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Racconto n° 5196
Autore: Izabel Nevsky Altri racconti di Izabel Nevsky
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Fragole
La mia prima fragola

Il proprietario del bar si chiamava Boris. Era un uomo corpulento, burbero e anaffettivo come mio padre. Nella pausa del pomeriggio si rinchiudeva nello sgabuzzino sul retro, dove aveva una scalcinata brandina. Due volte la settimana lo raggiungeva Olga, la sua amante, che gestiva un piccolo chiosco di gelati a pochi passi da lì. Quando ne uscivano, avevano entrambi un'espressione provata ed eludevano il mio sguardo, quasi volessero negare ogni evidenza.
Alla fine di agosto non avevo ancora racimolato l'intera somma che mi serviva per acquistare l'abito dei miei sogni e ne era rimasto solo uno della mia taglia.
In quei giorni, Olga aumentò sensibilmente il numero delle sue visite, un pomeriggio la vidi allontanarsi in lacrime. Seppi poi che suo marito era stato trasferito e lei non aveva potuto rifiutarsi di seguirlo. Boris mi parve molto turbato e divenne più taciturno del solito.
Una settimana dopo, preoccupata del fatto che qualcuno mi portasse via l'abito che avevo tanto desiderato, lo affrontai prima della pausa di riposo e gli domandai se potesse in qualche modo anticiparmi la somma necessaria.
Sembrò disinteressato alla questione e non mi degnò eppure di una risposta, lasciandomi nella disperazione. Due ore più tardi, pochi minuti prima della pausa di mezzogiorno, mi chiamò in disparte.
- Posso darti il denaro che ti serve, - esclamò - ma devi fare una cosa per me senza che nessuno lo venga a sapere. -
- Che cosa? - gli domandai con un filo di voce.
Attese qualche secondo prima di rispondere, guardandosi attorno con circospezione, poi mi afferrò per un braccio e mi tirò in disparte: - Dopo che avrai acquistato quell'abito, dovrai tornare subito qui, indossarlo, e sederti sulla mia faccia. -
Così dicendo, prese dalla tasca una grossa banconota e me la porse, trattenendola con le dita. Attese il mio cenno di assenso prima di liberarla, poi mi invitò ad andare.
La felicità di poter correre immediatamente al negozio attenuò le altre circostanze, lasciandomi indifesa di fronte a quella strana proposta. Mi ero già tolta il grembiule per recarmi in città, quando tornai sui miei passi. - Per quanto tempo? - gli domandai - Intendo per quanto tempo dovrò restare seduta sulla tua faccia? -
- Finché ti andrà di farlo, - grugnì - ma deve restare un segreto tra noi! -
Ero troppo ingenua a quei tempi per comprendere a fondo il senso di quella proposta, oppure la smania per quell'abito bianco, troppo corto e audace, mi aveva privata di ogni pudore.
Lo indossai nel camerino del negozio e usai la sua scatola griffata per infilarci dentro i miei abiti da lavoro. Quando tornai al chiosco, Boris finse di non vedermi. Mi atteggiai davanti al bancone e ricevetti soltanto un impercettibile gesto con cui mi invitava a precederlo nello sgabuzzino sul retro. Lo sentii abbassare la saracinesca e solo allora cominciai a preoccuparmi.
Quando mi raggiunse, provò a sorridere: - Conosco tuo padre, - sussurrò - e non mi permetterei mai di farti del male. Voglio soltanto che ti sollevi la gonna e ti siedi a gambe larghe sulla mia faccia. Se farò qualcosa che ti darà fastidio, ti alzerai e fingeremo che non sia mai accaduto niente . -
- E il vestito che mi hai comprato? - obiettai.
- Si tratta di un regalo, in ogni caso è tuo e te lo potrai tenere. -
Fu quel suo modo tranquillo a convincermi. Non volevo sentirmi in debito con lui e, in fondo, non riuscivo a collocare la sua proposta tra i pericoli a cui dovevo fare attenzione.
