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Racconto n° 757
Autore: Alisa Mittler Altri racconti di Alisa Mittler
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Non è così che mi fai felice
Una luce triste, mescolata a quella della lampada al neon, abbraccia il corpo di Allegra, da tempo in posa nell'aula di pittura dell'accademia.
Con gli occhi, l'unica parte che può muovere, fissa ora una macchia d'umidità sul muro, ora le mani di uno studente che con un carboncino si impossessa della sua nudità, ora Adonella che gira tra gli allievi scrutando i loro lavori.
La sua mente va al bagno in penombra, a lei nuda, all'asciugamano che Michele passava sul suo corpo lentamente, fermandosi a strofinare nelle parti più nascoste.
Ruvido, come una carezza grossolana e volgare.
Come in un rito immutato da secoli, che segue sempre gli stessi gesti, partiva dall'incavo del collo, passava poi sotto le ascelle, scendendo lentamente circondando il ventre e raggiungendo il sesso. Avanti e indietro, avanti e indietro tenendo l'asciugamano per le due estremità, facendolo scorrere con forza solleticando il clitoride.
Michele appoggia le pratiche sulla scrivania, mentre con il viso alzato a fissare il vuoto, scarabocchiava spirali sul bloc-notes.
Ha fatto un culto del corpo di Allegra, di un corpo che, in qualche maniera appartiene a chiunque.
Lo aveva colpito il suo essere glabra, la pelle chiarissima e, malgrado avesse i capelli rossi e il naso appena spruzzato di lentiggini, il corpo bianco e levigato, come dipinto a olio su una tela, e il sesso liscio come quello delle statue antiche. Una piccola fessura, dalla quale non sporge il clitoride, che sta nascosto come la perla di una conchiglia.
Nella penombra si udiva solo il rumore sottile del rasoio elettrico, che rifiniva attorno all'inguine. La lama fredda sfiorava la pelle di Allegra, dandole la sensazione che avrebbe potuto tagliarla da un momento all'altra.
Lui, seduto sul bordo della vasca da bagno, una gamba di lei che poggiava sul suo ginocchio, eseguiva con la precisione di un chirurgo, facendo attenzione a curare ogni dettaglio. Quando ebbe terminato la strofinò con un asciugamano umido.
Ammirava il lavoro, cercando soddisfazione in ogni particolare. La sfiorò appena con il dito medio che aveva inumidito sulle labbra. Lo fece passare lungo la fessura, leggero, comunicando un brivido a tutto il corpo di Allegra. Gli pareva di aver eseguito un'opera d'arte, di aver lasciato su Allegra un'impronta, un marchio, che ne rivendicava la proprietà.
Adesso chiunque frugherà quel corpo con gli occhi, partirà dall'incavo delle ascelle, percorrerà il ventre, indugerà sul suo sesso. Ne ruberà una sua visione, la sconcerà, la userà a suo piacere.

Allegra fissa gli studenti che traducono il suo corpo sui fogli. Vedere le loro opere le dà una sensazione strana, come ascoltare la propria voce registrata.
Ma è davvero lei quella distesa sulla tela in una posa verginale, o è invece quella accoccolata maliziosa su un foglio di cartone a mostrare le natiche disegnate a matita, oppure quella oscena, con le cosce aperte? Anche Michele disegna il suo corpo, e lei vi si adegua. Si piega come giunco alle sue fantasie, posando lo sguardo come su un suo ritratto.
Lo sente ancora dentro di lei dalla sera prima, come se facendo l'amore avesse lasciato nel suo corpo un'impronta dura, violenta, che lei scrutava e analizzava, ma con dolcezza, continuando a cullarla ben sapendo che, una volta svanita, ne avrebbe provato, nonostante tutto, una nostalgia struggente.

