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Racconto n° 5221
Autore: Fiordaliso Altri racconti di Fiordaliso
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Il respiro dell'altro
Di professione faceva l'amante, pittore per passatempo, il suo destino era ex amante.
Dipingeva greggi con visi e capelli di ex, culi tutti uguali e manto di pecore, il suo studio ne era pieno poichè tra i saccenti frequentatori, quasi tutti erano interessati al sedere e pochi al viso.
S'era messo in testa che gli dovevo appartenere, volle anche le mie foto di quando ero bambina e, così venivo sù da
lui, fattosi edera, costretta.
Fu un quadro in verticale. Pure il nome mi aveva cambiato: Melissa, ed io che ero abituata al mio splendido Fiordaliso!
Volle vedere, così disse, per dipingere il mio essere mentre sussultava di piacere, il mio corpo penetrato, a lungo e in ogni luogo possibile infilato da un suo conoscente, forte robusto e soprattutto porco.
Un pomeriggio d'autunno di quelli che fuori piove e in studio non fa freddo.
Stavo nuda a pecora, sculettavo, posavo, aprivo, chiudevo, succhiavo, forse ho anche baciato, non consento a
tutti lo scambio di saliva, non mi va di farmi sputare addosso, nè la pipi nel viso, al porco lo concessi.
Ed il mio amante col pennello in mano dipingeva e masturbava.
Poi volle un quadro dal titolo forte, romantico e perverso: Il respiro dell'altro sulla donna mia. E fu così che cercò per me un giovane selvaggio, poco esperto ancora, ma molto dotato di muscoli, fiato, e di cosce forti.
Sono le cosce che danno spinta al sesso e che possiedono e vincono e ti fanno aprire, oscenamente aprire e venire incontro.
Sono le cosce forti che quando sei messa a pecora ti vincono e ti offendono con parole oscene.
Nel quadro appare il giovane che mi succhia il collo e respira il suo fiato dentro il mio e le mie mani offrono il mio seno alle sue avide di tatto.
Quello che non si vede, io sola lo conosco, ed è il pene eretto del giovane di colore che mi preme a entrare nelle natiche che gli spingo addosso.
E le sue parole sussurate "Ti prego fammi entrare".
Aveva indossato il mio ex un saio da pittore e se ne stava scalzo, attento, a cogliere tutte le espressioni che mi passavano sul viso. Per accontentarlo mi inginocchiai e feci un assaggio di quel gran pene nero con lingua, morbide labbra e umida saliva.
E piano morsi per farlo mio, quel cazzo! E provai a belare, pecora del gregge, mentre lui provava l'entrata del più stretto
varco.
Quando ci riuscì, con difficoltà da diventare cattivo, io provai dolore e mi dimenavo tra lacrime, gemiti e sussulti.
Godeva il pittore nel suo preciso quadro, e così preso a godere del mio sedere penetrato e delle cosce del giovane che
spingevano più forte, non si accorse che piangendo e sculettando, con in mano affilate forbici recidevo quella cattiva edera che mi costringeva ad essere così sua da scambiarmi per i suoi perversi giochi. E divenne il mio ex.

Fiordaliso

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