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Racconto n° 4400
Autore: Zenzero Altri racconti di Zenzero
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Le more e il miele
L'sms di Patrizia mi raggiunse sul lavoro, quando ormai non ci pensavo più:- Sandra è qui. Sbrigati a tornare, io intanto te la preparo a dovere.-
Un giorno, subito dopo l'amore, mi aveva chiesto quale tra le sue amiche mi sarei scopato più volentieri. A lei piacevano questi giochetti di fantasia, si divertiva a immaginarmi a letto con qualche sua conoscenza e voleva riderne con me, ma non sapevo se nella realtà sarebbe stata altrettanto disponibile a dividermi con altre. Quando, facendole il nome di Sandra, le avevo chiesto se pensava di servirmela su un piatto d'argento, lei mi aveva risposto con un malizioso -vedremo cosa si può fare.-

Liquidai in fretta il cliente venendogli fin troppo incontro nella stima dei danni provocati da una grandinata e avvisai la segretaria di annullarmi gli altri appuntamenti della giornata inventando una scusa un po' banale ma efficace, una colica renale.
Mentre guidavo veloce sulla strada del ritorno arrivò un altro messaggio:- Tra poco la bendo, entra senza farti sentire.-
La mia donna ragno aveva catturato una preda e la stava avviluppando nella sua bava, in attesa che io me ne cibassi. Anche per questo l'amavo.

Entrai in casa con le scarpe in mano, silenzioso come un gatto. Sandra era lì dove mi aspettavo che l'avrebbe fatta sedere Patrizia, sulla seggiola di paglia e legno, una specie di poltrona tanto era grande, vicino al caminetto che scoppiettava vivace nonostante la primavera inoltrata. Una benda di seta scura sugli occhi, le labbra socchiuse in un'attesa sensuale, i polsi legati ai braccioli. Nuda.
Mi sedetti in poltrona senza fare rumore, come fossi entrato in un cinema a spettacolo iniziato. E per ora sarei stato solo spettatore, non chiedevo altro. Come fosse riuscita Patrizia a convincere l'amica ad affidarsi cieca alle sue mani era per me un mistero, ma di sicuro mi affascinava quel suo tramare sotterraneo, quella segretezza di gesti e d'intenti, forse incontri precedenti o solo parole ammiccanti seminate con sapienza nel tempo, una preparazione, insomma, che sarebbe sfociata in un dono di carne per me.
Guardai il corpo pallido di Sandra, il petto pieno che si sollevava nell'affanno dell'attesa, la tensione fremente della pelle, il tremito delle labbra. Sedeva a disagio, non solo per la nudità, forse sapeva di essersi spinta oltre il proprio controllo.
Patrizia le girava intorno, sfiorandola appena e bisbigliandole parole sensualmente oscene. –Ti spalmerò di miele, ti riempirò di more.-
-E poi?- chiese una voce tesa.
-Poi raccoglierò il tuo miele con la lingua, divorerò i tuoi frutti.
-Fallo, che aspetti?
-Non c'è fretta, mi piace l'attesa e il tuo corpo cieco che freme e ha paura.
-Io ti desidero, non ho paura.
-Devi averne. Non sai cosa accadrà dopo.
-Cos'è questo fruscio?
-Sono io che mi sto spogliando per te.
-C'è qualcun altro nella stanza?
-Solo noi, Alberto arriverà più tardi.
-Non voglio che lui mi tocchi.
-Oh, sì che lo farà. Userò il suo cazzo per scoparti.
-Non voglio. Voglio la tua bocca, le tue mani. Lui no.
-Se mi desideri lo farai. Pensa che sarò io a fotterti attraverso di lui.
Sandra scosse la testa in un rifiuto, serrò i pugni legati e storse la bocca in una smorfia di disgusto. Ma Patrizia sapeva come prenderla. Intinse due dita nel barattolo del miele e gliele introdusse lentamente in bocca, impedendole di parlare.
-Gioca con me adesso, non pensare ad altro.
La lingua di Sandra si sporse ubbidiente tra le labbra a leccare le dita dell'amica. Io guardavo il corpo nudo di Patrizia che conoscevo così bene e che sempre m'incantava: minuto e compatto era pieno di grazia e di energia. Si muoveva intorno alla seggiola come una danza di cui sapeva ogni passo. Aveva appena iniziato a spalmare il miele attorno ai capezzoli tesi dell'amica, quando con un balzo saltò sulla sedia appoggiando i piedi sulla paglia ai lati delle cosce di Sandra. Sembrava una scimmia abbarbicata su un ramo. Sandra sporse la bocca in avanti a cercare la sua, ma lei si chinò sui seni lucidi e incominciò a leccarli con voluttà. La ragazza inarcò il busto per offrirsi meglio alla sua lingua. Patrizia le afferrò il seno destro serrandolo tra le dita quasi con cattiveria e succhiò il capezzolo duro come un piccolo cazzo. Sapevo che ogni suo gesto era dedicato a me e quando affondò i denti fino a far gemere l'amica sorrisi felice. Solo allora la mia donna cercò la bocca di Sandra per restituirle il miele e il gusto di poche gocce di sangue.
