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Racconto n° 5262
Autore: Contessa Scalza Altri racconti di Contessa Scalza
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Memorie di una Badessa
Mentre lo straniero si avvicinava alla sponda del letto su cui la Badessa giaceva nella mollezza dell'oblio, spalancò il suo mantello nero e chinò il capo, cosicché la suora poté intravedere solo il mento caparbio, sotto la tesa del cappello scuro. Brancolò, lungo il percorso del lenzuolo candido. Aggrovigliò le dita nei fori di pizzi bramosi, quindi ricadde inerme. L'incedere lento dell'uomo muoveva l'impalpabile corona dei veli, attorno al baldacchino; quindi fremettero i volants di organza della camicia aperta sul torace maschile, fin sulle punte del suo seno nudo. Gli occhi osservarono nebbiosi l'ultimo scorcio di quella stanza consacrata. Vagò sui mobili austeri, intarsiati di storia. Sulle tende voluttuose alle finestre, sulla dormeuse inviolata, ricoperta d'abiti, e sul diario di damasco, chiuso sulla pagina ormai prossima, di un mistero profanato e madido. Domani, ci sarebbe stato chi avrebbe avuto il compito di lavare e profumare il suo lenzuolo. Conscia del suo recidersi da un mondo intero, e da una vita di castità e certezze, la giovane Badessa spalancò gli occhi sullo straniero, sgusciato fuori dall'abisso del suo più ardente e soffocato desiderio. Per ficcarsi nell'oscurità di quel mantello, nel cruccio volitivo di quel mento, dentro alle ipotesi non cristalline dei suoi guanti che slacciavano lacci tenebrosi, i quali ora, lentamente, andavano stringendola per sempre.

Il primo momento in cui la vergine fece l'amore con lo straniero fu l'assoluta perfezione nel tempo. Fu quel preciso istante a conferire l'impronta all'amplesso da consumarsi, e a tutti quelli, tanti, venuti in seguito. Ripensandoci adesso, lei tuttora non sapeva raccontarselo che con l'unico aggettivo: perfetto. Vuoi per gli odori della loro pelle. Vuoi per i sapori delle loro bocche. Per la luminosità delle carni, per le proporzioni del suo sesso, così calzante con la sua femminilità. Per le fattezze, per le insenature, curve, angoli, espressioni. E per le voci!.. Lui non fece né in fretta né lento, anche il ritmo era un fatto assodato tra loro, non cercato, creatosi dal nulla fin dall'istante della deflorazione sacra. Lei sussultò sorpresa e lui si gonfiò di sangue e anima. La guardò in faccia, mezzo stordito dalla forte sensazione che entrare in quella donna gli dava. Un poco stupito, un poco già drogato di lei.
La donna non ebbe alcun orgasmo, né la prima volta né mai, non con lui.
Avrebbe scoperto - la piccola morte - più avanti, giocando da sola col suo corpo, senza pensare a qualcuno in particolare. Quanto a lui, la raggiungeva a stento, dopo lungo peregrinare, e a volte rinunciava. Non si erano incontrati per darsi piacere in senso classico. Fare l'amore era un tale godimento di per sé, talmente naturale come la nascita di una stella, che il coronamento più ambito era relegato quale condizione non indispensabile. Fare l'amore con lo straniero era pari a mordere la prima fetta di una torta immensamente conturbante e squisita. Il giorno dopo lei lo raccontò all'amico più caro.
- Ne assaggi un pezzetto - , confessò alle pagine del fidato diario – e la mente ti si scioglie in bocca. Strabuzzi gli occhi e il palato, pensi Mio Dio, quanto è buona..per essere ancora più sicura, prendi un altro boccone.. e ti smarrisci nel gaudio in cui le tue papille si stanno rotolando..boccone dopo boccone.. e tu non ti capaciti di esserti imbattuta in un gusto tanto sopraffino, non puoi credere di essere tanto fortunata. Non avevi mai conosciuto la Passione. Mio Signore, ti rendo grazie. Permettimi di servirti anche così. Oggi, Padre, ti offro la mia Passione -

Lui aveva un odore forte e buono, che la stordiva. Le rimaneva addosso per giorni, anche dopo avere lavato le parti intime.
Non accadde mai più con altri.

