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Racconto n° 711
Autore: Enchantra Altri racconti di Enchantra
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Come al solito
Come al solito, quella sera era rientrata a casa dopo una pesante giornata trascorsa in ufficio. Avrebbe volentieri ucciso il suo Presidente per tutte le dabbenaggini di cui avevano discusso durante la riunione e ancora sentiva, dentro le sue orecchie, le sue lamentele per un progetto che non era riuscita a far decollare, grazie ad alcuni ritardi nella comunicazione interna.
Al seguito suo figlio, marito, pacchi e pacchettini. Come al solito.
La gatta le venne incontro appena aperta la porta. Deliziosa questa piccola, nera matassa di peli che le carezzava le caviglie tutte le sere al suo rientro, felice di rivederla dopo quasi 12 ore di solitudine.
Luvy avvertiva ancora quel senso di spossatezza che le albergava dentro da alcuni giorni. "sarà la stagione così ibrida che non si decide ad arrivare" disse fra sé, già stanca prima di iniziare la solita, quotidiana avventura domestica.
Giusto il tempo di mettersi comoda, di convincere il figlio ad entrare in doccia ed eccola preparare le cena per la sua famiglia. Di fretta, come sempre, come se il tempo fosse la sua unica preoccupazione. E di fretta, distrattamente con il televisore acceso, consumava quella cena, cercando un piccolo angolo dentro di sé che le parlasse, che le facesse sentire il calore di una mano sulle spalle, che la incoraggiasse ad andare avanti. Ma non così... non sapeva neanche cosa incoraggiare di sé stessa. Non sapeva scegliere tra i suoi molteplici desideri.
Terminata la cena, marito e figlio, ognuno per proprio conto, immersi nei rispettivi giochi e Luvy a riassettare la cucina. Poche cose, in fondo erano soltanto in tre .
"Finalmente un momento di pace, un momento che posso dedicare a me stessa". Uscì sul balcone. L'aria si era raffreddata ma niente e nessuno poteva impedirle di gustarsi quella sigaretta fumata in piena libertà, ammirando lo splendore del cielo serale, cercando di catturare rumori, suoni, voci, piccole tracce che appartenevano agli altri.
Il palazzo di fronte distava pochi metri dal suo e le finestre che si affacciavano appartenevano alle stanze da bagno e alle cucine. Finestre poco frequentate, quindi. Si accomodò sulla poltroncina di vimini, dove sedeva solitamente per gustarsi in santa pace i suoi amati libri, lasciandosi andare completamente al suo abbraccio.
Aspirò una boccata piena di quella sigaretta agognata, chiuse gli occhi un istante e li riaprì per vedere le spire di fumo volteggiarle intorno, quando si accorse che la luce del bagno di fronte si era accesa e la finestra era leggermente aperta. "Per fortuna non ho acceso la luce esterna", pensò "altrimenti penserebbero che sto spiando" .
Non si rese subito conto di quel che vedeva ma lentamente mise a fuoco la scena: l'uomo era in bagno, si stava spogliando. Vide la sua schiena e immaginò che si stesse guardando allo specchio perché quando ogni indumento veniva tolto, lui si spostava un attimo per tornare alla posizione iniziale in piena visuale. Si vergognò, accorgendosi di spiare l'intimità di quell'uomo che incrociava, salutandolo per educazione, quando lei si affacciava dal balcone. Un bell'uomo, bellezza semplice, due occhi irriverenti. Sentiva di defraudarlo di qualcosa.
Eppure, pensò tra sé, le sarebbe piaciuto vederlo mentre faceva scorrere l'acqua sul suo corpo, i suoi gesti sulla pelle, il suo desiderio ingrossarsi leggermente per il piacere dell'acqua calda sul corpo.
Un brivido le percorse la schiena . "Accidenti, stai impazzendo, per caso?" chiese all'altra sé stessa, quasi arrabbiata per essersi lasciata andare a pensieri che non potevano appartenerle. Era una moglie, era una madre, perché spiare uno sconosciuto nella sua intimità? Non le bastava quello che aveva? La risposta le arrivò come una stilettata, diretta, fredda, fraudolenta. Voleva qualcosa di diverso, qualcosa che la facesse divorare di desiderio... qualcosa che le lacerasse le carni, che la facesse urlare dentro, che la facesse esplodere al di fuori di sé stessa. E quello spiare nell'intimità altrui era, in quel momento, qualcosa che aveva desiderato da molto tempo.
Non si alzò ma rimase lì, impietrita nella sua giustificata ma irragionevole risposta, guardando la notte davanti a sé... guardando la finestra di fronte, osservando la schiena perfetta di quell'uomo che, uscito dalla doccia, si stava asciugando. Avrebbe voluto sfilargli l'accappatoio, avrebbe potuto imprimergli piccole lingue di fuoco sulla pelle... avrebbe desiderato tante cose in quel momento, ormai persa in quel folle pensiero.
Schiena, glutei, le sue mani. Guardò senza quasi accorgersi che l'uomo si era liberato dell'accappatoio. Vide la sua pelle e immaginò getti di acqua profumata sparsi con il palmo delle mani. Vide l'uomo girarsi di lato, come quasi tutti gli uomini fanno davanti allo specchio per ammirare il percorso dei muscoli pettorali. Fu in quel momento che lui iniziò ad accarezzarsi lentamente il sesso... fu in quel momento che Luvy sentì il suo cuore diventare violento. Avrebbe voluto essere lì, ma era dall'altra parte. Avrebbe voluto dargli un segno della sua presenza... invece rimase muta spettatrice di quel gesto così intimo, così pienamente ed efficacemente generoso nei suoi confronti. Sentiva che era così. Lui le stava regalando, silenzioso e ignaro attore, qualcosa di splendido.