Boris si sdraiò sulla brandina con la testa sul cuscino e mi invitò a salire sopra di lui. - Appoggiati con le mani, - mi guidò - e allarga bene le gambe. -
Il primo contatto fu tra le mie cosce e le sue guance, ruvide di barba. Subito dopo mi afferrò per i fianchi e mi sistemò sulla sua bocca. Lo strusciare del suo naso sulla parte anteriore del pube mi fece sentire strana. Era come se una tensione sconosciuta mi vibrasse dentro il ventre, trascinandomi su un sentiero proibito. Abbassai lo sguardo e nella penombra incontrai i suoi occhi.
- Va tutto bene? - mi domandò. Così facendo, le vibrazioni della sua voce trapassarono istantaneamente il cotone leggero dei miei slip e mi provocarono uno spasmo. Subito dopo, percepii chiaramente la reazione sfacciata del mio sesso che rilasciò una quantità esagerata di umori. Li potevo sentire mentre inondavano i miei slip e me ne vergognai come una ladra. Provai a sollevare i fianchi, ma Boris mi trattenne a sé, costringendomi a strusciarmi sulle sue labbra. Quando provai a resistere, percepii nettamente il contatto con la sua lingua che fece crollare sul nascere le mie difese. Ora le tensione nel ventre si era spostata più in basso e tramutata rapidamente in una forma sottile e insistente di piacere.
Non ero più in grado di resistere.
Boris se ne accorse e cominciò a muovere la lingua lentamente tra le mie cosce, come se stesse mangiando un frutto dall'interno. Saltuariamente la fece scivolare più in alto, dove la percezione del godimento era più intensa e, pian piano, si fece una mappa mentale del mio sesso, mentre io non potevo far altro che ondeggiare i fianchi per offrirmi meglio ai suoi tocchi.
Il godimento arrivò di colpo, senza alcun preavviso, e l'orgasmo che ne seguì mi fece mugolare tra gli spasmi, facendomi sobbalzare sulla sua faccia senza ritegno.
Boris smise di leccarmi quando si accorse che la mia reazione era cambiata e attese pazientemente che mi sollevassi da quella posizione che, solo adesso, cominciavo a considerare disdicevole.
Non mi disse nulla, nemmeno una parola. Si limitò ad una specie di sorriso e tornò nel chiosco per riaprire la serranda.
Io invece attesi di riprendermi, cercando di rimirare la mia faccia nello specchio logoro sopra il lavandino. Di colpo mi vidi diversa, più donna, appagata da un'esperienza che avevo decisamente sottovalutato, ma che mi aveva profondamente cambiata.
Non avevo più paura di nulla e tanto meno di non piacere ai ragazzi. Mi sistemai alla meglio nel mio abito bianco e abbandonai lo sgabuzzino con una sicurezza che non avevo mai provato prima.
Boris mi lanciò un'occhiata preoccupata e subito si premurò di chiedermi se stessi bene.
Lo rassicurai con un sorriso e mi dimenai tra i tavolini col piglio di chi si è tolta un peso e finalmente s'è liberata dalla bolla in cui era prigioniera da sempre.
Però, c'è sempre un però, e lo compresi quella sera stessa. Quello era solo l'inizio del mio percorso per entrare nel mondo degli adulti, un mondo dove Boris rappresentava soltanto il ruolo del traghettatore verso le terre sconsacrate dove avrei potuto peccare a mio piacimento. In realtà sapevo poco del sesso e quello era stato il mio primo approccio un po' sconsiderato ma decisamente piacevole.
Il giorno seguente andai al lavoro con l'idea di ripetere la medesima esperienza, ma Boris mi mise in guardia. - Abbiamo fatto una cazzata, - mi mise in guardia - tu sei minorenne e io ho quasi trent'anni più di te! Se si venisse a sapere, ci troveremmo entrambi in guai seri. Tuo padre inoltre è un ufficiale e non reagirebbe bene di fronte ad uno scandalo. -
- Ormai la cazzata l'abbiamo fatta, - lo affrontai con inaspettata spavalderia - rifarla non cambierebbe le conseguenze. -
- Ieri non è accaduto nulla di irreparabile, - insistette - ma non possiamo rischiare ulteriormente. -
- Solo un'altra volta, - lo affrontai con un coraggio che non sapevo di avere - poi dimenticheremo insieme tutto quello che è successo. -
Boris scosse ripetutamente il capo, ma alla fine si lasciò convincere: - Non oggi. Meglio domani nella pausa pomeridiana... - sospirò, guardandosi intorno - ma devi stare molto attenta a non farti vedere da nessuno quando abbasso la saracinesca. -
- Perché non oggi? - gli domandai.
