmi negli occhi come per catturare qualcosa di mio, l'impressione che ci fosse altro, dietro quella sicumera.
E quando sono risalita sulla mia auto, certa che non ti avrei mai più rivisto, perché no, non eri decisamente il mio tipo, mi sono sentita vuota. Poi gli impegni, gli amici, la quotidianità. E la certezza che, anche per te, la serata non fosse andata bene. Invece mi hai proposto di rivederci. E ti ho detto di sì. Ancora mi domando il perché.
Hai scelto un locale delizioso, che testimonia la tua capacità di comprendere cosa mi piace. Piccolo, raccolto, intimo. Accanto a me, un uomo diverso e, al tuo fianco, una donna diversa. Maggiormente rilassata, sorridente o forse, più semplicemente, se stessa. Mi hai sorpreso spostando il coperto, non più uno di fronte all'altra, bensì vicini, per conversare meglio, hai detto.
Mi hai preso la mano, mi hai toccato un braccio ed è stato tutto molto naturale, piacevole. Una serata interessante, protagonisti due individui che si stanno solamente conoscendo. Piccole gentilezze, attenzioni e premure alle quali sono molto sensibile. Anche se mancavano da troppo tempo nella mia vita.
Le giornate si snodano senza soluzione di continuità, messaggi, telefonate, incontri, chiacchiere e un tocco gentile, ma pieno di promesse, un massaggio alle spalle in una serata stanca e un bacio sulla fronte. Nessuno mi aveva mai baciato in fronte. Una nuvola, che nasconde per un attimo i raggi del sole, mi riporta a oggi. Il parquet sotto di me, i listelli di legno che si incastrano uno accanto all'altro. Le venature del legno. E il muro bianco di fronte. Sola.
Questa è la realtà. I ricordi hanno vita autonoma, non si può decidere di silenziarli quando emergono. Si può provare a ignorarli, ma sono come il canto delle sirene. È così semplice cedere. Mi sento esausta. Appoggio il viso alle cosce, stringo ancora più forte me stessa in un abbraccio, per cercare quella forza che non ho. Avevo bisogno di un ultimo incontro, per chiudere qualcosa che non è mai davvero iniziato. Perché i tuoi occhi azzurri, che osservano il mondo con curiosità vorace e che, senza posa, sposti su ogni dettaglio che ti circonda, in questo momento saranno puntati su qualche interessante esponente del gentil sesso. Tu sei fatto così. Perennemente alla ricerca di qualcosa di diverso. Troppo veloce nel consumare i rapporti. Sempre distratto, troppo concentrato su te stesso per avere il tempo di conoscere realmente chi ti è vicino.
Eppure.
Il pensiero ritorna alla nostra prima volta, due seri professionisti in un'automobile come due ragazzini. Tu che, mentre guidi, insinui una mano fra le mie cosce, lodando le virtù del cambio automatico e io non so cos'altro fare che lasciarmi andare. Mi parli e intanto approfitti delle mie autoreggenti per giocare con me e mi solletichi il clitoride attraverso la biancheria di pizzo. Il mio desiderio cresce e tu te ne accorgi, perdo l'orientamento mentre ti dirigi in campagna, fra la nebbia. Quando ti fermi nell'aia di un casolare abbandonato, mi chiedo come tu faccia a conoscere questo posto, ma è un lampo che subito si spegne perché inizi a baciarmi e le tue dita non smettono di frugarmi. Hai delle belle mani, sono sempre stata affascinata da questo particolare, pur non avendo le dita lunghe, sono ben proporzionate, forti e le unghie, curate, hanno una forma armoniosa.
Abbassi il mio sedile e mi osservi dall'alto. Mi accarezzi le cosce e mi fai sollevare per togliermi gli slip, che infili nella tasca dei tuoi jeans, ogni tuo gesto è una carezza che mi fa rabbrividire, il sapore dei tuoi baci, la radio in sottofondo, la nebbia che filtra la luce lattiginosa della strada in lontananza. Un'atmosfera sospesa e carica di attesa.
Ti voglio. Ogni centimetro della mia pelle è ricettivo, non ho mai fatto sesso in auto ed è forse questa situazione inedita a rendere tutto ancora più eccitante. Rido nel confessarti che non mi è accaduto prima, i tuoi occhi inchiodano i miei e con la voce arrochita dal desiderio mi rispondi di preferire il letto, ma che sei felice di questa prima volta.
Mi sbottoni la camicetta e alla flebile luce, segui con attenzione il bordo di pizzo del reggiseno prima di sollevarlo e liberare i miei capezzoli turgidi che succhi con avidità. La musica che si diffonde nell'abitacolo accompagna i miei mugolii. Sei un amante attento, hai un tocco forte e delicato allo stesso tempo e le tue labbra sono morbide e carnose. Mi penetri con le dita mentre la bocca si prende cura del mio seno, le mie mani si perdono fra i tuoi ricci spettinati, galleggio nelle sensazioni, ho bisogno di te e pur mordendomi le labbra non riesco a nascondere ciò che provo. Sento che l'orgasmo è vicino e non voglio venire, non subito. Ti dico di no e per tutta risposta tu ti stacchi dal mio seno e con tono imperioso mi domandi soltanto - no, cosa? - La mia risposta è fiaccata dai tuoi gesti, hai aumentato la velocità con cui le tue dita entrano ed escono da me e riesco solo a dirti - non così - , ma tu sospendi solo per darmi un piccolo schiaffo proprio lì, strappandomi un gemito.
Poi prendi la mia mano, con le dita umide di me e la appoggi sulla patta dei tuoi pantaloni, sento la tua erezione, slaccio la cintura, i bottoni e ti abbasso gli slip. La mia mano ti solletica e sento il tuo respiro diventare più corto. Mi vuoi anche tu.
In un attimo prendi un preservativo dal cruscotto e lo indossi, sei sopra di me, dentro di me, ovunque. Le tue spinte sono la risposta al mio bisogno. Mi aggrappo a te e veniamo insieme, sul sedile di un'automobile, in una fredda notte d'inverno.
Ma ora ci sono solo io. Non riesco a smettere di piangere, immagino cosa penseresti vedendomi con il naso arrossato e gli occhi gonfi. Non sopporti le lacrime, non le permetti, non riesci a afferrare perché la tua indifferenza e le tue assenze mi abbiano ferito e resa gelosa, insicura, ancora più fragile.
Mi avvicino alla finestra, lascio che la luce mi abbagli, chiudo le palpebre e vedo solo una tinta rosso acceso, tutto il resto per un attimo scompare. Il calore del sole è una carezza sul mio viso. Non so cosa voglio, so solo che tu non ci sarai.

La strega rossa

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