Il movimento della mano dell'uomo aumentò d'intensità e le contrazioni nel ventre di Luvy erano morsi della bestia feroce che la attanagliava. Mentre esplodeva, lui si girò per un attimo e la vide. Luvy si alzò di scatto, rientrò in casa. Chiuse la finestra e rimase lì, inebetita dal suo stesso ardore, affannata, senza respiro ..
Una doccia calda e a letto, rigirandosi continuamente, come se avesse commesso il peccato originale.
Pochi giorni dopo, sabato, Luvy non lavorava e finalmente poteva concedere un po' di tempo a sé stessa poiché in casa non c'era nessuno. Finalmente anche il sole sembrava farcela, tra le tenaglie di quelle grosse nuvole, così piene di acqua in una primavera così ostinatamente in ritardo. Finalmente una giornata che la faceva stare bene con sé stessa, in pace col mondo intero.
Era l'ora per un buon caffè ma, prima, una doccia calda per rimettere in moto i suoi sensi ancora assopiti. Il getto dell'acqua calda la avvolse completamente e proprio l'acqua la riportò alla scena della sera precedente. Fu quel languore improvviso a trascinarla in un voluttuoso e straripante desiderio di lasciarsi andare. Le braccia e il viso erano poggiati sul vetro della doccia. Le gambe allargate in un muto invito, i glutei generosi osannati nell'offerta silenziosa... mentre l'acqua le inondava addosso canti di perversa dolcezza.
Non si rese conto del tempo trascorso e, con fatica, riprese il senso della realtà ascoltando quella impercettibile scossa interiore.
Dentro l'accappatoio si sentì al sicuro, quasi temesse le reazioni di quel suo corpo nudo che avrebbe voluto offrirsi alle sue perversioni così intime. Uscì dalla stanza da bagno, i capelli corti ancora bagnati, desiderio di una sigaretta. Ne accese una mentre guardava il ridotto panorama condominiale attraverso il vetro della cucina. Le finestre di fronte erano chiuse. Fine del suo sogno.
Il campanello della porta suonò all'improvviso.
"Sarà Carla, la mia vicina" pensò, cercando di accartocciarsi meglio nell'accappatoio. Le dava fastidio farsi trovare in disordine dalle sue amiche, sempre pronte a cogliere qualcosa che non corrispondesse al loro canone di perfezione. "Si fottano pure loro" si disse. Aprì la porta, già pronta per la frase di rito (cara, buongiorno, ci facciamo un caffè?) ma quella frase rimase stampigliata sulle sue labbra: lui era lì, di fronte a lei.
Silenzioso, la spinse delicatamente oltre la porta, la chiuse senza distogliere lo sguardo dagli occhi di lei. Luvy era impietrita, il cuore impazzito. Quegli occhi irriverenti adesso erano lì, più che mai le attanagliavano l'anima, più che mai vicini, troppo vicini.
Sentì le mani dell'uomo, forti, decise ma pervase da un tremore diffuso, cingerle la schiena, attirarla a sé... le labbra sulle sue, forzarle dolcemente nel bacio, come se fosse un gesto agognato da tempo.
Così, uniti in quel bacio, arrivarono nel soggiorno. Luvy era fuori dalla realtà, ogni senso era proteso verso quella bellezza improvvisa di cui si sentiva pervasa. Si trovò sul divano mentre lui le apriva l'accappatoio, lasciando ai suoi occhi, adesso, il piacere di percorrere lentamente il corpo di lei. "Adesso, accarezzati per me" le disse "regalami questa emozione, la stessa che ti ho regalato ieri sera". Luvy avrebbe voluto sprofondare dentro sé stessa... ma il desiderio era più forte. Il suo desiderio era colmo di gratitudine per quell'uomo che aveva aperto una porta a lei sconosciuta ma che sapeva esistere dentro sé stessa. Il suo fiore aveva aperto i suoi petali... un fiore che Luvy desiderava l'uomo baciasse, ma lui rimase lì, di fronte a lei, estasiato e attento ad ogni movimento, ad ogni carezza. "Continua" le ordinò "non fermarti" e lei, obbediente, continuò in questo perverso gioco di sottomissione totale a donargli questo piacere, memore delle scosse che aveva sentito la sera precedente.
Un'onda gigantesca stava per travolgerla, la portava via... non c'erano appigli, ma solo un'oasi in piena quando lui la fermò. Luvy, stordita, lo guardò come un animale ferito guarda il padrone quando gli toglie il piacere del cibo.
"Non è ancora il momento" disse lui "non ancora". La fece girare, le percorse le spalle, i fianchi, il dolce declivio dei glutei con le sue mani. Attraverso il tatto, l'uomo trovava dolcezze setose e un piacere inebriante che riceveva da quel gesto.
"Adesso... adesso puoi riprendere il tuo piacere" ordinò, e la mano di Luvy ancora a cercare il suo fiore, ormai inondato del piacere che quel gesto di sottomissione le procurava.
Un'altra onda stava per arrivare e mentre questo accadeva, l'uomo baciò l'altro fiore di Luvy, in un unico amplesso che le tolse l'anima, le arroventò le mani e le fece sussurrare: "Prendimi, così come io ho preso te, senza riserve, senza limiti, in piena obbedienza a quelli che sono i nostri desideri."
Lui non le disse addio: aveva aperto una porta, una porta che Luvy non avrebbe chiuso mai più e niente più sarebbe stato come al solito.

Enchantra

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