-Ora le more.- le bisbigliò mordicchiandole un lobo.
Allungò una mano verso la mensola del camino e prese un sacchetto trasparente, di quelli da freezer, colmo di frutti. Ne prese uno e lo portò alla bocca dell'amica che sentisse il ghiaccio che l'avrebbe invasa ovunque. Poi prese un'altra mora e gliela fece scorrere sulla pelle, dal mento a scendere lentamente tra i seni, sulla pancia, sempre più giù, con un sorriso perfido, mentre Sandra era scossa da piccoli brividi e la sua pelle s'increspava al passaggio del frutto. Senza scendere dalla sedia, sollevandosi appena sulle cosce, Patrizia raggiunse il pube dell'amica. Indugiò qualche istante sfregando il frutto gelido sulle sue labbra umide, poi lo spinse dentro con decisione. Sandra mugolò tra dolore e piacere.
-Dio, è terribile.-
Ero ammirato dalla sua perfidia ed eccitato dai sussulti dell'altra che si contorceva sulla sedia. Le sarei saltato volentieri addosso, quella carne accesa che non voleva saperne di me sarebbe stato un banchetto da re. Ma sapevo che lo spettacolo non era ancora terminato. Infatti Patrizia aveva preso un altro frutto e questa volta glielo infilò dentro senza tanti preamboli.
-Ahh, toglimeli di lì, ti prego. Il ghiaccio mi sta bruciando.
-Non essere impaziente. Abbiamo appena iniziato. Il calore della tua cuccia scioglierà il gelo e allora io verrò a mangiare dentro di te.
Persi il conto di quante more sparirono tra le labbra livide di Sandra. E ogni volta le dita indugiavano sul pube dell'amica con tocchi lievi o decisi a parziale compenso della sofferenza inferta.
Patrizia dapprima si rannicchiò tutta poi si distese a percorrere con la lingua e le labbra il lungo corpo di Sandra. Arrivata alla bocca si fermò per un bacio devastante, quindi si alzò in piedi sulla sedia strusciando la figa sulle labbra spalancate dell'amica.
-Saziati di me, godimi e fammi godere.
La ragazza si tuffò tra le sue labbra, sembrava berla come un cane assetato dalla ciotola.
Per la prima volta la mia donna si voltò verso di me, forse a scusarsi per quel piacere che si stava prendendo senza finzioni. Teneva la testa dell'amica schiacciata contro il proprio pube e la incitava con parole oscene. Fu l'unico momento in cui mi resi conto che non stava lavorando per me ma per se stessa. Le sorrisi indulgente, mostrandole il cazzo che mi cresceva tra le mani. Credetti che sarebbe crollata a terra tanto fu devastante l'orgasmo che la travolse, ma lei riprese subito in mano la situazione. Scese dalla seggiola e si accovacciò tra le cosce dell'altra a restituirle la lingua.
Quasi subito Sandra gettò la testa indietro e si mise a rantolare.
-Hai la figa gelata e bollente allo stesso tempo.
-Non ti fermare, non ti fermare.
-Ti farai scopare da Alberto, senza fare storie?
Ilaria ansimò senza rispondere.
-Promettilo, se no smetto. Promettilo ora, che so già che dopo ti opporrai.
-Sììì, farò quello che vorrai tu, non ti fermare.
Elvira invece si fermò. Le sciolse i lacci ai polsi e la fece alzare.
-Inginocchiati sul tappeto, ho ancora qualche mora da sistemare.
-Ma se sono piena! Mi sembra di scoppiare.
-Hai altri buchi, amore mio, da riempire.
-Oh Dio no, ti prego.
Sandra si lamentava ma intanto si era inginocchiata come una musulmana in preghiera. Quel gioco le piaceva, era evidente, e soprattutto le piaceva il sottile dominio che doveva subire.
-Tieniti aperte le chiappe con le mani.
Anche questa volta lei ubbidì, pur implorando l'amica di fare piano.
Patrizia intinse l'indice nel miele e lo spalmò sul buco serrato, insistendo in movimenti circolari ma senza forzare. Poi mentre con le quattro dita le carezzava le labbra e cercava di farsi posto tra le more, con il pollice spinse sullo sfintere in modo perentorio. Aiutato dal miele il pollice scivolò dentro accolto da un guaito di Ilaria.
-Ah no, oh sìì!
