L'opprimente calura di quelle interminabili giornate di tarda estate aumentava in lei il desiderio.
Seduta su una sedia a dondolo di vimini intrecciati sentiva i rilievi aderire al suo corpo che in esso tracciavano lunghi solchi come ferite immaginarie,
Si dice che il caldo aumenti l'aggressività degli individui. Certo, ma anche la sensualità e la voglia di strusciarsi contro un corpo sudato che emana un odore da animale braccato. I suoi pensieri andavano in quella direzione, mentre il suo sguardo si posava sulle aiuole fiorite del giardino, risultato miracoloso di ingegneria idraulica, voluto da suo nonno per ricreare un angolo di paradiso vegetale in quella terra arida dove i fiori rossi dei cactus accendevano qua e là delle fiammelle tra i sassi della sierra.
Restava immobile nell'ombra del salone della villa coloniale dagli splendidi arazzi intessuti a mano dove l'unica presenza quasi umana era l'antica armatura di ferro in piedi a lato del camino che emanava una metallica e lucente freddezza.
Una lucertola si arrampicò sull'inferriata barocca della finestra indecisa se entrare, poi con un guizzo ridiscese sul davanzale rovente e di lì nel giardino, nascondendosi sotto un sasso.
Non era propriamente un'attesa la sua, perché non si può attendere qualcuno senza un accordo su un giorno o un'ora. Era piuttosto un desiderio intenso che talvolta si materializzava quando lui appariva furtivo nella sua casa e nella sua vita. In quel momento non c'era bisogno di dirsi nulla o meglio non ce n'era il tempo. Ogni attimo di quelle brevi visite era dedicato all'incontro dei loro corpi mentre i sensi infuocati dicevano tutto quanto era necessario per placare l'ansia e la sete dell'uno verso l'altro.
Anna Camilla de Saavedra, nipote di don Jorge, la giovane donna più ammirata nel nord della regione di Quatalpaco, altera e quasi fredda nello sguardo, sebbene di modi cortesi e raffinata, era in realtà una creatura inquieta. Su di lei si facevano molte congetture come su tutte quelle donne che non si concedono, ma i più sarebbero rimasti stupiti venendo a conoscenza della sua vera natura fortemente sensuale, ai limiti della sconcezza.
Si alzò e fece qualche passo. La catenina d'oro che portava alla caviglia sinistra tintinnò. Prese il volume delle opere di Cervantes dalla libreria e tornò a sedersi. Il silenzio quasi assoluto fu rotto dall'impercettibile rumore di un fiammifero che si accendeva. Alzò lo sguardo e lo vide nella penombra. L'uomo aveva arrotolato una sigaretta ed ora aspirava brevi e nervose boccate. L'odore del tabacco si aggiunse a quello del tè nella tazza di porcellana sul tavolo al centro della stanza.
Non si mosse e rimase a guardarla. Anna lasciò cadere il pesante volume. Le sue labbra si dischiusero non per dire qualcosa ma come un cenno di invito. L'uomo avanzò di qualche passo e le si pose di fronte. Allora lei sollevò fino alla vita l'ampia gonna colorata e divaricò le lunghe, bellissime gambe. Con la mano destra prese ad accarezzarsi sulle mutandine di seta mentre continuava a fissarlo negli occhi.
Presto la seta fu umida e lasciò intravedere la macchia scura del pube. Emise un gemito. Allora lui la sollevò e la baciò mentre le sfilava il nastro dai capelli. Poi la spinse improvvisamente contro l'inferriata. Schiacciata tra il ferro e il corpo dell'uomo, Anna sentiva le due superfici dure sul corpo sul suo corpo e questo accresceva la sua voglia. Infilò la mano nei suoi vestiti cercando di estrarre il pene, ma lui le bloccò le mani e le alzò sopra la testa. Poi con un gesto rapido fece passare il nastro attraverso l'inferriata legandole le mani.
