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Racconto n° 55
Autore: DolceRoberta Altri racconti di DolceRoberta
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Il divano
Non era un bell'uomo ...anzi, aveva un fisico da satiro greco e vestiva come un avvocato pronto ad entrare in qualche aula polverosa di un tribunale, la barba ed i capelli argentati facevano forte contrasto con l'incarnato del viso, scuro e solcato da rughe profonde.

Quando lo vidi rimasi un po' delusa, stava dritto come un fuso all'angolo della strada dove ci eravamo dati appuntamento accanto ad un'auto molto lussuosa.

Avevo paura ma mi feci avanti con aria spavalda, sapevo, o almeno credevo di sapere, che cosa mi aspettava e pensavo di poter controllare agevolmente la situazione.

Del resto l'avevo creata io rispondendo a quell'annuncio così intrigante.

Volevo tradire mio marito e volevo farlo per soldi, volevo capire cosa si prova a fare sesso senza un briciolo di amore o almeno di passione.

Salii in auto senza dire una parola, lui mi guardò in viso da dietro le lenti degli occhiali senza montatura e dopo poche ed imbarazzate frasi di presentazione avviò il motore.

Credevo che mi avrebbe portata in qualche alberghetto in periferia ma mi sbagliavo.

Uscì fuori dalla città e si avvio' verso la campagna - "La casa dove ti sto portando l'ho comprata tempo fa ma non la uso quasi mai ora che i miei figli sono diventati grandi " - mi disse.

Io cominciavo a sentirmi inquieta. Lui se ne accorse e mi sorrise.

Si fermò davanti ad un cancello in ferro battuto attraverso il quale si intravedeva il folto degli alberi. - "Andiamo" - mi disse e mi prese con forza la mano.

L'ingresso dava direttamente sul soggiorno che era scuro e buio.

La poca luce che filtrava in quella stanza sfiorava appena i pesanti mobili di mogano, i tappeti, i quadri e quasi si coagulava per illuminare un grande e sontuoso divano di velluto rosso scuro.

Continuando a tenere la mia mano nella sua per mi fece accostare proprio vicino al quel divano .

Si mise di fronte a me, mi tolse il cappotto e mi squadrò ben bene da capo a piedi, soppesando ogni centimetro di me, come se mi misurasse.

Mai mi ero sentita così imbarazzata, ma anche così consapevole del mio corpo che stava per diventare uno strumento che lui avrebbe usato a suo piacimento.

Evidentemente 'esame l'aveva soddisfatto, quando si tolse gli occhiali vidi un brillio nei suoi occhi e ancora una volta mi sovvenne l'immagine del satiro.

Cominciò a spogliarmi con tranquilla lentezza, i miei abiti cadevano come petali e formarono una pozza di colore intorno alle mie scarpe di vernice.

Mi lasciò le calze e le scarpe ed io ne fui felice. Avevo scelto con molta cura quelle calze, un sottile velo di seta nera col pizzo alto che esaltavano il biancore delle mie cosce. Volevo essere eccitante, una vera puttana di classe. Mi fece tenere anche il reggiseno e quello mi stupì un poco, forse il mio seno non era abbastanza bello per lui?
Ancora del tutto vestito si sedette sul divano, allargando le gambe e aprendosi la patta dei pantaloni.

Quello che vidi mi lasciò interdetta, fino a quel momento l'unico uomo che avevo visto era stato mio marito, il sesso l'avevo scoperto con lui quando ero quasi una bambina e non l'avevo mai tradito.

Non avrei mai immaginato ...che lì un uomo potesse essere così grande, così lungo.

L'asta che si ergeva dal groviglio dei peli ingrigiti, era di un rosso vermiglio ed anche se non l'avevo ancora toccata ne sentivo già il calore e la forza..

Di colpo tutte le mie sicurezze andarono in frantumi...ero sicura che non avrei mai sopportato, una cosa del genere e tentai di fare un passo indietro.

Lui mi prese di nuovo la mano, con una certa rudezza stavolta, e mi fece accoccolare in mezzo alle sue gambe, con l'altra spingeva la mia testa contro il suo sesso, costringendomi ad avvicinare sempre più le labbra a quella cosa rossa e pulsante.

