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Racconto n° 999
Autore: Giulia Lenci Altri racconti di Giulia Lenci
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Nebbia
Quando dicono: mai dare passaggi agli sconosciuti.
Mica potevo lasciarla a piedi. Mezzanotte. E lei per strada.
- Puoi darmi uno strappo fino a casa? -
Salta su.
- Molto gentile. Macchina porca, mi ha mollato. Va be' che è un catorcio. -
Dove abiti?
- Finisci la discesa, prendi la salita, fai la discesa, gira a destra. Poi ti dico. -
Una nebbia che non si vede. Per forza ho visto la strega. Come gesticolava in mezzo alla strada. Come si fa ad andare vestite così. Va be' che è notte, va be' che non è più giovane, va be' che è uno sgorbio, ma è troppo schifezza.
- Da tagliare col coltello. Come la polenta. Ha ha. -
Eh, sì.
- A quest'ora il mio Gioachino la sta rimestando. -
A quest'ora?
- Sa che mi piace da perdere la cognizione. Lo fa apposta. Capisci. Ha ha. -
No.
- Prima la polenta e un bicchierotto di vino. Poi una bella sbattuta. Ha ha. -
Ah.
- Tu non hai ‘sti problemi, eh? Alla tua età neanch'io. Ma dopo i sessanta, o t'inventi qualcosa o dormi tutte le sere. -
E già.
- Sei sposata. -
No.
- Fidanzata. -
No.
- Com'è che dite adesso voi giovani: hai una storia. -
No.
- Sola? Tu? Non ci credo. -
Eppure.
- Va là. Mica me la bevo. -
L'asfalto luccica sotto i fari. Se è già tutto gelato a quest'ora, cosa sarà domattina.
- Una bella donna come te, ne ha uno al giorno. Tutti diversi. Ha ha. -
E invece.
- Dimmi l'ultima. Ieri notte? -
L'altro secolo.
- Proprio a me la dai a bere. -
Giuro. Millenovecentonovantanove.
- Più siete belle, più siete stronze. Guarda qui. -
Solleva la gonna di quel fagottone lanoso che lei chiama vestito. Devo guardare due volte. Non credo ai miei occhi. Calzettoni di lana fino al ginocchio e nient'altro. Niente di niente. Il ciuffo dei peli si alza libero come l'aria a farmi birignao. Abbassa la gonna.
- Sempre essere pronte, alla mia età. Si prende quando arriva. Ha ha. -
I rami nudi dei cespugli bianchi di brina protesi verso di noi, indicano l'unica auto per la strada isolata su in collina.
- Mica avrai paura degli uomini. -
No.
- Io non ho mai avuto paura del mio Gioachino, nemmeno quando litighiamo e mi butta per terra e mi mette un piede sulla gola e dice 'Oh, yes' -
Oh, yes?
- Sì, vuole farmi capire che lui sa le lingue e io no. Allora sai che faccio? Fa' vedere come la sai usare, quella lingua, stronzo. Ha ha. -
In cima alla collina la nebbia si spacca in due, rivelando il nastro nero lucente punteggiato di cristalli.
- E tu come fai. -
Cosa.
- Senza scopare. -
Ho troppo da fare per pensarci.
- Balle. Te lo dico io. Non volete capire che l'uomo è porco. Le intellettuali, fate. E l'uomo si spaventa. Vi stanno alla larga. E poi ti arrangi da sola. Maialona, si fanno ‘ste cose? Ha ha. -
Ma senti.
- Ecco, gira qua. Dritto. Gira di là. Arrivata. -
La terra scricchiola sotto le ruote, un cane abbaia. Dalla porta di quella casa decrepita esce un orso con un berretto in testa. Dietro di lui, la luce gialla di una stanza fumosa.
Arrivi o non arrivi? Te la do io la polenta, vagabonda.
- L'hai girata col bastone? -
Sì.
- Ecco, quello voglio. Ha ha. -
Vecchia porca. Te lo do io il bastone.
- Non t'invito a entrare perché è rapato. Ha ha. -
Rapato?
- Sì, rapato. Non ci sta più dalla voglia. Ha ha. -
Sì. Grazie lo stesso.
- Grazie dello strappo. Di' un po'. Cos'hai lì sotto? -
Eh?
- Mutandoni? -
Perizoma.
- Filo interchiappa, eh? Ho voglia ma non la do. Così, eh? -
Ma senti.
- Dammi retta. Togli tutto. Non stare a guardare se sono intelligenti. Basta che siano come il mio Gioachino. E non farla tu, l'intelligente. Ha ha. -
Ossignore.
Arrivi o non arrivi, vaccona?
- Scappo, altrimenti si ammoscia e non ne faccio più niente. Arrivo arrivo vediamo cos'hai per me. Ha ha. -
Retromarcia. Via. Slitto. Via via. Di nuovo sull'asfalto. Guardando giù, la vecchia casa è appena sfumata in una tinta liquida che svanisce nel buio. Riesco ancora a intravedere il filo di fumo che esce dal camino.
Notte stregata, notte di magia, fa' che quella stella sia tutta mia.
E' il semaforo lampeggiante all'incrocio. Rallento. Si affianca un'auto. Siamo fermi. Ci studiamo attraverso i finestrini. Niente male. Occhi tenebrosi. Bocca pronta ad un sorriso invitante. E tutt'intorno la nebbia, ovatta soffice, complice di un momento d'intimità tra due sconosciuti. Tutto è lontano, inesistente. Solo i nostri sguardi brillano nella notte. Guardo avanti. La via è libera. Posso andare. O potrei restare, abbassare il finestrino, parlare. E' tentazione. Ma è solo un attimo.



Giulia Lenci

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