Ecco ora era in suo potere, legata, seminuda e sola con un uomo di cui ignorava l'identità. Sentimenti contraddittori combattevano in lei. Voleva tutto questo o lo subiva? O entrambe le cose? Eppure lei sapeva con certezza qual era il confine tra il bene e il male. L'aveva appreso negli anni di internato nel collegio femminile di Santa Cruz dove le rigide e pazienti suore l'avevano istruita sulle virtù morali ed i precetti religiosi. Insegnamenti da tempo rifiutati e sostituiti con filosofi e psicanalisti che parlavano dell'io e del corpo. In quelle letture aveva riconosciuto sé stessa. La libera determinazione della propria volontà. Decidere per sé, senza costrizioni cosa si vuole. Era stata così fin da bambina suscitando le apprensioni dei genitori per una figlia che non cresceva con i timori consoni di una donna, senza la remissività che le è propria. Così come non aveva mai accettato di accostarsi alla comunione coprendosi con il velo bianco ricamato ed aveva respinto il corteggiatore.
L'uomo le strappò la camicetta scoprendole il seno che prese a succhiare e mordere avidamente. I suoi capezzoli erano rigidi e bagnati di saliva e si tendevano verso di lui. Si staccò da lei, si inginocchiò e le sfilò le mutandine da sotto la gonna. Le accarezzò i piedi, poi risalì lungo le gambe ma giunto all'altezza delle cosce si fermò e la guardò negli occhi. Il desiderio in lei si era fatto insopportabile, voleva essere presa, averlo dentro di sé per placare il brivido doloroso che sentiva dentro il suo sesso. Si sentì ferita nel corpo e nell'orgoglio. Quell'orgoglio che le impediva di chiedere e che la costringeva a sostenere la sfida. Voleva insultarlo e baciarlo contemporaneamente, voleva essere lei a condurre il gioco e allo stesso tempo subirlo. Le piaceva sentirsi legata e sottomessa ma cercava di sciogliere il nodo e ribellarsi. L'uomo pareva aver capito i suoi pensieri e prolungava quegli istanti per non affrettare la conclusione quasi quell'incontro fosse il primo e l'ultimo.
Lo sguardo intenso si trasformò in un leggero sorriso e la tensione di entrambi parve allentarsi per un attimo. Allora lui la denudò completamente. Il corpo di Anna si rivelò nella sua straordinaria bellezza. La guardò tradendo una forte emozione, lei se ne accorse e provò una fitta di piacere. Non era vanità, la sua, ma piuttosto la consapevolezza del desiderio che accendeva negli uomini, il desiderio di possedere una donna bellissima, di perdersi in lei, di offrire qualsiasi cosa pur di poterla avere. Ella era consapevole di questo suo potere fin da ragazza quando aveva imparato a riconoscere l'imbarazzo e la tensione che provocava accavallando le gambe in presenza di estranei, ma a volte anche soltanto accomodandosi la gonna o sostenendo impudica lo sguardo di chi la fissava. La sua vita era stata una continua sfida alle convenzioni del suo mondo ed il suo carattere ribelle ne aveva fatto una donna libera, di cultura perfino superiore alla media degli avvocati impomatati che frequentava.
L'uomo arretrò di qualche passo e prese dalla sua sacca di pelle una bottiglia di tequila. Si versò il liquido sulle mani e si mise a massaggiarle i seni, poi ridiscese lungo le gambe e risalì sulle natiche. L'alcol le provocò un piacevole brivido di freddo. Poi la percorse con la lingua assaporando il liquore misto al sudore del corpo, infine la baciò confondendo nella bocca fremente di lei , il sapore dell'alcol e del suo stesso corpo.
Si staccò nuovamente da lei e si spogliò togliendosi prima gli stivali, poi la camicia e infine le brache di cuoio. Con una mano sciolse il nodo del nastro ma con l'altra continuò a tenerle stretti i polsi. Poi la spinse sul pavimento e le fu sopra. Lei allargò le gambe e fece scivolare dentro di sé il pene eretto. L'uomo si mosse in maniera convulsa mentre lei lo cingeva con le braccia. Poi d'improvviso uscì e porse il pene alla sua bocca. Lei lo prese con la mano guidando quella di lui tra le sue cosce. Venne un attimo prima di sentire il fiotto caldo dello sperma sul suo volto e per entrambi fu come una liberazione da un dolore fortissimo e sublime.
Quando scese la sera fecero ancora l'amore nello stesso posto dove erano rimasti per ore, questa volta lentamente e sussurrando piano parole che si persero nell'ombra e si confusero con il rumore delle foglie di magnolia mosse da vento.
Gregor