La penetrava con dolcezza da dietro, dopo averle sussurrato all'orecchio di piegarsi. Si levava tutte le voglie, e lei ripensando, ormai vecchia, alle cavalcate che la obbligava a compiere per ore, sorrideva e si stupiva di tanta energia, per amare un uomo che non eiaculava, per avvolgergli il membro instancabilmente, fino al momento in cui, impietosito, le diceva basta.
Sapeva che incontrava altre donne, gli leggeva i segni addosso, ma lui era il suo iniziatore, il suo mentore, era il suo piccolo pene a riposo da adorare.
Gli concedeva tutto, senza mai un orgasmo, eppure avrebbe continuato tutta la vita, pur di ascoltare la sua calda virilità pervaderle i visceri. Non vi erano fra loro crogiolarsi di sguardi, autocompiacersi di specchi o biancheria da prostituta, giochetti maliziosi con oggetti, perversioni sadomaso, né il considerare altre persone nell'alcova. Vi erano loro due, franchi e onesti fino al più piccolo capriccio, le dita e le lingue a esplorarsi, in una ricerca reciproca di sensazioni.
Lei gli disse basta una sola volta. Il resto del tempo, lo trascorreva distesa sul letto di traverso, con la testa appesa nel vuoto così da non vedere in viso chi le stava sopra e la sfiniva di stoccate. Le ordinava voltati e lei ubbidiva come un automa, senza sapere cosa le avrebbe fatto. Dipendente dal suo fallo, non si domandava quanto sarebbe durata la relazione, né si preoccupava che egli smettesse di rivolgerle la parola, una volta sceso dal letto. Si guardavano soddisfatti, era implicito che si sarebbero rivisti la notte dopo, solo per scopare.
Una volta lei lo mise alla prova. Camminò mezza nuda dal letto allo specchio, con la scusa di controllare il segno di un piccolo morso sul viso, e giunta là si chinò graziosamente in avanti. L'uomo si precipitò a metterle una mano tra i glutei, e l'altra sul sesso, con fare di capriccioso proprietario. Ma poi lesse nello specchio il trionfo di lei, e si rivestì in fretta. Nessuna vendetta, nessun commento.
Solo, un paio di volte, gli sentì pronunciare frasi ironiche che la offesero, e da lì ne presagì che il suo perfetto e instancabile amante si stava in realtà stancando di lei. La sua reazione fu di mettergli il muso, col risultato di vederlo ancora più voglioso, eccitato e succube. In quei momenti gli conobbe una voce dolce e suadente che non avrebbe più udito in nessun uomo.
Mi sembra di sognare, le diceva, e scendeva dal collo al seno, per afferrarlo con entrambe le mani senza che gli bastasse mai stuzzicarlo, poi sulla pancia da ragazzina e infine sul monte di Venere, dove affondava la faccia, alzandole le cosce fino a mostrare la donna, un doppio pulsante di sangue oscuro, aperto solo per lui. Neanche allora lei perdeva il controllo. Preferiva concedersi notte dopo notte a tutte le sue fantasie, mostrarsi nuda e aperta senza reticenze, affinché lui potesse gustare la sua totale sottomissione. C'erano le volte in cui, stremato e addolcito, si stendeva sulle schiena e le diceva scopami, prendilo tu, prendilo tutto. E lei si dedicava con slancio da amazzone alla cattura del magnifico esemplare da inglobare in sé, noncurante del grande lavorio di fianchi e reni per offrire al suo dio più piacere possibile. Gli sorrideva, quando gli saliva sopra, e lui ricambiava con sguardo serio. Non ti concentri, le disse infine, e lei restò spiazzata da quel commento. Al mattino, col sesso gonfio, i lividi sulle cosce e le mascelle indolenzite, gli faceva il bagno, profumandolo tutto. Arrivava perfino a baciargli i piedi.
Ti ho riconosciuto mio signore, permettimi di servirti.
Dopo circa tre mesi di tour de force, e saltuarie battute irrispettose che la ferivano, lei cominciò a dimagrire.
Inconsapevolmente sentiva che il suo malessere era dovuto a lui, e di nuovo cercò di metterlo alla prova.
Sabato e domenica le novizie andranno in pellegrinaggio a Lourdes, e sarò sola in convento, assieme alle suore anziane. Potrei assentarmi facilmente, io e te potremmo andarcene al mare, ti va?
Lui fece lo sguardo languido di quando doveva farsi perdonare, e annuì con la testa. Subito dopo la piegò all'impiedi incastrandole la testa fra le ginocchia, per sodomizzarla senza pietà. Che culetto ti è venuto, commentò, dopo essersi sfogato con poco riguardo. Si riferiva ai chili persi, che la rendevano meno tenera da azzannare, ma più intrigante da maneggiare, come fosse una donna nuova, o un'altra donna.