Boris mi indicò l'arrivo di alcuni clienti e non rispose alla domanda neppure quando restammo soli. Lo affrontai di nuovo poco prima della chiusura serale e questa volta non poté sottrarsi alle mie insistenze.
- C'è un'altra cosa che devi fare per me se vuoi ripetere l'esperienza dell'altro giorno. - grugnì.
Non osavo chiederglielo, ma allo stesso tempo ero pronta ad accettare qualsiasi condizione.
- Voglio che ti radi... - continuò - intendo i peli quelli del pube. -
- Perché? -
- Perché piacerà di più ad entrambi. -
Mi liquidò così, senza alcuna spiegazione logica, e io evitai ogni inutile discussione perché la sua decisione non mi lasciava alcun scampo.
Senza volerlo, Boris mi aveva lasciato un giorno in più per riflettere, ma sapeva bene che non sarei potuta scappare da nessuna parte.
Ero completamente invischiata dal desiderio di sedermi di nuovo sulla sua faccia, disposta a pagare qualsiasi prezzo pur di godere di nuovo senza ritegno.
Mentre mi rasavo accuratamente tra le cosce, percepii la stessa tensione del giorno precedente che mi frustava il ventre. Per una ragione che ancora non so spiegarmi, non provai neppure a sfiorarmi, mentre restavo incantata di fronte allo specchio per rimirare la mia nuda intimità.
Era la prima volta che mi vedevo così, oscenamente schiusa al mondo esterno, lo stesso che mi aveva sempre indotto a nascondermi per timore di non piacere.
Ora la mia clitoride sembrava un ricciolo ribelle che voleva emergere dal resto della giunchiglia carnosa per mostrarsi finalmente senza tabù.
Provai ad immaginarmi seduta sulla bocca di Boris ed ebbi un sussulto. Provai inutilmente a resistere, ma un piacere sottile si impossessò delle mie dita, costringendomi a darmi pace.
Il mattino seguente arrivai al chiosco in ritardo, consumata da una notte di bagordi. Boris si accorse immediatamente delle mie occhiaie e si premurò di capire se avessi cambiato idea.
- Va tutto bene, - sospirai - per la chiusura pomeridiana sarò in piena forma. -
- Hai fatto ciò che ti ho chiesto? -
Per tutta risposta mi voltai rapidamente verso di lui e sollevai rapidamente la gonna. Il cotone leggero degli slip aderì al mio sesso come una seconda pelle, mostrandone nitidamente i contorni più intimi. Boris accennò un timido assenso e riprese a pulire il bancone con un'espressione imperturbabile.
Se fino a quell'istante ero totalmente apatica dopo una notte di masturbazione compulsiva, qualcosa ricominciò a farsi sentire ben presto tra le mie cosce ancora addormentate. Non era ancora una voglia subdola e piccante, ma un cenno di insperato risveglio in attesa di tempi migliori.
Ad aizzare di nuovo il desiderio fu lo scorrere inarrestabile del tempo che accarezzava le lancette del vecchio orologio, posto sopra la porta dello sgabuzzino. L'idea di ritrovarmi di nuovo con la bocca di Boris tra le gambe, mi bruciava come una manciata di sale su una ferita aperta, e la mia carne cominciò a fremere di voglia.
Quella interminabile mattina sfidò il tempo, rendendolo appiccicoso come la gomma da masticare che tanto bramavo da bambina. Mi accorsi di rispondere meccanicamente ai clienti senza neppure guardarli in faccia, perché ogni gesto, ogni pensiero, erano incastrati sulla vecchia brandina dove avrei trovato Boris da li a un paio d'ore.
Quando finalmente lo vidi armeggiare con la serranda, provai un brivido caldo che mi percorse interamente il corpo. Lo attesi nello sgabuzzino, appoggiata agli scaffali come un pacco che attende soltanto di essere aperto. Lui arrivò da lì a qualche minuto, si tolse il grembiule da sopra l'immancabile tuta da ginnastica e si sdraiò pesantemente su quella specie di letto traballante.
