Erano le otto ormai e la giornata era stata tutt'altro che semplice, due riunioni e un cliente troppo esigente l'avevano sfiancata. L'incontro con un uomo conosciuto via email l'aveva lasciata piacevolmente eccitata, al pensiero che fosse proprio lui quell'amante/amico/complice che stava cercando.
Erano stati più di un'ora a parlare in un bar piuttosto affollato, ma non erano mancati gli sguardi e i sorrisi ammiccanti. Lui più volte si trattenne sulla scollatura di lei, accarezzando con lo sguardo quella sesta che trabordava dal reggiseno di pizzo nero. Anita avrebbe voluto sentire scorrere la lingua di lui tra i seni, lentamente, calda come quel porto che la scaldò in un istante.
Entrò in casa con in mano il casco, il portatile, la spesa, il giornale e si lasciò la porta alle spalle scaricando tutto il contenuto delle sue braccia per terra nel corridoio. Sfilò gli stivali bassi a punta e a piedi nudi si diresse verso il bagno. Passando davanti allo specchio non potè fare a meno di sorridere a quegli occhi impertinenti castani/verdi che la osservavano con una luminosità che era tutta sua.
Si spogliò e rimase in reggiseno, mentre seduta sul water faceva pipì. Quando si sfiorò per asciugarsi la sua mano rimase impigliata in quel riccioli scuri e al pensiero di quello che avrebbe fatto a quello sconosciuto, l'avesse avuto tra le mani in quel momento la portarono ad una eccitazione immediata. Indugiò un poco, tentata di prendersi un orgasmo li, seduta, ma preferì continuare a spogliarsi e si infilò sotto la doccia.
Riempì la mano di un bagnoschiuma che amava particolarmente per il suo profumo speziato, aprì il getto e cominciò a massaggiarsi il seno pesante, le braccia, per scendere sulla pancia e accarezzando le grandi cosce si diresse nuovamente al pube, che pulsante la implorava di darle pace. Dall'altra stanza John Coltrane accompagnava ogni suo movimento con la dolcezza della sua tromba.. mmm avesse avuto li lo sconosciuto di stasera, l'avrebbe costretto in ginocchio davanti a se, avrebbe voluto la sua lingua ovunque, con lente e ritmiche lappate, sarebbe venuta in piedi, infilando le mani nei capelli di lui.
Uscendo dalla doccia si avvolse nel grande asciugamano azzurro, si spostò in camera lasciando le impronte sul pavimento di marmo scuro del bagno, aprì il cassetto dove teneva i suoi "giochini" e ne estrasse una sciarpa di lino, la quale teneva avvolta una cintura di cuoio da legare in vita con un dispositivo al quale infilare un pene in lattice, lo montò e lo indossò, stringendo le cinghiette laterali, facendosele passare tra le natiche.
Quando passò nuovamente davanti al grande specchio del corridoio il pene spuntò dall'asciugamano che l'avvolgeva e Anita ebbe l'impulso di prenderlo in mano e accarezzarlo come avrebbe fatto se lui fosse stato li... ancora in ginocchio di fronte a se, l'avrebbe costretto nuovamente a restare inginocchiato, avrebbe cosparso le natiche di quell'uomo dal corpo forte e muscoloso di gel e l'avrebbe lentamente massaggiato, poi leggermente sculacciato, per prepararlo dapprima con le mani a quella penetrazione che l'avrebbe portato ad una erezione esemplare.
Anita si diresse verso la camera rischiarata solamente dalla luce dei lampioni arancioni, estrasse il pene dal suo supporto, lo infilò in bocca lentamente, poi cominciò a toccarsi e a strusciare il glande di gomma sul suo clitoride, per poi infilarlo prima lentamente, poi sempre più velocemente dentro di se, fino a raggiungere un orgasmo lento e sincopato, come la tromba di Coltrane.
Monella