- Cosa vuoi da me? -
- Cosa ti fa pensare che io voglia qualche cosa da te? -
- Il fatto che hai preso la macchina e hai guidato fino a casa mia: o sei impazzita oppure vuoi qualcosa -
Xangò era adagiato sul tatami, con la schiena nuda, offerta al suo massaggio. Le dita di Guen scorrevano dalla nuca lungo la colonna, lentamente; intiepidite dall'essenza di cuoio antico dentro il diffusore. La fiammella che stava sotto, illuminava un piccolo angolo della stanza, che prendeva luce dalla parete a vetro che dava sul giardino. Lo scheletro del glicine parlava di un'estate che se ne era andata, lasciando dietro sé macchie e nuovi sapori.
- Perché sei qui? -
- Sai che giorno è oggi? -
- Oggi è... il 28 se non sbaglio... devo pagarti??? -
Guen sorrise, affondando le dita nelle spalle, sopra la scapola.
- Xangò, quanti particolari ti perdi... così mi deludi... ma tesoro, hai ragione: in fondo, sei solo un uomo -
La risata scosse la schiena e rese difficile lo scorrere delle dita. Guen non raccolse la provocazione, e proseguì, lenta e inesorabile come sempre
- Non importa, ti darò la possibilità di farti perdonare...
- Tesoro, sono qui per raccontarti la storia di un brivido, un brivido lungo anni -
Glielo disse bisbigliandolo all'orecchio, con il viso a sfiorargli i capelli, a increspargli la pelle sulla nuca con un lieve alito di lussuria; quella che lui conosceva bene, quella che aveva assaggiato molto tempo prima. Era stordito dal vino di cui non rimaneva che un leggero alone di tannino sul bicchiere, e dalle sue mani che domavano gli istinti per impastarli con la sua voglia di essere sempre e comunque l'unico desiderio desiderabile...
- Rilassati tesoro, rilassati... -
Xangò sprofondò con il viso nell'incavo del gomito, scoprendo il fianco. Sommerso dalle ombre della stanza, coperto solo da un lenzuolo di seta nero, teneva gli occhi chiusi, guidato dalla fiducia che solo quella donna, poteva dargli senza indugi. La sua alchimia lo proteggeva dal non vedere oltre la curva del deltoide scolpito.
La voce partì per il suo viaggio, accompagnata dagli occhi che guidavano le mani tracciando percorsi profumati di essenza di cuoio...
...
- Sette anni fa, lo ricordo bene, avevo un appuntamento con uno sconosciuto. Non ero sola, una decina di amici costituivano il mio alibi. Malgrado il freddo, la nebbia, l'incidente in autostrada, ero decisa a raggiungere lui, e nulla mi avrebbe fermato. Dentro mi guidava la certezza di fare la cosa giusta; anche se tutto presagiva il contrario io sapevo che era così, sapevo che il mio viaggio all'interno dei sensi sarebbe giunto alla sua chiave di volta. Non lo conoscevo, ma già mi piaceva, già profumavo di lui...
L'ho incontrato nel parcheggio di un autogrill, insieme al suo cane. C'erano altre macchine, c'erano altre persone. Sapevo dov'era malgrado non lo avessi mai visto prima di allora, e con la falcata di chi parte per una missione dalla quale non sa se farà mai ritorno, mi incamminai verso la sua figura.
Presentazioni di rito: saluto, abbraccio, bacio. Come se non ci vedessimo da una vita. Occhi dentro gli occhi per una manciata di secondi, e già eravamo fuori dallo spazio-tempo reale. Lì capii che l'oblio mi stava fagocitando, e non feci nulla per sottrarmi. L'oblio per me era un dolce veleno che sentivo scorrere nel sangue, e che mi rendeva stranamente eccitata, febbricitante. Era come se mi fossi spogliata di un vestito troppo stretto e mi fossi sciolta i capelli: i miei occhi erano diversi, era diverso il mio modo di guardare e di guardarmi.
Tornammo alle macchine, ognuno la sua, il rientro dopo la cena prevedeva percorsi differenti. E' difficile poter dire con esattezza cos'è accaduto dopo, in quale successione, e con quali modi.
Ricordo nettamente il gioco della seduzione, cominciato adagio e sornione nelle settimane precedenti, e ricordo che, malgrado non fossimo seduti l'uno accanto all'altra, percepivamo l'essenza della nostra alchimia purissima, attraverso i corpi dei commensali che ci dividevano.
Ricordo la tua frase, come un fulmine che squarcia il cielo di notte in mezzo al mare, pronunciata senza valutare il contesto, la situazione...
Ricordo il tuo sguardo che combaciava al mio profilo, e poi senza indugio il tuo – sei proprio bella – pronunciato con la mano a sorreggerti il mento, nel tuo attimo di contemplazione. Ricordo di aver abbassato gli occhi, e di aver sussurrato un – grazie – mentre l'imbarazzo scendeva a tavola...
Ricordo che abbiamo riso insieme di quell'episodio, il giorno dopo, al telefono. Che cavolo ti era venuto in mente quella sera... esordire così, in mezzo a una decina di persone... però mi ero divertita da morire...
Era alchimia, alchimia pura, stavamo stabilendo un legame che non ci avrebbe permesso di separarci, mai, malgrado gli sgambetti della vita.
E poi...
E poi è stato l'abisso... mi ha fagocitata, e sono diventata la donna che conosci. Hai visto Guen, e sei stato l'unico, perché Guen può appartenere solo ad una persona, e quella persona sei tu -
Xangò si tirò su sulle braccia, cercando i suoi occhi.
- Non ti alzare, rimani steso. Non c'è bisogno che tu dica nulla -
E mentre le mani percorrevano strade bizzarre lungo la linea della colonna vertebrale, un fruscio di seta attirò l'attenzione dell'uomo verso l'angolo più buio della stanza.
Una bellissima donna di origine orientale si stava avvicinando a loro, coperta solo da una vestaglia nera di seta.
Si sfilò la cintura lasciando cadere a terra l'unica barriera tra la sua pelle e il mondo che si stringeva attorno a loro...
- Questa è Loubah, il mio regalo di anniversario per te -
La donna, senza parlare, prese il posto di Guen e delle sue mani sul dorso nudo, e raccogliendo la vestaglia ai piedi della fanciulla, si allontanò silenziosa, sfiorando in punta di dita, il profilo del viso dell'uomo. Non nascose lo sguardo, gli affondò gli occhi liquidi come la notte dentro l'iride persa e confusa che annaspava in cerca di risposte.
- Stai tranquillo, va tutto bene. -
Gli baciò le labbra quasi come un soffio d'alito e, dandogli le spalle, si incamminò verso la porta.
Solo una frase nell'aria...
- Un giorno capirai. -
(dedicato...)
Alemar