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Racconto n° 5239
Autore: Mike Green Altri racconti di Mike Green
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La lezione di ping
Era un'inaspettata serata di neve, fiocchi non se ne vedevano ormai da qualche lustro, i cambiamenti climatici avevano rimodellato le stagioni e quei microscopici e magici cristalli d'acqua non erano rimaste che memorie del passato, come i suoni ovattati e le luci fioche e diffuse del paesaggio innevato; gli sguardi speranzosi alla finestra non erano che un ricordo lontano di me ragazzo di fronte all'immobile coltre bianca.
Il candido intorno, il suo richiamo ad uscire era una bella scusa per non mancare all'allenamento settimanale che coronava, anzi, dava un senso alla noiosa giornata di lavoro, fatta per lo più di riparazioni di strumenti elettrici che non amavo particolarmente; -sono un liutaio non un avvita manici- ripetevo sovente ai clienti più affezionati, ma era lavoro e lo accettavo di buon grado visti i tempi.
Mi avevano avvisato che quella sera ci sarebbe stata una nuova leva a dare speranza allo sgangherato gruppo di schiappe, eccentrici personaggi patiti di quello sport che nel fare girare una pallina sembra aver trovato il proprio scopo di vita.
La porta di ingresso della settecentesca villa comunale sede del club, era malamente incastrata tra futili lesene appena visibili sull'intonaco del muro; in quell'immagine resa ancora più decadente e suggestiva dal manto di neve soffice, una sagoma colorata e femminile spiccava per contrasto con il bianco e nero dell'intorno. -Buonasera- disse lei, -è qui che si gioca a ping?- -Certo!- risposi -vieni pure avanti!-. -Questa sera, visto il tempo, probabilmente saremo solo io e te- esclamai con fare disinteressato, -se preferisci puoi tornare un'altra volta- aggiunsi. Scorsi il disappunto negli occhi verde miele di lei, colore che sembrava rubato alla tavolozza di Lorenzo Lotto, un verde appena un po' bruciato e che mi ricordava, non so per quale strana coincidenza, le originali vesti delle vergini dipinte dal maestro lombardo. Finsi fosse una battuta per rompere il ghiaccio e iniziammo a giocare sul tavolo già pronto nella sala grande. Iniziammo a scambiare colpi di dritto per scaldarci un po': evitavo tiri tagliati per non farla sbagliare e cercavo come sempre faccio con gli allievi, di mettere la pallina sempre sulla stessa zona di campo per agevolarla nel colpo di rimessa. Da come impugnava la lama, dalla posizione rispetto al tavolo e dai movimenti sincopati, si capiva che nessuno le aveva mai insegnato i rudimenti del gioco. Il polso era rigido con la racchetta afferrata come se tenesse un cono gelato in mano. Le dissi: -piega il polso!-. Ma niente non riusciva a mettere in pratica. Mi avvicinai e afferrandole la mano destra con la mia mano destra, mimai, accompagnandole il braccio, il movimento del polso nell'eseguire un colpo di dritto. Il movimento mi costringeva a pormi dietro di lei; non rilevai nessuna sua contrarietà a quella sconveniente posizione, anzi sentivo che apprezzava la vicinanza del nostro davanti e dietro. Mi chiedeva, come fosse normale chiedere in quella situazione, se andava bene così, se doveva stare più bassa con il sedere e se afferrava bene il manico della lama.
Dal canto mio gioivo odorando il caldo profumo della sua pelle pulita e fresca, e osservavo incantato, attraverso la larga scollatura della maglietta, le forme sinuose del seno e dei boccioli a punta che si intravedevano sotto il tessuto appena attillato. Scostatomi appena un po' la ragguagliavo sulla posizione delle gambe: -mi raccomando- le dissi, -belle larghe per mantenere l'equilibrio durante i colpi-.
Le cinsi i fianchi e la costrinsi a piegare le gambe forzandola con le dita verso il basso. Le mani incontrarono la pelle sotto i leggins neri di lei e premendo le dita come a tastare la consistenza del prodotto osai invadere piano, centimetro dopo centimetro verso il suo spazio più intimo proprio nel punto in cui la carne si divide per poi fiorire. Non pose resistenza alcuna, la sua testa si piegò all'indietro poggiandosi sul mio collo come ad implorare altre carezze; il bei lineamenti del viso, gli occhi chiusi come fosse immersa in un altra dimensione erano un eloquente invito ad approfondire l'esplorazione. Rivolsi l'attenzione della mia mano sinistra verso i suoi addominali forti e tesi; sentivo il calore del suo corpo e il contatto con le mie mani fredde metteva in rilievo i pori della sua pelle. Raggiunsi i seni e mi soffermai ad accarezzarne le turgide rosee punte mentre con la destra continuavo a invadere l'umida sua profondità. Poggiai la mia erezione sull'accogliente divisione del suo dietro e abbassandole gli attillati leggins proseguii l'esplorazione del suo corpo.
Lei abbandonò la sua inerme posizione, si girò, mi guardo' con un sorriso e infilando la mano sinistra sotto i pantaloni della tuta mi strinse il pene per una verifica, si abbassò senza staccare il sorridente sguardo dai miei occhi e avvolse a movimenti ritmici con la sua bocca ciò che più di ogni altra cosa bramavo dargli. Avevo ormai abbandonato la presa ai suoi caldi pertugi, ora era lei a comandare lo scambio continuando in ginocchio in modo ora dolce ora violento, usando la lingua poi le labbra. Le chiesi se si aspettava una lezione di quel genere e lei, lasciando la presa, si rialzò per baciarmi. La sollevai sul tavolo e dopo averle tolto definitivamente leggins e scarpe mi concentrai sull'origine sua del mondo. Il contrasto tra il candore della pelle, il ciuffo scuro di peli e il rosso carne delle sue labbra piccole fece che mi abbandonassi a quelle prelibatezze. La sua resa era totale, mi rialzai e la penetrai, le stringevo forte i seni e la baciavo al collo. Venni sulla sua pancia e lei con un sorrisetto birichino mi disse: -piacere sono E, quando sarà la prossima lezione? Porterei anche un'amica se non ti dispiace!-

Mike Green

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