Pensavamo che Ilaria, un po' per vergogna e un po' per rabbia, non ci avrebbe più cercato. Invece chiamò Elvira una sera quando erano ormai passate alcune settimane dal nostro burrascoso incontro a tre. Fu una telefonata strana, fatta di silenzi e sorrisi, silenzi di Ilaria, sorrisi di Elvira. Ero presente quando la nostra amica aveva chiamato e subito Elvira aveva inserito il viva-voce in modo che potessi ascoltare anch'io.
-Sono ancora scossa- aveva esordito Ilaria, con un tono piuttosto duro, facendo seguire una lunga pausa a quelle prime parole. La mia donna mi fissò negli occhi cercando con me un'intesa prima di risponderle. Io le feci un cenno d'assenso, sicuro che Elvira, qualunque parola avesse scelto, sarebbe riuscita a riconquistare Ilaria.
-Anch'io- le rispose alla fine in un soffio. Si capiva che dall'altra parte del filo la nostra amica combatteva una personale battaglia tra risentimento e attrazione.
Tentò la strada del risentimento, ma le parole le uscivano con poca convinzione: -Mi avete fatto bere e avete approfittato di me. Mi avete fatto e fatto fare cose che non avrei mai immaginato-
Era vero, quella sera Ilaria era stato il nostro giocattolo, un corpo reso arrendevole dal vino, un corpo da sedurre e violentare. Elvira mantenne un tono dolce, ma le parole erano taglienti: -Non sei più una bambina, sapevi bene quello che facevi e probabilmente era quello che cercavi, una scossa violenta che ti strappasse all'apatia. Forse ci hai usato tu come strumenti-
Il silenzio che seguì era segno delle sue incertezze.
–Forse- confermò dopo un po' Ilaria- ma di sicuro non volevo spingermi fino a lì. Alberto mi ha preso con la forza e tu l'hai aiutato, quando ti credevo dalla mia parte-
Il cazzo mi si agitò nei pantaloni ascoltando la voce tremante di Ilaria che ricordava quei momenti. L'avevo presa contro la sua volontà, mentre era protesa verso il corpo nudo di Elvira. Si era ribellata, aveva scalciato e pianto, ma era troppo eccitata per riuscire davvero ad opporsi, così si era rassegnata a subirmi mentre Elvira la baciava in bocca e la teneva bloccata su di sé con una presa dolce e ferrea. Avevo goduto come poche volte mi era capitato e anche lei alla fine l'avevo sentita rantolare di piacere. Elvira sembrò leggermi nel pensiero o forse aveva solo visto la patta gonfiarsi, fatto sta che allungò una mano a strofinarmi l'uccello attraverso la stoffa. E intanto ascoltava Ilaria che si era fatta più audace:-Io volevo te. Avrei voluto che le tue mani continuassero a cercarmi invece di assecondare la brutalità di Alberto-
Elvira fece scorrere la cerniera dei miei pantaloni, tirò fuori il cazzo in tiro e lo guardò sorridendomi golosa. Lo strinse tra le dita muovendo lenta la mano mentre chiedeva all'amica:-Ti piacevano le mie dita?- L'altra rimase in silenzio e lei aggiunse con voce flautata:-E la mia lingua?- e intanto con quella stessa lingua mi leccò la cappella. Ilaria emise un lungo sospiro:- Non avevo mai fatto l'amore con una donna. Sei stata una rivelazione sconvolgente. La tua lingua era incantevole.-
Sentivamo languore e nostalgia nelle parole di Ilaria e questo ci eccitava. Elvira mi leccava a lingua larga, morbida, con una delicatezza devota, come stesse leccando la figa dell'amica e quasi glielo disse, anche se l'altra non poteva comprendere fino in fondo le sue parole:-Ti leccherei così, se tu fossi qui.-
Ilaria ansimava piano nel microfono, le parole le uscivano a fatica, come ne avesse paura:- Così come, mi leccheresti?- Elvira inginocchiata ai miei piedi, anziché risponderle, si portò il mio cazzo tra le labbra e lo ingoiò come un kiwi maturo. Se lo fece scorrere tra le guance. La sua testa ondeggiava a un ritmo blando pieno di voluttà, io le accarezzavo i capelli. Ogni tanto i nostri sguardi s'incontravano, come facevano la sua dedizione e il mio piacere. Staccò le labbra, il tempo di sussurrare qualche parola nel microfono:-ti spalmerei di miele per poi leccarti con più golosità a raccogliere le gocce scivolate tra le tue labbra schiuse. Mi sembra già di toccarle, umide e aperte. - Il lungo gemito con cui Ilaria accolse quelle frasi bisbigliate ci diede un brivido. Presi Elvira e la piegai sul tavolo mentre lei continuava a tenere in mano il cellulare che le trasmetteva l'eccitazione dell'amica:-Oh sì, ti voglio. Dimmi che lo farai.- Elvira rispose con un rantolo, a me che la inforcavo spostandole appena il perizoma e a lei che la eccitava da lontano. Quasi le ordinò gridando nel microfono:-Ilaria toccati, voglio sentirti godere ora al solo pensiero di quello che ti farò.- L'amica ubbidì di sicuro perché il loro ansimare cresceva all'unisono. E come sempre Elvira al momento dell'orgasmo volle intrecciare le sue dita alle mie in una stretta solidale. Io venni poco dopo con violenza mentre loro già s'acquetavano, quando, a una tardiva domanda di Ilaria, Elvira rispose:-Alberto c'è sempre. È inscindibile da me. Sarà il cazzo con cui onorerò ogni tuo buco.-
Più tardi ci chiedemmo se il gemito che avevamo udito provenire da Ilaria fosse di accettazione o delusione. E non sapemmo risponderci.
Zenzero