Quando si accorse di essere incinta, lo straniero aveva già diradato le incursioni notturne al suo letto, e accolse la notizia con indifferenza.

Credevo che mi amassi, gli disse.
Te l'ho mai detto? Rispose.
No, ma certe cose le so.
Cosa sai? Che dovrai liberarti di questo problema. Sei una Badessa, non puoi avere una vita da donna.

Rimasero in silenzio. Poi lui volle affondare la lama fino in fondo al cuore:
Non so neanche se è mio.

L'idea di scoparla da gravida, frattanto gli provocò un'erezione, ma orgoglioso com'era spiò il viso della sua amante sposata con Dio, vedendo che era finita, e uscì senza voltarsi.
Lo lasciò andare. Tornerà da me, si disse. Spezzata nel cuore e nell'anima, si recò in un'altra regione per incontrare un medico compiacente e abortì. Non rivide lo straniero mai più.

La Badessa nella sua carriera luminosa fatta di beneficenze e atti di umanità, conobbe una lunga schiera di amanti fino all'età avanzata. La dolorosa esperienza e il maestro avuto, la rendevano una femmina di quelle che coi seni stanchi e le vene sulle cosce, possono avere qualsiasi uomo vogliano, se solo decidono, e farlo morire di desiderio.
Durante gli anni della solerte attività di guida spirituale per novizie, docente di catechismo e sorella caritatevole dei poveri, scendeva nelle fredde notte al confessionale deserto, dove un giovanotto arrapato aspettava impaziente. Alzava la tonaca alla vita, abbassava le mutande e porgeva le bianche terga alla piccola finestrella del divisorio, in cerca di fortuna. L'amante la prendeva, in natura o contro natura, senza che i due si vedessero in viso. Eros allo stato puro, senza una parola e senza un perché. Talvolta lo stallone recava con sé un ospite amico, con cui a turno continuavano a colpirla fino a sfinirsi.
Una volta, la Badessa si rese responsabile dell'iniziazione al cunnilingus di un gruppo di studenti prossimi al diploma. Chiusa nell'aula delle lezioni umanistiche, offrì spettacolo del misterioso triangolo nero alzando la tonaca fin sopra il petto, e invitò ognuno ad avvicinarsi. Lasciò ai giovani la loro verginità, riservata alle giovani spose che sarebbero arrivate. Mentre si davano da fare, annusando leccando e succhiando, si bagnarono dentro i calzoni, eccitati e ridanciani come solo la gioventù sa essere quando va alla scoperta del sesso. L'avrebbero presa molto volentieri, ma lei permise loro di usare solo la lingua. Di quell'apprendimento ne avrebbero goduto le future mogli, finalmente, per una volta. E lei stessa, di sicuro.
Tutti loro, ogni uomo o donna a cui si concesse carnalmente, persone di ogni età e ceto sociale, dai più anziani che potevano soddisfarla in modi arguti e fantasiosi, ai giovani che le donavano energici affondi, fino a questi polletti da allevamento che ora, uno alla volta, religiosamente obbedienti le si inginocchiavano davanti, tutti le fecero avere i mille orgasmi di cui un corpo femminile è in potere di darsi.
Ma il ricordo dello straniero crudele e dolcissimo che la sverginava ogni notte per tre mesi, drogandola di odori e sapori senza strapparle un'estasi piccolina, per quanto sfocato nella mente della vecchia suora, restò intoccato e perfetto. Come il quadro di un incontro d'anime, che, pure perdendosi nell'intimo erotico più caldo di sempre, e da una spaventata goccia fruttificò un figlio d'amore, avevano tuttavia, senza possibilità di errore, perduto una grande occasione.

Contessa Scalza

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