"Dovrebbe essere più porca" così esordisce Claudio, il suo collega allo studio, mentre osserva una foto sulla scrivania di Michele, dalla quale Allegra ammicca da sotto un cappello a larghe falde e sorride, spostando impercettibilmente solo metà della bocca.
"È bella ma un po' freddina"
Michele trattenne una risata sarcastica.
E intanto coccola dentro di sé la rabbia della sera prima, pregandola di non svanire, di richiamargli di nuovo l'immagine di Allegra.
Lo aveva fatto infuriare con quello sguardo sfuggente, come fosse ancora in posa, con quelle voce bassa che rispondeva a gemiti appena impercettibili e parole buttate là a caso.
Per questo nel penetrarla avuto un moto di violenza, al quale aveva fatto da contrappunto un grido di lei. E allora aveva insistito con più rabbia. Mentre in piedi la teneva per i fianchi, il suo cazzo umido entrava e usciva dal corpo di lei con un rumore volgare. Dentro e fuori, dentro e fuori, mentre lei continuava a guardarlo con occhi imbambolati. Le sarebbe venuto in bocca, con la sua voglia le avrebbe sporcato il viso perfetto, abile a confondere i pensieri. Ma non fece in tempo e con un grido, che nella sua mente si traduceva in "Puttana", sfregiò il suo ventre morbido, proprio sotto l'ombelico. Una striscia gelatinosa partiva dall'ombelico e cadeva sulla fica.

Il tempo di posa sgocciola via lento, dalla finestra Allegra vede i rami secchi dell'albero contro il cielo sporco. Sente un po' freddo, ha la pelle d'oca e i capezzoli duri. Ripensa al video che ha visto per caso l'altro giorno, riordinando le cassette.
Girava per casa indossando solo una camicia di Michele sul corpo nudo, un modo per sentirlo più vicino e illudersi di dimenticare nei suoi indumenti qualcosa di proprio.
Si osservò nello specchio del corridoio, la camicia bianca arrivava giusto all'inguine e lasciava scoperta la fessura del sesso. Si passò un braccio dietro la nuca, alzando la massa dei capelli rossi e il movimento sollevò ancora di più l'indumento, scoprendo una parte del ventre piatto.

"Allegra dovrebbe essere più porca" il ritornello continua a danzargli in testa. Apre il pc, e va sul solito sito. Un ragazzo muscoloso e superdotato infila con forza il cazzo in bocca ad una mora con gli occhialini e l'aria intimorita. Un paio di fotogrammi dopo, la stessa ragazza con il viso e la bocca sporco di sperma. E se Claudio venisse in bocca ad Allegra? Poco più avanti, due ventenni si infilano la lingua in bocca accarezzandosi la fica. Allegra con un'altra donna. L'idea lo lascia eccitato per il resto del pomeriggio.

Aveva preso la cassetta, cercando di ricordarsi quale era la sua posizione originaria, in modo da rimetterla poi al posto giusto. Le tapparelle semiabbassate davano al salotto un aspetto morbido, dove gli spigoli e i contorni delle cose apparivano sfumati.
Inserì e fece partire il videoregistratore. Il nastro partiva da metà, dove una coppia stava avvinghiata sopra un tavolo e un uomo nudo con un bicipite tatuato li osservava masturbandosi. Era a questo punto che Michele, probabilmente annoiato, aveva spento la tele e riposto la cassetta. Magari era venuto poco prima e, dopo aver osservato per qualche minuto un po' distratto, aveva trovato il tutto ridicolo. Riavvolse il nastro, voleva vedere dall'inizio.

Allegra e Claudio, Allegra e un'altra donna, magari proprio quell'Adonella che gli aveva presentato un pomeriggio, quando era andato a prenderla all'accademia. Si, loro che si danno piacere, che non sanno di essere spiate, che non sanno di essere nella sua mente quando lui farà l'amore con Allegra stasera.

