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Racconto n° 5194
Autore: Acher Altri racconti di Acher
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La borderline incurante
La mia storia cominciò quando conobbi lei, una ragazza dal temperamento irrequieto, piena di decisioni impulsive, con comportamenti tra la dipendenza e la furia cieca, io ero molto giovane ma altrettanto desideroso di provare tutto ciò che l'eros poteva offrirmi.
Lei era senza limiti, come me del resto, la mia giovinezza e la mia infinita libido mi facevano costantemente ignorare la sua instabilità affettiva.
Avevo solo 19 anni, come lei del resto, ma fin dai primi mesi di patente pensai che la mia vita poteva essere suddivisa in due macrocategorie, il tempo in cui non avevo un'auto, e il tempo in cui l'avevo.
Ogni due giorni mi presentavo sotto casa sua e passavo a prenderla, uscivamo a bere qualcosa, lei alzava pesantemente il gomito ma riusciva sempre a reggere qualunque dose di alcolici, io al contrario mi guardavo bene dal bere troppo, volevo essere in piena forma.
Iniziava sempre nello stesso modo, avevamo oramai una sorta di rito, lei iniziava con l'esporre un po' la scollatura, mostrando una quinta di seno che faceva sempre inturgidire qualunque cosa la osservasse, poi allungava la mano sotto al tavolino del locale in cui ci trovavamo e delicatamente mi accarezzava tra le gambe, cercando con cura e lentezza di distinguere la cappella dalle pieghe rigide dei jeans che indossavo.
A quel punto finivamo di bere e salivamo in macchina, dove non passava nemmeno un minuto che già si sporgeva vorace verso di me, alla ricerca del mio fallo, che sapendolo, era già pronto a insinuarsi nella sua calda bocca piena di libido e saliva lubrificante.
Lei non badava alle cinture di sicurezza, nemmeno a chi ci fosse intorno, lei doveva spogliarsi, essere completamente nuda mentre lo faceva, non importava che stessi guidando, che facesse caldo o freddo, lei si spogliava sempre, e ondeggiando mentre la macchina proseguiva nel buio delle strade industriali, mostrava fiera al mondo i suoi enormi seni nei fasci di luce arancio dei lampioni, piegandosi verso di me e innalzando completamente i glutei verso il finestrino, quasi a buttare in faccia al mondo il suo sesso, già completamente bagnato.
Quando arrivavo a destinazione, una zona industriale spesso completamente deserta, lei si insinuava nei sedili posteriori, aspettandomi sorridente, mentre si toccava con foga gli enormi seni succhiandosi i capezzoli impaziente.
Io la guardavo dallo specchio retrovisore e con un balzo mi fiondavo nei sedili posteriori, pronto a gustare con passione un corpo che mi sembrava uscito dal computer di un regista di film porno.
Cominciavo con l'afferrarle i fianchi per portarla verso di me con le gambe spalancate, così che potessi in tutta calma ammirare il suo sesso prima di iniziare a leccare con paziente foga e minuziosa cura il suo clitoride, leccavo all'infinito, senza fretta, in quel momento il tempo non esisteva più, passavo la lingua lungo tutta la lunghezza delle sue grandi labbra, per poi soffermarmi sul clitoride per stabilire un punto di concentrazione del piacere, a volte lo stimolo era troppo intenso ed ansimando si scostava mentre i suoi spasmi la facevano sorridere, a quel punto infilavo dentro due dita per raggiungere il suo punto preferito e stimolarlo con forza finchè uno schizzo di caldo squirt non mi lambiva la barba, facendomi capire che era arrivato il momento di cambiare posizione.
Non c'era bisogno di parlare, i nostri corpi parlavano per noi, i nostri liquidi corporei comunicavano cosa desideravamo, i nostri spasmi ci facevano capire di cosa avevamo bisogno, come un silente gioco di scambi, una complicità fatta delle urla di piacere che i nostri corpi esprimevano.
Lo squirt che mi arrivava dritto in faccia provocava in me una potente erezione, che immeditamente volevo farle sentire, così in quel momento, senza alcuna pausa dopo quello schizzo così caldo e delizioso sulle mie guance, infilavo subito il mio fallo vascolare e pulsante dentro quel sesso grondante di squirt.
La mia impazienza nel penetrarla faceva contrasto con la calma con cui la leccavo, e questo la eccitava al punto che mi afferrava i glutei con le gambe per istigarmi a spingere più forte, io ubbidivo agli ordini e spingevo con tutta la forza che avevo, finchè ancora una volta il suo corpo stanco dello sforzo non mi comunicava di cambiare posizione.
Sapevo che a quel punto non mi era più concesso uscire da lei, non me lo avrebbe permesso, per cambaire posizione la sollevavo e la mettevo sopra di me, mantenendo il mio membro sempre dentro di lei, come un incastro perfetto tra due pezzi diversi di un puzzle inesistente, poichè gli altri pezzi non esistevano più, esisteva solo il nostro puzzle, formato da noi due.
A quel punto le piaceva cavalcarmi, mi dominava completamente mentre succhiavo con famelica avidità i suoi enormi seni, incapace di stringerli completamente nella mia mano.
La violenza con cui mi cavalcava mi provocava quasi dolore, ma tutto ciò l'avrei sentito solo a giochi finiti, in quel momento non esisteva il dolore, esisteva solo la violenza delle sue spinte nelle mie.
I nostri corpi ancora una volta si muovevano all'unisono, e mentre lei veniva per la terza volta nello stesso istante io venivo per la prima.
I nostri spasmi finali decretavano la fine dei giochi, mentre esausti e sudati ci accasciavamo l'una sull'altro, circondati da vetri appannati e sedili bagnati.
Queste erano le mie serate con lei, nulla più di questo, e ci bastava.
O almeno così mi piaceva credere.

Acher

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