- Vieni... - sussurrò, con la stessa voce di un boia che chiama la sua vittima sul patibolo - questa volta però mettiti capovolta. -
Non avevo minimamente capito cosa intendesse con "capovolta", ma il mio corpo aveva già deciso di obbedire a ogni suo comando.
- Con la schiena rivolta al muro, - precisò, afferrandomi per un polpaccio al fine di aiutarmi a scavalcare il suo corpulento torace - saremo più comodi entrambi! -
Non era certo la comodità che stavo cercando, ma il caldo contatto con le sue labbra golose. Appena mi sistemai nella posizione richiesta, mi prese con forza per i fianchi e mi attirò verso il suo mento. - Chinati in avanti... - fece vibrare la sua voce profonda e gutturale tra le pieghe del mio sesso in subbuglio.
Così dicendo, lasciò scivolare una mano lungo la mia schiena, accarezzò lentamente la spina dorsale risalendo fino all'altezza delle scapole e mi indusse a piegarmi in avanti. - Così finirò per perdere l'equilibrio. - lo avvertii.
- Appoggiati alle mie gambe. - brontolò, tastando volutamente la mia clitoride con la punta del suo grosso naso.
Bastò quell'infido tocco per mandare al diavolo tutte le mie perplessità sulla scelta di questa nuova posizione. Ora il contatto con la sua bocca era divenuto più profondo, probabilmente per la totale mancanza di peli sul mio pube. Gli umori, liberi di tracimare oltre le pieghe carnose, non trovavano più alcun ostacolo, se non l'impalpabile cotone degli slip, già pregni della saliva di Boris.
A differenza della prima volta, la sua lingua andava ben oltre i bordi elastici e cercava il confine effimero con la pelle, pur evitando di essere oltremodo indiscreta.
Se lo avesse fatto, non mi sarei certo ritratta perché ormai ero così eccitata da permettergli qualunque cosa pur di godere. Nel frattempo, mi resi conto che le masturbazioni della notte precedente mi permettevano di resistere di più, aiutandomi a gestire molto meglio il flusso costante del piacere. In quell'occasione imparai a sottrarmi all'impeto impulsivo dell'orgasmo per protrarlo nel tempo, amplificando la sensazione meravigliosa che lo precede.
Quando credevo ormai di poter controllare ogni cosa come una donna vissuta, la lingua curiosa di Boris saettò su quel minuscolo lembo di pelle scoperta, che separava la parte inferiore del sesso dall'inizio dei glutei. La mia reazione istintiva fu in qualche modo provocatoria perché contorsi voluttuosamente la schiena, così da permettergli di andare oltre.
Mi aspettavo che reagisse di conseguenza, invece indugiò senza sferrare il colpo risolutore. Mi sarebbe bastata una frustata più intensa delle altre, magari sotto gli slip fradici di voglia, ma Boris sembrava spaventato dall'idea di andare oltre, almeno finché fui io, sfacciatamente, a spronarlo.
- Infilami la lingua dentro. - Lo esortai, dimenando i fianchi come un'ossessa.
- Sei una ragazzina.. - sussurrò - non voglio approfittare di te! -
- Sono io che mi sto approfittando di te! - non so dove trovai il coraggio di queste parole - Mi sono toccata per tutta la notte, immaginando questo momento, e adesso ho l'assoluta necessità di godere. -
- Se tuo padre... -
- Se mio padre ci sorprendesse in questo momento, - obiettai con un gesto di stizza - non farebbe alcuna differenza sapere che la tua lingua sta succhiando la stoffa fradicia dei miei slip, oppure è infilata a fondo dentro la mia carne! -
Si arrestò di colpo, come se fosse rimasto intimorito dalle mie parole. Poi lo sentii trafficare alle mie spalle per qualche istante, finché la pressione dell'elastico degli slip cessò improvvisamente. Me li sfilò pian piano, facendoli scorrere tra i glutei in fermento, poi li lasciò cadere sul pavimento, insieme al piccolo coltello con cui apriva le confezioni di birra.
Prima che potessi dire una sola parola, mi ficcò prepotentemente la lingua tra le grandi labbra e cominciò a rotearla nervosamente, succhiando gli umori che fremevano nella parte più profonda.