Esce dall'accademia indossando il cappotto nero, il cappello e la sciarpa dello stesso colore. Si osserva nelle vetrine e nota per la prima volta come lei, che per lavoro offre il suo corpo agli sguardi, nella vita quotidiana tende sempre a coprirlo, occultarlo sotto ampi maglioni e gonne lunghe. Tra il cappello e la sciarpa risalta la massa rossa dei suoi capelli. Questa sera non indossa nulla sotto il cappotto.
Sale sul tram che arriva con un rumore di catene sciolte. È una di quelle vetture vecchie, con il predellino in legno e le lampade piccole abat-jour che pendono dal soffitto. Sembra fuori luogo, come lei quest'oggi.
Il tram le conferisce un movimento ritmico, avanti e indietro, la stoffa del cappotto sfrega sul suo corpo nudo, mentre lei non può fare a meno di pensare alla gente intorno. Agli uomini soprattutto, se mai avessero intuito sotto la stoffa il suo corpo nudo, la sua voglia, l'eccitazione che lei culla, al ritmo della corsa e che non è più la stessa della mattina.
Allegra osserva dal finestrino l'inverno milanese. Il sole inizia a lasciare spazio alla sera, una foschia leggera scherma le luci delle vetrine dei negozi.
E non è nemmeno la stessa eccitazione che si era data da sola, mentre guardava la cassetta, a cavalcioni su un cuscino posato a terra. Vedeva un'immagine di Michele che ora penetrava analmente una bionda rifatta e ora si muoveva con violenza dentro una ragazza che recitava il suo piacere. Si strofinava sulla stoffa provando un piacere dolciastro, simile al sorriso subdolo di certi clown.

Chiederglielo, si. Forse avrebbe anche accettato. Si figura la scena, non sarebbe stato diretto certo, avrebbe alluso, magari mentre facevano l'amore. Mentre lei gli strusciava contro il corpo nudo, quando, con le gambe avvinghiate alle sue, seguiva il corso dei propri pensieri, che raramente riuscivano ad incrociarsi con quelli di lui.
I primi tempi non ci aveva fatto caso, così preso com'era a maneggiare il corpo d'Allegra, a cercare di adattarlo alle sue fantasie. Ora provava una rabbia sorda, che si mescolava al piacere e, a tratti, lo rendeva anche più acuto, ma che dopo lo lasciava svuotato.

No, non è una sensazione triste quella che le dà adesso il ricordo di Adonella. Era entrata nello spogliatoio mentre lei era nuda, in piedi. Nell'aria pesante per il deodorante di bassa fattura, si osservava nello specchio che, sopra la sua immagine, faceva entrare uno spicchio di cielo metallico.
La lampada al neon che stava per esaurirsi, sputacchiava una luminosità malata.
Adonella si fece avanti incorniciata dallo specchio, e si fermò dietro di lei, facendole sentire il suo fiato sul collo. Senza dire una parola introdusse il dito medio nella sua vagina. Poi le sfiorò il collo con le labbra, muovendo il dito dentro di lei, mentre con una mano le sfiorava il seno.
Allegra, appoggiata al seno di lei si muoveva sincronizzando i movimenti al ritmo dettato dal corpo di Adonella che, sostenendola con un ginocchio, le dava un andamento morbido, rotondo.
Non può ricordare quanto è durato, per quanto tempo le dita di Adonella si sono interessate al suo seno, alle sue braccia, al suo ventre e al suo sesso, con movimenti leggeri, come quando in aula la sfiorava per suggerirle, non imporle una posa.
Non sa per quanto tempo ha incrociato lo sguardo di lei nello specchio che la osservava con curiosità e stupore come se volesse ritrarla.
L'impronta dura lasciatale da Michele, dolorosa, ora si stava attenuando e al suo posto c'era qualcosa di consolatorio, una ferita che stava guarendo.

In casa le luci erano accese, Michele era tornato prima di lei, che strano.
Fecero l'amore, anche quella sera.

Alisa Mittler

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