Finalmente riuscì a forzare la mia bocca.

Mi sentivo soffocare da quel bavaglio di carne e sentivo il suo sapore salato, mi lacrimavano gli occhi, lo spingeva dentro e lo allontanava un poco, ma non lasciava mai del tutto la mia bocca, che ormai era diventata la sua tana.

Continuò per un tempo che mi parve lunghissimo.

Mi fece rialzare, sorrideva con un'aria tranquilla, come se non avesse sentito i gemiti soffocati che mi aveva costretto ad emettere. - "Adesso ti inginocchi sul divano e appoggi il mento alla spalliera mi disse" , - "Ti prego ..io io ..non so se posso" - gli risposi con voce malferma, ma avevo già capito che non avrei potuto sottrarmi a quella prova.

Le sue mani, ruvide mani da contadino mi avevano già artigliato le spalle e mi sospingevano verso il bordo del divano.

Cominciò a penetrarmi lentamente da dietro, sentivo distintamente che stava allargando il mio fiore nascosto, provavo una sensazione strana, forte, non avevo mai sentito nulla di così ardente dentro di me, la mia carne non si era mai allargata fino a quel punto.

Cominciò a muoversi con un ritmo lentissimo anche se ancora non mi aveva completamente aperta.

Inaspettatamente cominciai a provare piacere, il suo calore stava diventando il mio, il mio sesso si inumidiva sempre di più....alzai i fianchi per accoglierlo meglio e fagli capire che mi piaceva, mi piaceva tanto, stavo per arrivare all'orgasmo.

Mi impedì di godere.

Uscì da me un attimo prima, con la solita calma, lasciandomi lì, con il sesso aperto, fremente, in attesa di un piacere che non sarebbe arrivato.

Era giusto, io ero lì per il suo piacere non per il mio.

Sentii le sue mani che accarezzavano il mio solco di pesca, e la punta del suo sesso ormai tutta bagnata dei miei umori, scivolosa e caldissima che tentava di farsi strada per il pertugio più stretto.

Soffrivo mentre me lo allargava, mi sentivo spaccare in due, bruciare, volevo divincolarmi, allontanarmi da quell'asta cosi' crudele...ma non potevo, lui mi aveva preso per i capelli e mi costringeva a stare ferma tirando con forza.

Per me era la prima volta, non ero mai stata sodomizzata prima.

Non resistevo al dolore, gemevo forte pregandolo con voce rotta di smettere almeno per un poco.

Non ebbe pietà, anzi lasciò i miei capelli e mi allargò le natiche con le mani per impalarmi del tutto.

Non potei trattenere un urlo di dolore , pensai che mi aveva lacerata, che non sarei mai più stata come prima.

Mai il mio grido gli aveva acceso i sensi, prese a muoversi in fretta entrando ed uscendo dal mio corpo, ormai completamente aperto, con frenesia, finché il getto bruciante del suo sperma mi fece capire che aveva finalmente finito.

Rimase appoggiato sulla mia schiena per un poco, poi si staccò da me piano, come se non volesse abbandonarmi e mi fece sedere sul divano di velluto rosso.

Per un momento anche il contatto con quella superficie mi parve doloroso.

Gli guardai il viso, pareva invecchiato, stanco, il brillio degli occhi ormai spento.

Con mano un po' malferma mi indicò il bagno, andai a lavarmi..

Quando mi asciugai vidi sull'asciugamano le tracce evidenti di quanto mi aveva aperta.

Lievi macchie rosate, il suo sperma insieme al mio sangue.

Tornai in soggiorno e lo trovai perfettamente vestito con indosso il cappotto, mi rivestii tremando.

Lui sorrise, mi mise in mano dei soldi, tanti che lo guardai stupita.

E poi scosse lievemente la testa, un gesto simile a quello che può fare un padre quando si rende conto che la sua bambina ormai è diventata una donna.

Ed in un certo modo era vero.

Ho dimenticato molti degli uomini che mi hanno posseduta, sicuramente tutti quelli che mi hanno pagata, ma lui si è impresso nella mia mente con la stessa forza con cui, quel pomeriggio ha segnato la mia carne.

DolceRoberta

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