Ora il piacere si era fatto prepotente, tanto che non riuscivo neppure a capire dove fosse localizzato. Chiusi gli occhi in attesa dell'apoteosi e inarcai la schiena seguendo la pressione delle sue mani forti e nervose.
Quando arrivò l'orgasmo, mi colse impreparata come il primo botto dei fuochi artificiali che rischiara la notte senza preavviso. Poi gli spasmi si fecero sempre più intensi, totalmente ingestibili, e cominciai a guaire rumorosamente.
- Così ti sentiranno. - provò a zittirmi, invece di regalarmi le ultime carezze con la lingua.
- Continua a leccarmi, - lo implorai - ancora non è finito! -
Dopo quella sferzata di estremo godimento, allentai la presa delle mani sulle sue cosce e mi lasciai cadere in avanti. Percepii immediatamente il contatto del suo corpo sudato. Schiusi gli occhi e mi trovai a pochi centimetri dal gonfiore della sua patta. Se me ne fossi accorta soltanto qualche istante prima, quando ancora ero completamente fuori di testa, probabilmente avrei avuto il coraggio di andare oltre. Non avevo mai visto il sesso di un uomo adulto ed ora lo percepivo lì, a portata di mano. Nello stesso istante, Boris mi sospinse istintivamente in avanti e non potei far altro che voltare di lato la faccia.
Ora, il misterioso animale che si nascondeva nei calzoni della sua tuta lo potevo sentire vivamente contro la mia guancia. Cominciava con una parte molle che faceva da cuscino al mio orecchio, per poi estendersi ben oltre lo spigolo delle labbra. Mossi lentamente la testa, quasi a volerne assorbire la forma e la sostanza, finché mi ritrovai a definire la globosità del suo glande, simile ad una grossa fragola invitante.
Compresi immediatamente il suo desiderio di emergere, ma l'appagamento fisico e mentale mi impedì di andare oltre.
A togliermi da quel momentaneo imbarazzo fu il rumore di un furgone fuori dal chiosco. - Credo sia arrivato il fornitore della birra, - borbottò Boris, sollevandomi come un fuscello - devo riaprire subito, altrimenti se ne andrà e passerà soltanto settimana prossima. -
Rimasta sola, raccolsi da terra i miei slip strappati e me li portai alla faccia. L'odore del sesso mi salì immediatamente nelle narici, facendomi pentire di non aver voluto scoprire la mia prima fragola.
All'arrivo dei primi clienti, feci notare a Boris che non potevo aggirarmi tra i tavoli in quelle condizioni.
- Nessuno si accorgerà che non porti le mutande, - abbozzò un sorriso - e se mai accadesse, non avrà il coraggio di fartelo notare. Senza ulteriori prove, resterà per sempre nel dubbio. -
- Non posso tornare a casa in questo modo. - ribadii.
Prese una banconota dalla cassa e me la porse: - Prima di rincasare, passa in negozio a comprartene un paio. La prossima volta però toglietele prima di sederti sulla mia faccia, se è questo che vuoi. -
- Hai già deciso che ci sarà una prossima volta? Non hai più paura di mio padre? - lo interrogai.
- Anche se sei una ragazzina, sei abbastanza donna da prendere da sola certe decisioni. Così come hai fatto oggi, quando mi hai supplicato di infilarti la lingua dentro la tua bella figa golosa! -
Non lo avevo affatto supplicato... o forse sì, ma non mi importava nulla di quell'inutile dettaglio. A questo pensavo mentre sceglievo un paio di slip nel negozio più bello del centro, lo stesso dove avevo acquistato il mio abito bianco. Ma ciò che proprio non riuscivo a togliermi dalla testa era quella grossa fragola, nascosta sotto i pantaloni della tuta di Boris. Ed anche la sua definizione del mio sesso mi mandava in visibilio. Mi piaceva la definizione di "bella figa golosa". Mi faceva sentire donna, desiderabile e eccitante. Di colpo, in soli tre giorni, ero passata dal considerarla una - farfallina innocente - a un organo prettamente sessuale, tanto pregno di piacere da riuscire a farmi perdere la ragione.
Da quell'istante sarebbe stata soltanto la mia - figa - e avrei cominciato a prendermene cura, come se fosse la parte più importante del mio corpo.