Il pollice andava e veniva lento e metodico, aprendosi un varco sempre più arreso attraverso lo stretto passaggio. Sandra ondeggiava piano il culo come scodinzolasse. Una grossa mora indurita dal ghiaccio interruppe bruscamente quel compiaciuto dondolio. Un breve grido, appena soffocato, riempì la stanza mentre il frutto penetrava spinto da dita maligne.
Non riuscivo più a starmene in disparte. Il culo aperto che ingoiava a fatica il frutto mi stava ipnotizzando. Non vedevo l'ora di sfondarglielo, che le piacesse o no. Mi alzai in silenzio e mi misi al fianco della mia donna. Le presi di mano un'altra mora e la ficcai nel buco che si stava chiudendo.
Sandra prese a gemere sommessamente e ad agitarsi piano, mentre Patrizia la accarezzava sulla schiena per ammansirla.
-Girati e stenditi. Voglio coprirti di miele e poi spalmarlo col mio corpo.
Prese il barattolo e lo versò per intero sulla pancia e sul seno dell'amica. Quindi le si stese sopra scivolando su di lei come un serpente. Raccolse con la lingua qualche goccia di nettare e glielo depose sulla bocca iniziando una schermaglia di labbra e lingue davvero sensuale. Non era ancora il mio momento, per ora era il loro. Si baciarono a lungo quindi Patrizia iniziò una lenta discesa.
-Ho fame di more calde.- bisbigliò a una Sandra in estasi che non chiedeva altro che di essere frugata dove custodiva i frutti.
-Sì, vienimi a mangiare.
La bocca di Patrizia si ritrovò tra le cosce aperte della nostra amica. Appena iniziò a lapparla lei si inarcò, il corpo reso lucido dal miele, le mani sotto il culo a sollevarlo per meglio offrire la figa alle sue labbra.
-Mangiami.- ripetè in un parossismo teso.
Ma finalmente stava arrivando il mio momento. Mentre Patrizia succhiava la figa aiutandosi con le dita per svuotarla poco alla volta dei frutti ormai morbidi, e Sandra salutava quei maneggi con mugolii sempre più vivaci, io intinsi il cazzo nel barattolo raccogliendo le ultime tracce di miele. Mi inginocchiai vicino alla testa di Sandra e le passai il cazzo sulle labbra. Lei, sempre bendata, dapprima non capì cosa fosse, probabilmente si era dimenticata che prima o poi sarei comparso io a riscuotere, poi, una volta compreso, serrò la bocca dopo aver scandito un NO deciso.
Patrizia sollevò la testa, aveva le labbra impiastricciate di succo scuro.
-Sbrigati a prenderglielo in bocca.- sibilò minacciosa, accompagnando l'ordine con un secco schiaffo su una coscia dell'amica. Poi, cambiando atteggiamento, si chinò di nuovo su di lei a succhiarla là dove il clitoride gonfio sembrava anch'esso un frutto maturo.
Sandra fu subito vinta da un'ondata di piacere che la scosse tutta. Aveva capito che se voleva continuare a godere doveva ubbidire. Così con il fiato già in affanno schiuse le labbra e mi accolse in bocca per un pompino controvoglia. Le presi la testa tra le mani e mi misi a scuoterla per darle ritmo, in pratica ero io che la stavo scopando in bocca. Lei ogni tanto dava una succhiata, ma era senza fiato e senza impegno. M'incazzai, pretendevo ben altro da lei.
Dissi a Patrizia di stendersi di schiena e all'altra di sistemarsi sopra di lei a quattro zampe in modo che si potessero leccare a vicenda. Sandra sembrava una rana tanto aveva subito allargato le cosce sulla bocca dell'amica. Io avevo il suo culo che mi ondeggiava davanti agli occhi. Aspettai che le montasse l'orgasmo, quindi mentre lei incominciava a rantolare, appoggiai il cazzo al suo buco. Quando comprese ciò che stavo per fare era troppo tardi e poi forse era quello che voleva in quel momento, essere riempita ovunque. Una mano di Patrizia comparve da sotto ad afferrarmi il cazzo e aiutarmi nell'impresa. Mentre stringevo Sandra per i fianchi, Patrizia la penetrò con un dito, slargandola veloce per poi guidare dentro il cazzo.
-Te l'avevo detto che avrei usato il suo cazzo per fotterti.- gridò all'amica staccando per un attimo la bocca dalla sua figa.
Forse per questo Sandra si lasciò invadere senza opporre resistenza. Parole sconce le uscivano di bocca tra un urlo e un sospiro:- sììì, Patrizia, fammi il culo come un uomo.
La inculai come un forsennato e durai davvero poco. Sandra guaiva e mugolava come una cagnetta fottuta da un pastore maremmano e già questo mi eccitava in modo incontrollato, ma furono le dita di Patrizia che mi stuzzicavano le palle a farmi esplodere nel culo della nostra vittima appassionata.

















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