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Racconto n° 63
Autore: Agata Altri racconti di Agata
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La torre di ghiaccio
"Vattene".
Una parola, una sola piccola, crudele parola e nulla più.
La tua voce non ha tremato, era limpida, gelida.
È uscita dalle tue labbra ed è rimasta lì, pesando come un macigno su di me, schiacciandomi a terra, bruciandomi il cuore con il suo gelido carico di odio.
E non è servito a niente cercare di sfiorarti il viso, di trasmetterti con la mia mano il mio amore per te.
Non sapevo che oggi, quando sarei venuta da te, avrei decretato la mia condanna.
Non sapevo che il tuo silenzio nell'accogliermi alla porta non era uno dei nostri tanti giochi, come abbiamo fatto tante volte.
Non sapevo che questo tuo silenzio stava diventando un silenzio dell'anima.
Credevo volessi giocare con me, con il mio corpo, quando mi hai presa forte, stringendomi tra le tue braccia, baciandomi con una violenza che non riconoscevo in te, mordendomi le labbra fino a quasi farle sanguinare.
Le tue mani erano prepotenti su di me, mi toccavano, il loro peso era sconosciuto alla mia pelle.
Ho pensato ad un gioco, quando hai preso i lembi della mia camicetta tra le mani e li hai tirati con forza, facendo saltare i bottoni tutt'intorno. Attraverso il reggiseno mi hai stretto forte i capezzoli, il mio gemito di dolore si è trasformato subito in piacere, mentre con la bocca li tormentavi al di sopra del pizzo.
Ormai mi sentivo partecipe di questo gioco perverso ma comunque eccitante, mi sentivo presa con una forza che non riconoscevo in te, amante sempre tenero ed appassionato.
Mentre mi mordevi i capezzoli mi spingevi indietro verso il divano, sul quale mi hai spinta con forza.
Distesa sulla schiena ti ho visto slacciarti i calzoni e avvicinare il tuo sesso, duro, verso le mie labbra.
Con forza lo hai spinto nella mia bocca, io, distesa, ho perfino fatto fatica a respirare sentendolo entrare così a fondo. La violenza con la quale penetravi nella mia bocca mi era sconosciuta, come il tuo continuo silenzio, ma lo consideravo una nuova, eccitante scoperta. Da sotto vedevo il tuo volto, serio, concentrato, mentre il tuo sesso entrava con sempre più forza, violandomi. La tua durezza premeva contro il mio palato, contro la lingua.
Devo ammetterlo, ero eccitata da questo tuo nuovo modo di condurre il gioco, curiosa di vederne il seguito.
Sentirmi prendere e mettere in ginocchio davanti al divano mi ha dato un nuovo brivido, che si è aggiunto agli altri accumulati mentre mi penetravi la bocca.
Mi hai spinto con il viso contro i cuscini, in ginocchio. Ho assecondato i tuoi sforzi nello sfilarmi le mutandine, sempre ingenuamente persuasa che fosse un gioco, rimanendo così esposta al tuo sguardo, senza sentirne vergogna.
Ho sentito il tuo sesso premere contro il mio, l'ho sentito entrare senza tenerezza, senza passione, in modo violento, ma pieno di una nuova eccitazione per me. Le tue spinte, forti, profonde mi facevano quasi male, faticavo a riconoscere la durezza del tuo sesso dentro di me. Continuavi a tacere, dalle tue labbra non uscivano le tenere parole eccitanti che ti diverte sussurrarmi, solo qualche gemito roco.
Le tue mani, insinuandosi tra il mio corpo ed il divano, mi tormentavano i seni, stringendoli con forza, pizzicandone i capezzoli fino a farmi inumidire gli occhi di lacrime.
Sentirmi trattare come una puttana mi aveva riempito di sensazioni diversissime tra loro, un senso di umiliazione profonda che si stemperava in una eccitazione altrettanto intensa e bruciante.
L'accelerazione brusca e repentina dei tuoi movimenti dietro di me, mi hanno dato la misura della tua eccitazione e dell'avvicinarsi del tuo orgasmo.
E per la prima volta siamo venuti insieme, il godimento è partito dal tuo corpo e come una scarica elettrica si è riversato in me, portandomi ad un orgasmo mai conosciuto e provato.
Con un gemito più profondo ti sei lasciato andare sulla mia schiena, schiacciandomi sotto di te.
Ho aspettato le dolci carezze delle tue parole, delle tue labbra sul mio collo.
La tua voce, fredda, spaventosamente fredda.
"So tutto" hai detto.
E' questo quello che deve provare chi cade in un lago ghiacciato, ho pensato scioccamente, la sensazione del fiato che ti si congela in gola, che si cristallizza e muore.
Ho cercato di spostarti, di guardarti negli occhi, di capire quanto sai, quanto quello che sai ti ha fatto soffrire, ma tu non me l'hai permesso.
"So tutto" hai nuovamente sibilato, continuando a tenermi schiacciata sotto di te.
"So tutto, so tutto, so tutto"hai continuato a ripetere, come una spaventosa litania.
Le parole mi sono morte in gola, ho capito che non avrei potuto più raggiungerti, che ormai eri lontano, in una torre di ghiaccio dove non mi era permesso avvicinarmi.
Nessuna spiegazione, niente di niente, sarebbe servito a farti tornare indietro.
Ho capito che quello di oggi non è stato un gioco, ma il modo che hai cercato per sopravvivere, prendermi come una puttana, trattarmi come la puttana che tu pensi che io sia, ti ha permesso di staccarti da me con la rabbia che seppellisce il dolore.
Spostandoti mi hai permesso di rialzarmi.
Tra di noi solo uno spazio di pochi centimetri, ma profondo come un baratro.
Non ho potuto spiegarti perché, cosa è successo.
"Vattene".
Solo quella piccola parola gelida.
E la porta del tuo cuore che si è chiusa.

Agata

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