Quella sera, chiusa nella mia stanza, provai a immaginare quella dannata fragola che non riuscivo a togliermi dalla testa, senza però spingermi oltre a un impatto di tipo visivo.
Fu questo il mio errore e ne pagai le conseguenze quando Boris, dopo la chiusura settimanale, mi fece intendere che mi avrebbe atteso nello sgabuzzino.
- Togliti le mutande, - mi rammentò - e sbottona completamente il vestito. -
- Preferisci che lo tolgo? - domandai con un filo di voce.
- Come preferisci, - rispose, cercando il mio sguardo - vuoi che mi spoglio anch'io? -
- No... no! - mi affrettai a negare la sua proposta con energia - Non sono ancora pronta per certe cose. -
- Questo significa che un giorno lo sarai? -
Aspettai a rispondere e, quando lo feci, cambiai argomento: - Olga era brava a letto? -
- Era brava in tutto, - sorrise - anche se non aveva un bel corpo come il tuo. -
- Ti sembro così imbranata? -
- Non sai nulla del sesso, - mi raggelò - Sei troppo giovane e innocente per far godere un uomo. Tra qualche anno lo capirai. -
Ecco, nella mia visione egoistica, non avevo mai preso in considerazione che il sesso significasse anche far godere qualcun altro. Ero convinta che fosse qualcosa di intimamente personale in cui ognuno pensasse a se stesso. - Come ti faceva godere Olga? - lo interrogai.
- Probabilmente nello stesso modo in cui tua madre lo fa con tuo padre, ogni volta che torna da una missione. Non li hai mai visti scopare? -
Non sapevo nulla del sesso tra i miei genitori e, sinceramente, non mi interessava approfondire la questione, perché il solo pensiero mi provocava un conato di nausea.
Quando lo raggiunsi nello sgabuzzino, lo trovai già steso nel letto a torso nudo. Il primo sguardo mi cadde sul gonfiore che era già ben visibile al centro dei suoi calzoni. Mi sbottonai il vestito, poi mi sfilai i nuovi slip e, senza che Boris mi istruisse sul da farsi, mi sistemai sopra di lui come mi aveva insegnato qualche giorno prima.
Questa volta però non indugiò tra le mie cosce spalancate sulla sua bocca. Infilò di forza la lingua in quella che aveva definito la mia - bella figa golosa" e mi trascinò immediatamente oltre ogni aspettativa. Non si trattava più di un gioco d'attesa, non aveva più i connotati di ciò che, qualche anno più tardi, avrei saputo definire come una forma lenta di preliminare. No, Boris mi stava letteralmente sbranando senza alcuna reticenza, rallentando la sua stimolazione solo quando capiva che stessi rapidamente capitolando.
Sapeva bene come provocarmi e, allo stesso tempo, sfruttava i limiti della mia inesperienza per indurmi in qualche modo a ripagarlo. Aveva capito che, trascinandomi oltre un certo grado di godimento, avrei completamente abbandonato i miei segnali inibitori e sarei rimasta completamente indifesa davanti alla frenesia dell'orgasmo.
Per indurmi a interpretare il ruolo che aveva preparato per me, mi allargò le gambe, così da spingermi ad abbassarmi col corpo sul suo ventre nudo. Appena i miei capezzoli si appiccicarono alla sua pelle sudata, mi ritrovai col mento infilato nell'ombelico.
Pur nella totale confusione dei sensi, intuii dove volesse condurmi... e mi lasciai istintivamente guidare. Appena avvertii la pressione delle sue mani sui glutei, cominciai a fremere di una voglia sordida e impellente. Mi schiuse come un'albicocca matura, immergendo le dita nella polpa e subito mi sospinse in avanti con forza.
Ora non avevo più scampo.
La fronte poggiò per prima sul suo nerbo teso, trattenuto a stento in posizione orizzontale dai pantaloni della tuta. Le mie mani si ritrassero all'istante per non incocciare sbadatamente in quella che cominciavo a considerare la mia prima fragola. Boris intanto continuava a slapparmi con energia crescente, alternando i sapienti tocchi della sua lingua sulla clitoride che sentivo gonfia come una ciliegia e sensibile persino agli sbuffi del suo alito caldo.
Lo sapeva bene che gli sarebbe bastata una pressione più decisa, per trascinarmi giù da quel precipizio in cui mi aveva incatenata. Ma lui voleva concedermi lo sfizio che aveva saputo ricamarmi nella mente, ed aveva deciso di condurmi al punto di non ritorno.
- Sei vergine? - mi domandò brutalmente, premendo con entrambi i pollici al centro del mio sesso, dilatato allo spasimo.
- Cosa intendi per vergine? - risposi senza riflettere, mentre pregustavo col naso la forma globosa che palpitava a pochi millimetri dalla mia faccia.
- Qualcuno ti ha già infilato un cazzo dentro questa bella figa appetitosa? -
- No, - mi affrettai a spiegargli - tu sei il primo uomo che me l'ha leccata. -
- E in bocca? - insistette.
Per tutta risposta, infilai una mano sotto l'elastico della tuta, accorgendomi immediatamente che non indossava le mutande.
- Non morde... - mi provocò, spingendomi di nuovo in avanti, con una pressione crescente delle mani sul sedere - se è davvero la tua prima volta, e meglio che non ti fai scappare l'occasione. -
La sua lingua spinta a fondo tra le grandi labbra, emerse fradicia di umori. Immediatamente la saettò su un lato della clitoride ed io persi completamente l'uso della ragione.
La rossa fragola mi scivolò tra le dita nervose e fuoriuscì dalla sua tana sudata. Di colpo me la ritrovai davanti agli occhi... e la desiderai come se non esistesse altro nella vita.
Quando trovai il coraggio di stringerla in pugno, Boris si lasciò andare in un mugolio sommesso. Immediatamente compresi ciò che mi aveva raccontato sulle capacità di Olga e mi resi conto di essere anch'io in grado di concedergli il piacere che bramava.
- Prendimi il cazzo in bocca e succhia! - mi ordinò, lacerandomi le ultime difese.
Non aveva usato un eufemismo, non si era posto alcun problema di chiamare cazzo il suo cazzo... e quella parola coincise con l'inizio della fine.
Ormai il mio orgasmo non era più procrastinabile e il piacere era così intenso da portarmi via la testa. Mi lasciai sospingere per l'ultima volta verso il suo cazzo e inghiottii il grosso glande tra le labbra senza ritegno. Appena ne percepii il sapore acre, cominciai a godere di una sensazione sporca e mi lasciai travolgere dall'onda di piena che mi bruciava nel ventre. Boris si accorse di avermi trascinata troppo oltre e, per evitare che lo abbandonassi sul più bello, sospinse l'indice e il medio nel profondo del mio sesso ormai lacero.
Questa ulteriore provocazione scatenò un secondo orgasmo, più interno e carnale, lasciandomi in balia degli eventi.
Dopo alcuni secondi, senza alcun preavviso, il suo cazzo si fece duro come il marmo e il glande, stretto tra la lingua e il palato, cambiò rapidamente sapore. Un secondo dopo, mi investì la gola un fiotto caldo e denso... salato e selvaggio al gusto, che si impadronì delle mie papille gustative come se fosse il miele di rododendro. Una mano di Boris, spinta sulla mia nuca, mi impedì di sottrarmi ai getti successivi.
- Continua a succhiare... - lo sentii grugnire - e smetti soltanto quando ti lascio i capelli. -
Io invece smisi soltanto quando il mio godimento si dissolse pian piano, lasciandomi completamente appagata.
Quando mi rialzai dal suo corpo sudato, Boris pareva morto. Mi preoccupai di sentire se respirasse ancora e subito mi rassicurò con una sculacciata sul sedere. - Sei brava quanto Olga, - sorrise - ma se tornerai qui dentro ancora una volta, farai una brutta fine. -
- Perché una brutta fine? - domandai, con un filo di voce.
- Non voglio essere io quello che ti riempirà di cazzo fino a farti starnazzare come un'anitra squartata, - esclamò - quindi adesso dimentica cosa è successo, e cercati un ragazzo della tua età! Inoltre, prima di decidere di scopare davvero con lui, assicurati di amarlo e di essere corrisposta. -

Continua...

Izabel Nevsky

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